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A cosa serve la scuola adesso che c'è l'IA? Lo scenario futuro

All'epoca dell'intelligenza artificiale (IA), che sa scrivere saggi e risolvere equazioni, a cosa serve la scuola? Lo scenario futuro dell'istruzione

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Nel pieno dell’era digitale, la scuola si trova a dover affrontare molte sfide, tra cui il confronto diretto con l’intelligenza artificiale (IA), sempre più diffusa e utilizzata anche da studenti e studentesse. L’IA si sta evolvendo velocemente ed è già in grado di genera contenuti, risolve problemi matematici e apprendere in tempo reale. E allora, a cosa serve la scuola adesso che c’è l’IA? Victoria de la Fuente, brand strategist specializzata in moda e cultura, ha provato a rispondere a questa domanda, delineando uno scenario che mette a fuoco il presente e immagina il futuro dell’istruzione.

Come sta cambiando l’istruzione nell’era dell’IA

“L’intelligenza artificiale non è più uno strumento passivo; sta diventando un interlocutore, un ideatore, un collaboratore. In questo mondo, cosa significa educare un essere umano?”. Nel suo articolo “Crescere gli esseri umani nell’era dell’intelligenza artificiale”, pubblicato sulla piattaforma Substack, la brand strategist Victoria de la Fuente ha proposto una riflessione sul ruolo della scuola nel presente e nel futuro.

Il suo ragionamento parte da una constatazione storica: il modello di scuola fatto di campanelle, banchi, memorizzazione di nozioni e esami risale al Settecento, quando il sistema scolastico era pensato per “produrre soldati disciplinati e cittadini obbedienti”.

Nel Novecento, ha proseguito de la Fuente, “abbiamo industrializzato l’intelletto”, trasformando “l’apprendimento in un processo continuo”. In questo contesto, “la conoscenza è diventata una merce; i diplomi, la nuova valuta di appartenenza”.

Poi è arrivato internet, “che avrebbe dovuto liberarci dai vecchi schemi, rendere l’apprendimento fluido e infinito. Invece, abbiamo importato abitudini analogiche negli spazi digitali“, ha scritto de la Fuente.

E oggi? Nel contesto scolastico attuale, l’intelligenza artificiale, “non ha chiesto il permesso per entrare in classe, ha sfondato le porte“, ha evidenziato l’autrice.

Con l’avvento dell’IA la scuola serve ancora?

Victoria de la Fuente ha sottolineato che l’intelligenza artificiale non è più uno strumento passivo, ma un collaboratore attivo: può generare saggi su Platone in tre stili diversi, discutere con lo studente, risolvere equazioni. Se dunque l’IA può fare tutto ciò che la scuola tradizionalmente insegna, a cosa serve ancora la scuola?

A suo avviso, la scuola non può più limitarsi a trasmettere nozioni: “L’ascesa dell’intelligenza artificiale ci costringe a ripensare lo scopo dell’istruzione. Non si tratta più semplicemente di trasmettere conoscenze affinché una persona possa svolgere un lavoro. Piuttosto, l’istruzione deve diventare un modo per coltivare flessibilità, determinazione, giudizio e un senso di appartenenza umana in un mondo in cui le macchine svolgono gran parte del lavoro pesante”.

Come fa notare de la Fuente, l’IA, per quanto potente, “non sa decidere cosa conta davvero“. Ed è qui che entra in gioco la scuola: “Il compito dell’educazione è insegnare a dare significato alle cose. Insegnare il discernimento in un’epoca in cui verità, bugie e quasi-verità scorrono alla stessa velocità. Insegnare la presenza quando l’attenzione è diventata la valuta più costosa”.

Cosa potrebbe essere la scuola del futuro

Victoria de la Fuente immagina una scuola radicalmente diversa: non più un edificio, ma un “ecosistema“, ovvero “un mix di mentori digitali, coach umani e progetti concreti”. Un luogo dove l’IA supporta ma non sostituisce, dove gli insegnanti diventano guide e i progetti nascono dalla curiosità degli studenti. L’apprendimento diventa uno strumento, non un fine. Le competenze da sviluppare non sono quelle che le macchine possono imitare, ma quelle che resistono all’automazione: pensiero critico, collaborazione, ragionamento morale, buon gusto.

La scuola del futuro, secondo de la Fuente, sarà ibrida. L’IA gestirà la ripetizione meccanica, mentre gli esseri umani si occuperanno “delle sfumature, della narrazione, della connessione”.