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La ministra Anna Maria Bernini Ipa

Accesso a Medicina, il caso della "doppia soglia d'ammissione"

Non si placano le polemiche per la riforma sull'accesso a Medicina: ad esplodere adesso è stato il caso della "doppia soglia d'ammissione"

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

La riforma di Medicina è di nuovo finita nel mirino delle polemiche. Questa volta il dito è stato puntato sull’accesso al semestre filtro e, in particolare, sul caos legato alle soglie diverse per la frequenza, nelle diverse Università italiane. Uno studio legale ha lanciato l’allarme, per quella che viene considerata una disparità di trattamento che non è accettabile e che non ha logica. Si chiede, ora, al ministero dell’Università e della Ricerca di provvedere a risolvere questo problema.

A Medicina soglie diverse per la frequenza del semestre filtro

Per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina, Chirurgia e Odontoiatria si è creato un vero e proprio caso, in merito al semestre filtro. È passato un mese dall’inizio del nuovo anno accademico e dall’introduzione della riforma fortemente voluta dalla ministra Anna Maria Bernini: il ministero dell’Università e della Ricerca ha fissato una soglia minima di frequenza, pari al 51% delle lezioni per ogni materia (Biologia, Chimica, Fisica). Agli aspiranti camici bianchi, però, si richiede di rispettare le percentuali di frequenza previsti dai regolamenti didattici dei singoli atenei, che non sono uniformi.

Si parla, dunque, di una disparità di trattamento, dal momento che ogni Università ha criteri completamente diversi: il requisito, dunque, non è lo stesso in tutto lo stivale, ma varia a seconda dell’ateneo presso il quale si studia. A Udine, Salerno e presso l’Unical (Calabria), ad esempio, la percentuale è del 75%, che scende, invece, alla Napoli Federico II, alla Napoli Vanvitelli, a Sassari e all’Università di Campobasso-Molise al 70%. E ancora, a Palermo, Modena, Bari e a La Sapienza di Roma è pari al 67%, mentre a Cagliari al 66%.

A parità di frequenza, dunque, uno studente che ha seguito una certa percentuale di lezioni in un’università nel semestre filtro può essere ammesso in un ateneo, ma escluso da un altro.

La denuncia sulla disparità di trattamento nel semestre filtro

A denunciare il fatto è stato lo Studio legale Leone-Fell & C., che da anni assiste gli studenti in caso di irregolarità e abusi amministrativi: come riportato da Il Sole 24 Ore, gli avvocati Francesco Leone e Simona Fell parlano di una vera e propria violazione del principio di uguaglianza e del diritto allo studio, sanciti dalla nostra Costituzione.

“È una disparità di trattamento illogica e inaccettabile. Non può essere il singolo ateneo a determinare i criteri di accesso a un corso di laurea con test d’accesso nazionale. Oggi, invece, a parità di impegno e frequenza, uno studente rischia di essere escluso solo per ragioni geografiche. È un corto circuito normativo che mina la credibilità della riforma e mette in discussione la sua presunta equità”.

I legali si rivolgono direttamente al ministero per chiedere di intervenire, “per uniformare i criteri. Non è accettabile che un diritto così importante come l’accesso alla formazione medica dipenda dal luogo in cui uno studente studia. Questa è una discriminazione territoriale e normativa che rischia di generare centinaia di ricorsi”.

Lo Studio di avvocati è pronto a impugnare eventuali provvedimenti di esclusione illegittimi e pensa anche di promuovere un’azione collettiva nazionale. “A parità di frequenza deve corrispondere pari diritto di accesso, tutto il resto è arbitrio. E l’arbitrio non può sostituirsi al diritto”, hanno concluso i legali nel loro intervento al quotidiano economico.

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