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Neo laureati in cerca di lavoro iStock

Cosa stanno chiedendo davvero le aziende ai giovani neolaureati

Le aziende spesso nei neo laureati cercano competenze che non vengono insegnate all'Università o nei percorsi scolastici fatti: ecco cosa vogliono

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

Quali sono le competenze che le aziende cercano quando devono assumere dei giovani neolaureati? Spesso quello che viene insegnato nelle aule universitarie non corrisponde a quello che viene richiesto dal mondo del lavoro, che opera in modo più veloce rispetto alla formazione. Ecco cosa devono sapere i giovani che si apprestano a iniziare il loro percorso all’Università e che stanno per accingersi a prendere la laurea tanto sognata e desiderata.

Cosa cercano le aziende nei neolaureati

In Italia c’è un problema, che riguarda i giovani neolaureati che spesso sono troppo preparati per svolgere un lavoro che non si vorrebbe o non hanno le competenze per la posizione lavorativa ricoperta. Chi è alla ricerca di un primo impiego questa gap crea molti problemi, come spiegato da L’Avvenire, che ha riportato le esperienze di alcuni ragazzi e anche di alcune aziende che hanno partecipato al primo Career Day dell’università Luiss a Milano.

Una ragazza di 23 anni ha spiegato: “Entriamo in un mondo del lavoro in cui le competenze viaggiano a una velocità che è impossibile da seguire. Abbiamo bisogno di dimostrare alle aziende che abbiamo sviluppato anche molte soft skill: gestione del tempo, capacità di lavorare in gruppo e altre abilità operative”. Lei ha confessato che era molto spaventata “dalla differenza tra quello che ho studiato e quello che dovrò svolgere nel mio futuro lavoro, ma dialogare con le aziende e capire le loro esigenze mi sta aiutando moltissimo”.

Nelle sue stesse condizionati sono anche tantissimi studenti che sono stati selezionati da Luiss, in base al curriculum, e che hanno incontrato 28 imprese coinvolte dall’università romana che he permesso di far incontrare laureandi e aziende, per “mettere in comunicazione le eccellenze del mondo accademico e industriale”, come spiegato dal prorettore Luiss Enzo Peruffo.

Un ragazzo 22enne ha compreso alla perfezione cosa cercano le aziende: “Le mie priorità nella scelta del lavoro sono tre: salario, crescita personale e utilità sociale dell’impiego”. Non ha paura dell’IA, ma solo perché studiando ne ha capito le potenzialità: “Nascono 200mila applicazioni al giorno ma, grazie ai corsi extracurricolari della mia università, riesco a usare l’IA ogni giorno”.

La formazione rimane un investimento per le aziende

Il quotidiano ha anche intervistato le aziende presenti, per capire anche la posizione dei datori di lavoro: “Nella nostra azienda crediamo molto nella formazione in itinere. La strategia è quella di formare costantemente sul campo i giovani lavoratori, per farli crescere a partire dalle basi che hanno già sviluppato all’università”, ha spiegato Francesco Thiella, manager audit Ria Grant Thornton.

Secondo gli esperti l’educazione universitaria non sempre è sufficiente per soddisfare le necessità emergenti delle imprese, soprattutto con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Marianna Culosi, Innovation Pmo di Cisco, ha dato un consiglio ai ragazzi: “Se non sanno qualcosa, sono sempre in tempo a imparare: penso soprattutto alla cybersecurity o all’intelligenza artificiale“.

Stefania Merli, direttrice delle risorse umane di Bernoni Grant Thornton, invece, ha aggiunto che “la formazione è un investimento. È cambiato tutto rispetto al passato: ormai sono i giovani che scelgono le aziende, non il viceversa. E non conta solo il salario, per loro, ma sentirsi parte di un obiettivo comune”.

Cos’è lo skill mismatch

Con il termine inglese skill mismatch si indica il divario tra le capacità che le aziende cercano nelle persone da assumere e quelle che sono state raggiunte dai lavoratori che sono stati assunti. Il gap riguarda proprio le competenze tecniche, umane e sociali acquisite dai giovani in cerca di occupazione e quelle cercate in ambito lavorativo dai datori di lavoro.

Secondo gli ultimi dati dall’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico (Ocse), questo gap riguarda il 36,5% dei lavoratori che in Italia operano in un settore diverso rispetto a quello in cui hanno studiato all’Università.

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