Educazione sessuale, (quasi) nessun studente ne parla col papà
Un'indagine condotta tra gli adolescenti ha svelato che gli amici e i genitori non sono più la fonte principale di informazione sulla sessualità
Qual è la principale fonte di informazione degli adolescenti italiani quando si parla di educazione sessuale? Un sondaggio ha cercato di indagare come si informano i ragazzi e le ragazze: quasi nessuno degli studenti che è stato interpellato sulla questione sembra più volerne discutere con mamma e papà, ma anche i coetanei non sono più il primo riferimento per scoprire la sessualità. Ecco cosa è emerso da questa indagine.
Educazione sessuale: qual è la fonte di informazione dei ragazzi
Sono stati presentati i risultati dell‘indagine annuale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono nel nostro Paese, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD. Il sondaggio è stato condotto su un campione nazionale rappresentativo di 3.160 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Il tema di questa indagine è di stretta attualità, viste le polemiche inerenti all’emendamento al Ddl Valditara sul consenso informato delle famiglie, che estende il divieto di parlare di educazione sessuale anche alle scuole medie e non solo all’infanzia e alla primaria, lasciando aperta questa possibilità solo alle superiori.
Secondo quanto emerso dal sondaggio, il 69% degli studenti delle scuole medie vorrebbe che in classe si parlasse in modo sistematico e non solo occasionalmente di educazione sessuale. Per il 40% la fonte di informazione principale sulla sessualità e sulla contraccezione è internet: solo il 17% si rivolge agli amici, mentre il 14% chiede ancora alla mamma e solo il 3,7% al papà.
Dall’indagine è emerso, dunque, che i ragazzi e le ragazze sono soli davanti a uno schermo per reperire informazioni fondamentali, in un’età in cui si inizia a scoprire la propria sessualità.
Cosa ha fatto la scuola finora sull’educazione sessuale
Fino a oggi, fino all’arrivo del Ddl sul consenso informato, la scuola ha organizzato diverse attività e numerose iniziative per colmare questa distanza e fornire informazioni precise, senza lasciare in balia di internet gli adolescenti.
Come raccontato dal Corriere della Sera, sono tante le esperienze degli istituti scolastici. Silvia Zetti, dirigente dell’Istituto Comprensivo 9 di Modena, e Gabriella Corti, insegnante di sostegno della secondaria di primo grado dell’IC Arcadia di Milan, hanno spiegato di aver coinvolto in classe esperti delle Aziende Sanitarie o dei Consultori di zona, ma hanno anche fatto visita a queste strutture per permettere ai ragazzi e alle ragazze di fare domande a chi è competente in materia.
Sono stati anche organizzati progetti di ascolto con psicologi a scuola e sono state interpellate diverse figure specializzate, per parlare di gestione delle relazioni interpersonali e di gestione dei conflitti, per poi arrivare a introdurre anche concetti di affettività e sessualità.
Cosa vuol dire educare i giovani alla sessualità secondo la psicologa
Loredana Petrone, psicologa e Sessuologa dell’Università di Chieti e membro del comitato direttivo di Laboratorio Adolescenza, ha spiegato al quotidiano: “La scuola non educa solo con ciò che dice, ma anche con ciò che tace. Ogni società sceglie, consapevolmente o meno, che cosa insegnare ai propri giovani. Quando la scuola tace su temi cruciali come l’affettività e la sessualità, non si limita a ‘non fare nulla’: compie un atto educativo”.
Tacendo su alcuni argomenti, la scuola “insegna che di certe cose non si parla. E lascia che a parlare siano altri: internet, pornografia, social network, gruppi di pari, stereotipi. Il compito della scuola, intesa come luogo di formazione e non solo di istruzione, è creare un ambiente maturo, capace di contenere e accompagnare l’adolescenza, non di sottrarsi a essa”, ha aggiunto la psicologa nel suo intervento.
La dottoressa ha poi specificato che “questo non significa imporre un’unica visione etica o sostituirsi alla famiglia, ma offrire strumenti di comprensione, linguaggi adeguati e spazi sicuri di confronto. Con la consapevolezza che educare alla sessualità non è distribuire informazioni: è costruire senso. È aiutare le ragazze e i ragazzi a dare parole a ciò che vivono e a riconoscere i confini tra sé e l’altro. È fornire strumenti critici per orientarsi tra i messaggi contraddittori che li raggiungono ogni giorno”.
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