Giovani e IA: cos'è la gentilezza artificiale e i suoi rischi
In merito all'uso che i giovani fanno dell'AI, bisogna sapere cosa si intende con il termine gentilezza artificiale e quali sono i rischi connessi
L‘intelligenza artificiale fa sempre più parte delle nostre vite. In particolare i giovani, ma non solo loro, sono più propensi a esplorare tutte le possibilità che questa tecnologia può offrire. Ultimamente si parla sempre più spesso della cosiddetta “gentilezza artificiale“: cos’è e quali sono i rischi per i giovani collegati a questo nuovo tema?
Cos’è la gentilezza artificiale
Il Corriere della Sera ha svelato un nuovo sottoprodotto dell‘intelligenza artificiale, che ormai è entrata a far parte di ogni ambito della nostra vita. Si chiama “gentilezza artificiale” ed è una caratteristica che si può facilmente ricollegare ai chatbot con cui molte persone, soprattutto giovani, decidono di dialogare: molti utenti sfruttano l’AI semplicemente per conversare, per chiedere aiuto, supporto, consigli, come se fosse un’amica pronta a dare sempre il suo sostegno.
Il rapporto tra gli utenti e l’intelligenza artificiale si è fatto sempre più intimo, anche grazie alla segretezza che è un valore aggiunto non indifferente quando si deve parlare di qualcosa di privato e riservato. Meglio parlare con un chatbot dei propri problemi e non farlo, ad esempio, con le canoniche figure adulte di riferimento, come i genitori e gli insegnanti: questo il pensiero di molti ragazzi e molte ragazze che vendono nell’AI una vera e propria confidente della quale fidarsi ciecamente e alla quale dire tutto.
Quali sono i rischi della gentilezza artificiale
Qual è il rischio di questo rapporto sempre più stretto con i chatbot di intelligenza artificiale? Gli esperti temono che la famiglia e la comunità educativa vengano esautorati dal loro ruolo di supporto alle giovani generazioni, perché soppiantate dall’intelligenza artificiale che si insinua a ricoprire il posto che è sempre stato prerogativa di genitori e docenti. Ma non solo.
L’AI, diventando la nuova confidente degli adolescenti e dei giovani in generale, rischia di prendere il posto del terapeuta: le chiacchierate con i chatbot possono andare a sostituire le sedute di psicoterapia che potrebbero aiutare i giovani ad affrontare i loro problemi. È più comodo, perché è uno strumento sempre disponibile e in grado di dispensare consigli su ogni materia. Inoltre, con l’AI si può dialogare quando si vuole e quando si ha tempo, a costo praticamente zero. I due piani, però, non sono equiparabili.
Lo psichiatra Irvin Yalom ha definito la psicoterapia come una seduta che si svolgeva all’interno di un rapporto “artificialmente vero”: ma in questo caso l’aggettivo artificiale non è lo stesso che si può applicare all’AI, ma la capacità del professionista sanitario di sospendere il suo giudizio sul profilo biografico e sulle qualità della persona, trattando tutti i pazienti allo stesso modo. Si tratta di regole deontologiche ben precise, che però si applicano nell’incontro tra persone reali ed è qui che si innesca la verità che manca nel rapporto con l’AI potenzialmente pericoloso in tal senso.
La facilità di “risolvere i problemi” con l’intelligenza artificiale non è reale, perché manca quell’aspetto di verità che si ha solo in uno scambio tra persone. C’è chi potrebbe vedere nell’AI un sistema facile per risolvere la mancanza di risorse per la psicoterapia nell’ambito della sanità pubblica, ma secondo gli esperti sarebbe rischioso un’applicazione di questo tipo perché rappresenterebbe un problema serio per la tutela della salute mentale.
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