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Italiani "analfabeti" digitali, scatta l'allarme: i dati choc

Gli italiani sono "analfabeti" digitali? I dati choc dell'Istituto per la Competitività, che lancia l'allarme sulle digital skill della popolazione

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Nel cammino della transizione tecnologica, l’Italia resta ancora distante dagli obiettivi stabiliti dall’Unione europea per il 2030. A lanciare l’allarme è stato l’Istituto per la Competitività (I-Com), che ha diffuso dati choc sull’alfabetizzazione digitale nel Paese. Gli italiani si confermano tra i meno preparati in Europa sul fronte delle competenze digitali, al punto da poter essere definiti “analfabeti” digitali. Il problema, però, non riguarda solo i cittadini: anche le imprese mostrano difficoltà nell’adozione di strumenti digitali avanzati, rallentando così l’innovazione e la competitività del sistema produttivo nazionale.

Italiani “analfabeti” digitali: l’allarme dell’I-Com

Domani ha analizzato i dati del rapporto annuale dell’I-Com su reti e servizi di nuova generazione in Italia, definendo gli italiani “analfabeti” digitali. Come mostrato dall’indagine, infatti, l’Italia è ben lontana dagli obiettivi della strategia europea Decennio Digitale, soprattutto per quanto riguarda le competenze digitali della popolazione. Il proposito è quello di arrivare, entro il 2030, all’alfabetizzazione digitale di base di almeno l’80 per cento dei cittadini fra i 16 e i 74 anni.

Ebbene, secondo l’I-Com, al Belpaese serviranno 456 anni per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Ue. “Agli attuali ritmi – hanno spiegato dall’istituto – l’Italia dovrà attendere l’anno 2481 per le skills digitali“. Le competenze digitali della cittadinanza, infatti, stanno crescendo molto lentamente: nel 2024 si è registrato solo un +0,2%.

Anche sul fronte delle imprese la situazione non è rosea. L’Italia si colloca tra gli ultimi cinque Paesi europei per digitalizzazione aziendale, con appena il 27,2% delle imprese digitalizzate, a fronte di una media Ue del 34,3%. Le pmi italiane sono ancora lontane dal traguardo del 90% di digitalizzazione, fermandosi al 70,2%, con “una crescita quasi ferma”, hanno specificato dall’I-Com. Il report evidenzia che, allo stato attuale, l’obiettivo previsto dall’Unione europea potrebbe essere raggiunto solo nell’anno 2152.

I dati sull’intelligenza artificiale in Italia

Il ritardo digitale dell’Italia si riflette anche nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Nel 2024, l’adozione dell’IA tra le imprese nostrane con almeno 10 dipendenti è salita all’8,2%, in crescita rispetto al 5% registrato nel 2023. Tuttavia, il Paese rimane indietro rispetto alla media europea, che si attesta al 13,5%.

L’intelligenza artificiale generativa sta guadagnando terreno tra le imprese: il 20% delle aziende italiane la utilizza già, il 43% è in fase di sperimentazione e il 28% ne sta valutando l’adozione.

Anche tra i cittadini cresce l’interesse: il 25,8% degli adulti italiani usa strumenti basati sull’IA, un dato però inferiore rispetto a Paesi come Irlanda (41,7%) e Francia (40,9%). L’indagine I-Com e ByTek, condotta per il terzo anno consecutivo in cinque Paesi (Italia, Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna), mostra un aumento costante dell’interesse per l’IA, con un picco nel secondo trimestre del 2025. Tuttavia, l’Italia resta fanalino di coda per numero di ricerche online sull’argomento con poco più di 160mila ogni 100mila abitanti, contro le oltre 800mila della Germania, che si piazza al primo posto.

Quanti corsi sono dedicati all’IA nelle università italiane

L’interesse per l’intelligenza artificiale si riscontra anche nell’offerta formativa delle università italiane. Per l’anno accademico 2025/2026, l’I-Com ha rilevato un totale di 1.143 tra insegnamenti singoli, corsi di laurea, master e progetti di ricerca in dottorato in tema di IA.

Ma anche qui c’è un problema: l’offerta è molto disomogenea a livello regionale. Gli atenei del Lazio si distinguono per il maggior numero di corsi specializzati in intelligenza artificiale, 85 in totale. Seguono la Toscana con 38 e la Campania con 36. Se si considera il numero di università presenti, emergono invece Liguria, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia come le regioni più dinamiche in proporzione. Al contrario, secondo il report, Molise, Basilicata e Valle d’Aosta non propongono alcun percorso specifico dedicato all’IA.

La Lombardia si afferma come leader per numero di lauree magistrali in ambito IA (8), seguita dal Lazio (7), che si conferma protagonista anche nelle lauree triennali e nei percorsi post-laurea con 64 dottorati e 8 master. Campania, Emilia-Romagna e Toscana si collocano subito dopo per numero di progetti di ricerca.

Per quanto riguarda l’offerta non specializzata, la Lombardia mantiene il primato con 185 insegnamenti, seguita dal Lazio (103) e dall’Emilia-Romagna (92). Quest’ultima risulta la più virtuosa in termini relativi, con 23 insegnamenti per università.

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