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Lavoro, pochi giovani in azienda: cosa fare secondo l'Istat iStock

Lavoro, pochi giovani in azienda: cosa bisogna fare per l'Istat

L'Istat ha segnalato che i giovani in Italia sono risorse scarse e le aziende dovrebbero garantire crescita e produttività per attrarli

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

In Italia il calo demografico si riflette sul mondo del lavoro. Ci sono meno giovani e le imprese dovrebbero cercare di attrarli per assicurarsi competenze, per esempio in campo digitale, che probabilmente gli over 50 non hanno. L’allarme arriva dall’Istat che ha risposto alle domande nel corso dell’audizione sul Dpfp, il documento programmatico di finanza pubblica 2025.

L’allarme Istat sul lavoro e i suoi giovani

L’Istat ha segnalato che il tema della scarsità di giovani nelle imprese “è stato sottovalutato è che nelle aziende che devono garantire la crescita e la produttività c’è una piramide demografica che è spostata verso i 50enni”.

“Siamo un Paese che deve far conto che i giovani sono risorse scarse e il capitale umano deve essere trattato con i guanti bianchi”, hanno fatto sapere dall’istituto di statistica.

Per l’Istat l’Italia non è “più un Paese che può spingere su un contributo massivo della forza lavoro”, ma dovrebbe “spingere su un contributo qualitativo“.

L’ultimo rapporto annuale ha evidenziato come “l’inserimento di giovani con skill digitali nelle aziende determina un incremento della produttività, quindi assumere giovani conviene”.

Cosa fare per attrarre i giovani in azienda

Per le imprese è importante, in questo contesto, riuscire ad attrarre i più giovani. Per “un Paese che deve cambiare passo – secondo l’Istat bisognerebbe puntare “specialmente sulla produttività e auspicabilmente anche aumentare i salari per quanto riguarda i giovani in particolare perché entrano persone formate e pronte a innovare”.

Come riporta Ansa, parlando più in generale dei salari, i tecnici dell’Istat hanno sottolineato che “il recupero progressivo delle retribuzioni reali è cominciato nel tempo e sta proseguendo. È iniziata un’inversione di tendenza che ha consentito di iniziare un processo di recupero“. Tuttavia, come emerso già dalle statistiche dell’Istituto, “esiste ancora una differenza del 9,1% rispetto a gennaio 2021”.

“Stiamo riducendo progressivamente, ma permane in termini di salari reali un gap del 9% rispetto ai livelli delle retribuzioni reali di gennaio 2021″, hanno sottolineato nel corso dell’audizione.

Le migliori aziende italiane in cui lavorare secondo i giovani

Passando ad analizzare il punto di vista dei giovani lavoratori, la classifica “Best Workplaces for GenZ” ha stilato l’elenco delle aziende italiane migliori in cui lavorare secondo la Generazione Zeta.

Elaborando i dati raccolti, è risultato che a pesare maggiormente nella scelta di lavorare in una certa azienda, secondo i nati dal 1998, sono fattori come accoglienza all’assunzione, coinvolgimento da parte dei responsabili nelle decisioni che influiscono sull’organizzazione del lavoro e sull’ambiente lavorativo, imparzialità del management, assenza di favoritismi nelle promozioni e incentivazione della meritocrazia, supporto reale e concreto da parte dei responsabili nell’attività lavorativa, clima di fiducia ed equità nelle retribuzioni.

Nella classifica Great Place to Work Italia, le dieci migliori aziende in cui lavorare secondo la Gen Z nel nostro Paese sono:

  • Edera Nordest
  • Marketing Espresso
  • Bending Spoons
  • Quantyca
  • Humans.tech
  • Incrementoo
  • Hilton
  • Sephora
  • Apuliasoft
  • auxiell Group.

Secondo Alessandro Zollo, ceo di Great Place to Work Italia, dai dati “emerge inoltre come, indipendentemente dal fatto che un’azienda rientri o meno tra i best workplaces, quando le persone vengono incoraggiate a trovare un equilibrio fra lavoro e vita privata aumenta il loro senso di appartenenza e la voglia di rimanere a lungo all’interno di un’organizzazione”.