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Paolo Crepet stronca l'IA: "Rischio demenza, diventiamo scemi"

"Rischio demenza, diventiamo scemi": Paolo Crepet stronca l'intelligenza artificiale e parla degli effetti collaterali legati all'uso dell'IA

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Paolo Crepet ha lanciato un duro attacco contro l’intelligenza artificiale (IA), definendola senza mezzi termini un “disastro”. Il noto psichiatra e sociologo ha espresso preoccupazioni profonde sul rischio che l’IA comporta per le nostre capacità cognitive, arrivando a parlare di “demenza”: “Diventiamo scemi”, ha detto. Le sue parole invitano a riflettere sul rapporto sempre più pervasivo tra tecnologia e mente umana, e sulla necessità di “non delegare il pensiero agli algoritmi”.

Perché l’intelligenza artificiale è un “disastro” per Paolo Crepet

Paolo Crepet è intervenuto nella puntata del 6 ottobre della trasmissione radiofonica Un giorno da pecora su Rai Radio1, condotta da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro. Dopo aver spiegato di aver partecipato alla Leopolda di Matteo Renzi per confrontarsi con i 500 giovani partecipanti alla convention, ha parlato di intelligenza artificiale.

Secondo lo psichiatra, l’IA rappresenta una minaccia concreta per l’intelligenza umana e la libertà intellettuale dell’individuo. “È un disastro”, ha dichiarato, citando il parere di alcuni esperti del settore: “Ma se 100 premi Nobel — che è anche difficile contarli — dicono che è un disastro, se chi l’ha inventata, che è un Premio Nobel per la Fisica, ha detto ‘State attenti‘”.

Crepet ha poi lamentato una presunta assenza di trasparenza da parte di figure come Sam Altman, ceo di OpenAI, che avrebbe accennato a conseguenze negative dell’IA senza approfondirle: “Il signor Altman viene a Torino alla Settimana della tecnologia e dice che effettivamente ci saranno degli effetti collaterali. Poi non li dice e va via”, ha evidenziato il professore, aggiungendo: “Io gli avrei chiesto: ‘Scusi, quali effetti collaterali?’. È come se un medico ti dà un farmaco e ti dice: ‘Guarda che ci sono un sacco di effetti collaterali. Ciao'”.

Il sociologo ha individuato il cuore del problema nel “baratto” tra intelletto e comodità: “L’intelligenza artificiale è come il banco dei pegni: lei dà l’intelligenza e loro le danno la comodità”, ha affermato. Secondo Crepet, l’IA ci solleva dal pensare, ma al prezzo di una progressiva erosione delle nostre capacità cognitive.

Crepet avverte sui rischi dell’IA: “Demenza, diventiamo scemi”

Per Paolo Crepet, l’effetto collaterale “peggiore” dell’uso di sistemi di intelligenza artificiale è “la demenza“: “Sì, diventiamo scemi. L’IA rallenta qualsiasi funzione cognitiva“, ha specificato sottolineando che a dirlo è una ricerca del Mit (Massachusetts institute of technology), una delle più importanti università di ricerca del mondo. “Ma niente, i giornali parlano d’altro”, ha osservato.

A detta di Crepet, con la diffusione dell’intelligenza artificiale si sta assistendo a un vero e proprio “furto dell’intelligenza e della libertà”.

È vergognoso quello che sta accadendo“, ha proseguito, invitando tutti a “non delegare il proprio cervello agli algoritmi” perché così facendo “il QI, il quoziente intellettivo, scende“.

Un altro problema affrontato dall’esperto è la pervasività dell’IA nella nostra vita: “Se lei oggi compra un telefonino, c’è già l’intelligenza artificiale, non è che ce n’è uno senza. Non è come quando c’era Google. Lei può anche non googlare, o non andare su YouTube. L’intelligenza artificiale è un’altra cosa. Se non abbiamo capito questo siamo fregati“, ha concluso.

Cos’ha detto Crepet sugli smartphone a scuola

Nel corso dell’intervista, Paolo Crepet ha trattato anche il tema dell’uso degli smartphone nelle scuole. Alla domanda se fosse favorevole o contrario, ha risposto: “Sono favorevole a lasciare un telefonino alle 8:30 in un cassetto, riprenderlo alle 13:30 e fare tante altre belle cose. Perché forse (a scuola) il cervello ci vuole”.

Una frase che racchiude la sua visione: non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di limitarne l’invasività nei momenti dedicati all’apprendimento e alla socializzazione.

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