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"Effetto opossum" sempre più frequente tra gli studenti: cos'è iStock

Paura della scuola: cos'è l'"effetto opossum" tra gli studenti

Tra gli studenti delle scuole medie e superiori di Torino è sempre più frequente l'"effetto opossum": gli psicologi spiegano di cosa si tratta

Francesca Pasini

Francesca Pasini

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Content Writer laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vivo tra l'Italia e la Spagna. Amo le diverse sfumature dell'informazione e quelle storie di vita che parlano di luoghi, viaggi unici, cultura e lifestyle, che trasformo in parole scritte per lavoro e per passione.

Si chiama “Generazione Opossum“, quella che prova troppa ansia a scuola e reagisce adottando una particolare strategia: “fingersi morti”. A fotografare la situazione tra gli studenti italiani è lo studio condotto dagli psicologi del Centro Ulisse di Torino, che per due anni hanno realizzato interventi di mentoring, finanziati dal progetto Futura del Pnrr, in una decina di scuole medie e istituti superiori della città e della sua periferia.

Gli esperti hanno spiegato cos’è l'”effetto opossum” che sempre più spesso si rileva tra i giovani studenti.

“Effetto opossum” sempre più diffuso tra gli studenti

C’è un’esternazione che ricorre spesso nei discorsi degli studenti: “Ho l’ansia“. Dentro alle aule e fuori, i giovani utilizzano questa frase, diventata quasi un’intercalare, per esprimere i propri stati d’animo: “A volte è usata per descrivere uno stato ben preciso, altre volte serve come un contenitore dentro al quale si inseriscono molti stati emotivi diversi: rabbia, senso di inadeguatezza, vergogna, frustrazione, paura”, ha spiegato Marianna Sbardellotto, psicologa del Centro Ulisse, come riporta il Corriere di Torino.

Gli studenti vengono descritti dall’esperta come “in affanno, demotivati e bloccati” dall’ansia, “incapaci di iniziare un compito o di affrontare in autonomia una verifica”. Dall’altro lato, risultano anche poco disposti a cambiare il loro metodo di studio in modo tale da non dover affrontare altre fonti di preoccupazione e angoscia.

I risultati dell’attività di mentoring, condotta in una decina di scuole medie e istituti superiori di Torino e periferia, svelano un altro meccanismo sempre più frequente: l'”effetto opossum”, un atteggiamento di difesa per diventare “trasparenti”.

Di cosa si tratta? Proprio come un opossum, che nelle situazioni di pericolo si finge morto per proteggersi, anche molti giovani studenti cercano di “rendersi invisibili in classe”: “Non creano problemi, non disturbano, ma è solo un modo per nascondere il loro timore del giudizio e una forte paura di fallire“, ha spiegato la psicologa.

Noia e fatica a restare attenti tra gli studenti delle medie

Non solo gli studenti torinesi risultano spesso bloccati dalla paura e protagonisti dell'”effetto opossum”, ma dimostrano anche una certa difficoltà a restare connessi perché annoiati. Tra gli oltre 200 studenti coinvolti nello studio, gli psicologi hanno rilevato infatti un elevato livello di noia quando si parla di compiti a casa o di lezioni in classe.

Ma la noia non è altro che “un modo per allontanarsi da un’esperienza che li fa sentire inadeguati”, ha proseguito Sbardellotto. Hanno timore di fallire e quindi “prendono le debite distanze e si annoiano”. Un disagio diffuso tra i ragazzini, che inizia già alle medie e forse anche prima: già da adolescenti, sono “spesso abbandonati al cellulare e lasciati alle notti insonni”.

Il risultato? Difficoltà di relazione in classe e al di fuori. Faticano sempre più a parlare e sono coinvolti in quel “‘rumore’, non solo dei gesti e delle parole di molti ragazzi, ma anche del mondo esterno, come le parole violente sulle chat, o dell’ingerenza dei genitori che si ergono a paladini dei loro figli in caso di conflitto”, ha spiegato Federica Verga Marfisi, docente della scuola media Calamandrei di Torino.

Oltre a questi fenomeni, c’è una crescente difficoltà a mantenere la concentrazione, sempre più spesso denunciata dagli insegnanti. Tutte queste dinamiche influiscono infine sulla dispersione scolastica: “Non solo quella di chi abbandona di fatto la scuola – hanno sottolineato gli psicologi –, ma anche la dispersione implicita di tutti coloro che, anche se presenti fisicamente, poi la vivono in modo molto passivo, come degli spettatori”.

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