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Ricercatori palestinesi in Italia senza figli: appello a Meloni ANSA

Ricercatori palestinesi in Italia senza figli: appello a Meloni

Decine di giovani palestinesi potranno lasciare Gaza per l’Italia tramite i corridoi universitari, ma senza poter portare con sé i figli o il coniuge

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Molti giovani palestinesi, tra studenti e ricercatori, potranno lasciare la Striscia di Gaza e trasferirsi in Italia, dove sono attesi dalle nostre università attraverso i corridoi universitari predisposti dalla Farnesina. Il problema è che non possono portare i figli, neanche i minori, oppure i partner.

Studenti e ricercatori in Italia ma senza figli

La notizia è riportata da Fanpage che ha parlato con alcuni studenti in partenza. Questi giovani, di circa venti anni, possono venire in Italia ma senza i genitori.

Si ritroveranno quindi nel nostro Paese da soli, lontani dalla famiglia, senza mai essere stati fuori dalla Striscia di Gaza prima di questo viaggio verso lo Stivale.

Studenti e ricercatori sarebbero stati contattati dal Consolato che avrebbe chiesto loro se intendevano partire comunque alla volta dell’Italia, anche senza le famiglie. Il consiglio di volontari e attivisti è stato quello di accettare comunque le condizioni, per evitare di venire cancellati dagli elenchi per l’evacuazione. Ma c’è chi ipotizza una sorta di “ricatto” dietro il divieto di far entrare coniugi, figli o genitori degli universitari e dei riceratori.

L’appello dei palestinesi a Meloni

Widad Tamimi, scrittrice italiana di origine palestinese, è tra le prime a rendere noto che “studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori sono stati contattati dal Consolato Generale di Gerusalemme per le prossime evacuazioni e si sono trovati di fronte a un drammatico bivio: accettare la borsa di studio e partire per la prossima evacuazione, lasciando indietro i figli e il coniuge, oppure rifiutare la borsa e il visto di studio, rimanendo con loro”.

Tamini ha quindi lanciato un appello al Governo italiano, attraverso il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

“Iniziamo dall’empatia: cosa rispondereste a chi vi pone la stessa domanda che il consolato ha fatto agli studenti palestinesi? Partireste lasciando i vostri bambini – ha chiesto la scrittrice – o rimarreste con loro, affrontando fame, epidemie e la minaccia dei bombardamenti? Questi sono interrogativi che dovete affrontare con chiarezza e coscienza”.

Tamini ha rivelato di essere stata contattata dalle madri palestinesi che le hanno espresso “un profondo stato emotivo, addirittura peggiore rispetto ai mesi precedenti, durante i quali erano già in una condizione disperata. Questo dilemma ha strappato via l’ultima speranza di ricevere attenzione e assistenza umana”.

Le conseguenze psicologiche per le famiglia palestinesi

Come riporta Fanpage, tra gennaio 2024 e agosto 2025 più di 54mila bambini di Gaza hanno sofferto di malnutrizione acuta, oltre 100 sono già morti di fame, e molti altri hanno perso la vita nei bombardamenti andati avanti nonostante l’accordo con Israele.

Tamini ha evidenziato come molte famiglie palestinesi abbiano ceduto alle condizioni italiane, ma ha sottolineato come “le conseguenze psicologiche di queste vicende” siano “devastanti, e lo Stato italiano dovrà assumersi la responsabilità di questa situazione”.

Per questo motivo domanda se “non sarebbe forse più saggio far arrivare persone che possano costruire un nuovo capitolo di serenità insieme ai propri cari, piuttosto che aggravare ulteriormente la situazione, caricando lo Stato e la società di individui ancora più disperati di prima?”.

La scrittrice ha sostenuto che le madri palestinesi si sentono sotto un “vero e proprio ricatto, perpetrato da pubblici ufficiali e diplomatici”. A complicare ulteriormente le cose ci sarebbe il ruolo della Crui, la Conferenza dei rettori, proprio l’ente che in questi mesi ha fatto da ponte con i volontari tra le università e i ricercatori bloccati a Gaza.

“Sono sinceramente scioccata all’idea che alcune università e la Crui non si siano ribellate in blocco, all’istante. Persino illustri professori di diritto – è l’accusa di Tamini – sembrano scendere a compromessi con la politica, negoziando i diritti umani. In questo momento, sta emergendo una tendenza a credere che il diritto non esista più e che sia quindi saggio e lecito trovare compromessi illegali”.