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Università "sotto esame", le 4 proposte per salvare gli atenei

Università messe "sotto esame" nel nuovo studio di Carlo Cappa e Andrea Gavosto, che hanno avanzato 4 proposte per salvare gli atenei italiani

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Il sistema universitario italiano è in una situazione di stallo, mentre il mondo sta cambiando molto velocemente. A dirlo sono Carlo Cappa, docente dell’Università Tor Vergata di Roma, e Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli e consigliere di amministrazione del Politecnico di Torino. I due studiosi hanno messo gli atenei italiani “sotto esame” elaborando 4 proposte per salvare il loro futuro.

Università italiane “sotto esame”

Nonostante la riforma del 3+2 introdotta venticinque anni fa, l’Italia continua a registrare un numero di laureati inferiore alla media europea. Questo divario incide negativamente sulla competitività del Paese e ne indebolisce il tessuto culturale, politico e sociale, con ripercussioni anche nella formazione delle classi dirigenti. È quello che sostengono Carlo Cappa e Andrea Gavosto nel loro nuovo libro che mette “sotto esame” il sistema universitario italiano.

Partendo dalla convinzione che l’università sia un indicatore chiave dello stato di salute di una nazione e possa influenzarne profondamente il futuro, gli autori propongono soluzioni per ripensare l’istruzione superiore.

Le 4 proposte per salvare le università in Italia

Come riportato dal Corriere della Sera, Carlo Cappa e Andrea Gavosto avanzano 4 proposte per rilanciare il sistema universitario italiano. La prima riguarda le risorse economiche: per competere a livello internazionale e migliorare la qualità dell’offerta formativa, servono investimenti mirati. I due autori suggeriscono di reperire finanziamenti attraverso i risparmi generati dal calo demografico, che nei prossimi anni ridurrà il numero di studenti nel sistema scolastico.

La seconda proposta punta sulla specializzazione degli atenei. Oggi, secondo Cappa e Gavosto, “troppi fanno le stesse cose”, mentre sarebbe più efficace differenziare le vocazioni: “alcuni potrebbero concentrarsi sulla ricerca in campi specifici attirando i migliori specialisti da tutto il mondo, mentre altri sulla didattica di qualità o sulla formazione professionale”.

Per realizzare questa diversificazione, a loro avviso, è necessario intervenire su due fronti: maggiore flessibilità nel reclutamento dei docenti e una revisione del valore legale del titolo di studio.

Infine, la proposta più radicale: ripensare il modello 3+2. Dopo vent’anni, secondo Cappa e Gavosto, non ha prodotto i benefici attesi. L’alternativa è un modello 4+1, con un primo ciclo più lungo e strutturato, seguito da un solo anno di magistrale o master. Questo nuovo impianto dovrebbe includere “un efficace orientamento iniziale e l’acquisizione di diversificate competenze”, con l’obiettivo di ridurre il numero di abbandoni e rendere il percorso universitario più solido e coerente.

Quali sono le sfide che devono affrontare gli atenei italiani

Secondo Carlo Cappa e Andrea Gavosto, le università italiane si trovano di fronte a 3 sfide epocali che ne minacciano la tenuta nei prossimi decenni. La prima riguarda il numero esiguo di laureati: l’Italia è agli ultimi posti in Europa, insieme all’Ungheria, e ha laureati che non sempre possiedono competenze adeguate. Il problema, hanno evidenziato gli autori, non è legato agli iscritti — in linea con la media europea — ma a un sistema che, tra orientamento carente e curriculum poco funzionali, genera un vero e proprio corto circuito formativo.

La seconda sfida è demografica. Gli studiosi hanno spiegato che fino al 2031, il calo delle nascite non avrà effetti diretti. Ma da quel momento in poi gli atenei rischiano di perdere un quarto degli iscritti in dieci anni a meno che non si adottino politiche efficaci di internazionalizzazione e attrazione di nuovi studenti.

Infine, c’è la sfida digitale. A differenza delle università tradizionali, gli atenei telematici hanno registrato una crescita esplosiva: oggi rappresentano il 14% degli studenti universitari (276 mila), metà dei quali proviene da percorsi accademici interrotti negli atenei tradizionali. Dal 2006 a oggi, l’aumento degli iscritti è stato del 2500%.

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