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Proverbi

Quel che non può l'ingegno, può spesso la fortuna

A volte avere un grande talento non basta a raggiungere i risultati sperati nella vita, come ci dice questo proverbio che forse arriva dall'antichità

La tradizione popolare è ricca di frasi celebri che richiamano il ruolo della fortuna e del destino nelle vite degli uomini. I proverbi, tra sacro e profano, tra fede e scaramanzia, parlano spesso di un fato predefinito che muove le azioni dei mortali e di divinità capricciose che controllano la buona ruiscita di un’impresa. Spesso sminuendo le qualità e il talento degli esseri umani che, senza una buona stella a illuminare la via del successo, non riuscirebbero ad arrivare a superare gli ostacoli e realizzare i propri obiettivi, anche quelli in apparenza più semplici.

Significato di questo proverbio

Quel che non può l’ingegno, può spesso la fortuna” è un proverbio che si inquadra proprio in questa tradizione, che spiega come anche un cervello particolarmente brillante ha bisogno di trovare le condizoni favorevoli per emergere e realizzarsi. Così come menti non particolarmente eccelse possono invece primeggiare grazie a una buona dose di fortuna. Tradizionalmente identifichiamo la fortuna con il fato, e quindi con il destino già scritto degli esseri umani. Ma non tutti gli intellettuali del passato pensavano che bastasse solo questo.

Un altro detto, “La fortuna aiuta gli audaci“, sembrerebbe infatti in contraddizione con “Quel che non può l’ingegno, può spesso la fortuna”. Ma non è proprio così, visto che quest’ultima frase non esclude certo che sia l’essere umano stesso a cercare o creare la propria fortuan, con caparbietà e grande forza di volontà. Virtù indispensabili per avere fortuna nella vita, e che possono dunque sopperire all’assenza di particolari talenti. Insomma, a guardar bene, la saggezza popolare ci dice che per avere successo è indispensabile avere grande forza d’animo.

Altri proverbi simili

Esistono tanti proverbi che, similmente a “Quel che non può l’ingegno, può spesso la fortuna”, parlano di intelletto e destino, e della formula per riuscire a ottenere i risultati sperati anche in condizioni avverse. Ad esempio “Non val sapere, a chi fortuna ha contra“, che sottolinea come anche il più saggio degli uomini potrebbe fallire con un fato avverso. Tanti grandi scienziati sono morti senza rispondere alle grandi domande delle materie che hanno studiato per decenni, e tante scoperte sono state fatte invece per caso.

Ricordiamoci infatti che “La fortuna è cieca” e non si sa mai chi bacerà. Già in epoca antica la dea romana Fortuna veniva rappresentata con una benda sugli occhi. I nostri avi sapevano infatti che il fato può premiare o svantaggiare indiscriminatamente persone buone o cattive, intelligenti o non particolarmente brillanti, imperatori e schiavi, persone di ogni tipo e appartenenti a qualsiasi gruppi sociale. E per questo è inutile fare del raggiungimento di un obiettivo un’ossessione: se il destino è dalla nostra parte, i risultati arriveranno.

Significato

Non è detto che una persona più intelligente o di talento riesca ad avere più successo nella vita di una persona fortunata. Il destino opera per vie misteriose, e spesso premia chi non lo merita.

Origine

Già nell'Antica Grecia la dea Tyche, figlia di Afrodite e Zeus, era la signora della fortuna. A lei si doveva la prosperità o la caduta di una città. A causa delle tumultuose guerre che contraddistinsero alcuni periodi storici, e in particolare quello di Alessandro Magno, questa divinità finì per essere considerata cieca a causa del suo favore mutevole e della velocità con cui le sorti di un popolo cambiavano. La dea romana Fortuna acquisì lo stesso tratto, arrivando fino a noi come la dea bendata.

Varianti

  • Italia: Non val sapere, a chi fortuna ha contra
  • Italia: Chi ha ventura, poco senno gli basta

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