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Perché in italiano usiamo due accenti diversi?

Sembra di poco conto ma così non è: stiamo parlando dell’accento, e adesso ti spiego perché!

Sembra di poco conto ma così non è: stiamo parlando dell’accento, e adesso ti spiego perché! Se il tuo occhio è abbastanza allenato, avrà certamente notato che nella claudicante frase di poco fa abbiamo utilizzato due diverse tipologie di accento. Potrà sembrare un vezzo, potrà sembrare un dettaglio inutile. In realtà però questi due accenti fanno una grande differenza in termini di pronuncia corretta, e ci aiutano a dare la giusta intonazione alla parola. Certo, per noi le parole sono facili e scontate, che bisogno ci sarebbe di accentarle? C’è eccome!

Perché in italiano ci sono due accenti?

La nostra lingua prevede l’utilizzo dell’accento acuto e di quello grave. Sono entrambi fondamentali, anche se magari a volte ce lo dimentichiamo o lo usiamo in modo sbagliato. L’accento grave è un accento grafico, ovvero un segno diacritico che, in forma di barretta obliqua orientata a sinistra, si pone sulle vocali per segnalarne la messa in evidenza fonica.

L’accento grave si trova in tutte quelle parole come tè, caffè, è, ed indica una pronuncia aperta. L’accento acuto, invece, va verso l’alto e si trova in sé, perché, affinché, poiché. La pronuncia è chiusa.

E l’accento tonico, invece?

In italiano ogni parola ha un accento tonico, ovvero in tutte le parole l’accento ricade su una sillaba in particolare. Esso non viene mostrato nella grafia tradizionale, ma dev’essere pronunciato per una corretta produzione della parola.

In italiano le parole si dividono in gruppi a seconda della posizione in cui cade l’accento tonico:

  • Tronche: l’accento tonico cade sull’ultima sillaba, e spesso viene rappresentato anche graficamente. Caffè, poiché…
  • Piane: L’accento cade sulla penultima sillaba. Matita, cartella, gattino, televisione, mattiniero, mai, poi…
  • Sdrucciole: l’accento cade sulla terzultima sillaba. Sempre più difficile! Prendiamo per esempio telefono, pirofila, manopola, fabbrica, ciotola.
  • Le bisdrucciole hanno un accento che cade sulla quartultima sillaba. Esse non sono molte, ma si usano: compramelo, telefonami, miagolano…

L’accento è importante perché in alcuni casi, pochi ma buoni, permette di comprendere il significato di una parola. Se è vero che spesso lo si può evincere anche dal contesto, non è sempre detto. Gli esempi pratici sono principi (plurale di principe), e principi (plurale di principio). Ci avevi mai fatto caso? Un’altra parola con un accento malandrino è capitano, comandante della nave, in contrapposizione con capitano, ovvero "succedono". C’è poi anche il capitanò, ovvero il passato remoto del verbo capitanare, comandare, dirigere.

C’è ma non si vede

Non tutte le regioni italiane rispettano religiosamente le regole degli accenti, che ci sono eccome ma spesso non hanno una applicazione pratica nelle inflessioni dialettali. Insomma, alcune parole vengono pronunciate con E o O aperte o chiuse in base alla geolocalizzazione, e non a regole precise da grammatica. La vera differenza sta nello scritto, dove bisogna sempre rispettare le regole degli accenti.

Pur essendo un po’ bistrattato, l’accento è un aspetto fondamentale della lingua italiana che può ricadere su qualsiasi sillaba. Per la corretta pronuncia, è importante imparare a riconoscere dove esso cade, in maniera da potersi destreggiare.

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