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La morte di Turno nell'Eneide: riassunto e commento

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

La morte di Turno nell’Eneide rappresenta uno dei momenti più intensi e drammatici del poema di Virgilio. Al culmine di una lunga serie di conflitti, il duello tra Turno ed Enea non è solo una lotta tra due guerrieri, ma simboleggia lo scontro tra il mondo latino e quello troiano, tra il passato e il futuro della nascente stirpe romana.

Il rapporto tra Turno ed Enea

Il rapporto tra Turno ed Enea è segnato da una rivalità profonda e irriducibile. Turno, re dei Rutuli, è un valoroso guerriero e un difensore feroce del proprio popolo e della propria terra. L’arrivo di Enea nel Lazio rappresenta per lui una minaccia sia personale sia politica, poiché si vede privato della mano di Lavinia, promessa sposa e figlia del re Latino. Turno vede quindi in Enea non solo un nemico sul campo di battaglia, ma anche un invasore intenzionato a sottrargli il potere e la gloria.

Enea, da parte sua, è spinto dal senso del dovere e dalla volontà di adempiere alla propria missione divina. Protetto da Giove e assistito da Venere, egli rappresenta il volere del destino che impone la fondazione di una nuova stirpe nel Lazio. Questa rivalità cresce fino a culminare nello scontro finale, in cui entrambi i guerrieri mostrano valore e abilità, ma sanno anche che la loro lotta non può risolversi se non con la morte di uno dei due. Il conflitto tra Turno ed Enea diventa così anche uno scontro tra umanità e destino, con i protagonisti divisi tra il desiderio di sopravvivenza e la necessità di adempiere al volere degli dei.

La morte di Turno

Il duello tra Enea e Turno, nel dodicesimo libro dell’Eneide, è un combattimento epico e simbolico. Turno dimostra tutto il suo coraggio e la sua forza, ma ben presto la sua spada si spezza, rendendolo vulnerabile. Egli tenta di sfuggire, ma Enea, implacabile e determinato, lo insegue senza dargli tregua. Entrambi i guerrieri lottano con furia, ma è Enea ad avere dalla sua il favore degli dei e una corazza divina.

Nel momento cruciale del combattimento, Turno si ritrova ferito e a terra. Consapevole della propria sconfitta, si rivolge ad Enea con una supplica disperata, invocando la pietà in nome del padre Dauno. Enea, colpito dalle parole del nemico, sembra inizialmente disposto a risparmiarlo, ma scorge sul petto di Turno la cintura di Pallante, il giovane troiano ucciso da Turno in precedenza. Questo dettaglio riaccende in Enea una furia incontenibile, spingendolo a dimenticare la compassione e a compiere il gesto finale.

Con la morte di Turno, il poema si chiude in maniera drammatica, lasciando il lettore con un’immagine intensa: l’anima di Turno che fugge tra le ombre, abbandonando un mondo ormai destinato a cambiare per sempre. Questo gesto non è solo un atto di vendetta, ma anche il compimento del fato che impone a Enea di fondare la nuova stirpe romana. La morte di Turno segna la fine di un’era e l’inizio di un nuovo ordine, in cui il volere degli dei e la missione di Enea prevalgono sulle passioni umane e sugli attaccamenti terreni.