La forma corretta prevede di inserire una i tra il gruppo consonantico -sc- e la e, usciere. È però plausibile sorga qualche dubbio su quale sia la giusta grafia poiché l’italiano contemporaneo prevede che la particella -sce- non sia mai interrotta da una i frapposta tra la c e la e. Sono parole come mascella, scena, ruscello e nascere a rappresentare la norma.
Ogni regola, tuttavia, esiste per essere contraddetta: soprattutto nella nostra lingua il numero di eccezioni grammaticali non si conta. È il caso di usciere che – come scie, plurale di scia, scienza, coscienza e derivati – prevede una i apparentemente superflua.
Per ricordarne la giusta grafia possiamo tenere a mente che il termine è derivato di uscio, dal tardo latino ustium, variante di ostium, che vuol dire porta. Come si vede, già gli antichi Romani prevedevano la i, poi mantenuta in usciere.
Contestualizzare la parola in alcuni esempi può essere utile per memorizzarne la grafia.
Esempio 1: L’usciere ha il compito di accogliere il pubblico e indirizzarlo ai funzionari
Esempio 2: L’usciere è una persona addetta alla pulizia e alla vigilanza nei condomini di un certo livello
Esempio 3: Gianmarco ha trovato lavoro come usciere presso uno stabile del quartiere più rinomato della città