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Libri sulla Shoah per bambini di 8 anni - Prima parte

Legame tra passato e presente, senso di responsabilità, fiducia verso il futuro: ecco su cosa riflettere con i libri sulla Shoah per bambini di 8 anni

Elena Arneodo

ESPERTA DI LIBRI

Traduttrice e autrice, editor e copywriter per case editrici, magazine e siti web, specializzata in viaggi e food. Da sempre appassionata di libri di vario genere, dai romanzi della letteratura classica ai best seller, dagli albi illustrati per bambini ai graphic novel, fino ai ricettari e ai fotografici.

Il 27 gennaio di ogni anno si commemora la Giornata della Memoria, celebrazione istituita per rievocare gli orrori dell’Olocausto perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale. Se per gli adulti è un’occasione per fermarsi a riflettere sul passato ma soprattutto per ragionare, proprio grazie al ricordo, sul nostro presente, come dobbiamo comportarci con i più piccoli?

Dopo aver fatto le nostre considerazioni sulle modalità con cui affrontare il tema con i bambini di 5 anni, di 6 anni e di 7 anni, sentiamo l’esigenza di aprire un nuovo tipo di dialogo con i ragazzini di 8 anni – che in parte vale anche per quelli di 9 anni, 10 e 11. A questa età, infatti, sono assodate sia la consapevolezza della profondità storica che le considerazioni che genera il confronto con essa. Non bisogna però dimenticare che il pubblico con cui intendiamo avviare questo dibattito è molto diverso da quello adulto. Il grado di maturità e vulnerabilità è insitamente differente.

Con i ragazzi a partire dagli 8 anni è sì possibile parlare di uno dei più terribili conflitti mai verificatisi, di razzismo, odio e violenza, ma sempre ricordando di scegliere con attenzione le storie da proporre – guardando sia ai contenuti che alle illustrazioni – e di usare la giusta sensibilità nel presentare questi temi.

Perché se è vero che il buio è stata la principale caratteristica dell’Olocausto, è altrettanto vero che non sono mancati esempi luminosi, testimonianze capaci di infondere fiducia verso il futuro, esperienze di amore che hanno tenuta viva la speranza anche nel tunnel più oscuro. E proprio questi vissuti ed esistenze emblematiche ci indicano la via da seguire riconfermando che la responsabilità delle scelte dei più – anche quotidiane – hanno un ruolo fondamentale nell’indirizzare il corso degli eventi. Responsabilità che investono l’essere umano fin dalla tenera età.

Venendo ai titoli, abbiamo deciso di dividere la nostra selezione di libri sulla Shoah per bambini di 8 anni in due capitoli differenti. Essendo l’offerta di contenuti di valore molto ampia iniziamo con un primo elenco di narrazioni che riteniamo significative, nella consapevolezza che si tratta di una scelta del tutto personale e pertanto parziale.

Rosa Bianca, di Roberto Innocenti, La Margherita

Spesso è difficile rispondere alle domande dei giovanissimi rispetto a temi complessi come l’Olocausto. Questo libro sulla Shoah per bambini di 8 anni è un utile strumento per mettere in luce una tremenda realtà che non deve essere taciuta, ma presentata con argomenti e toni appropriati. Il testo e le immagini di Roberto Innocenti danno voce, in modo impeccabile, alla quotidianità vissuta da una bambina di nome Rosa Bianca al tempo della guerra. Come? Narrando le vicende da lei vissute nell’inverno tra il 1944 e il 1945 in una città della Germania dell’Est. Proprio in quella stagione arrivano nella cittadina numerosi camion guidati da soldati in divisa. Rosa Bianca – il cui nome ricorda non a caso il gruppo di resistenza formato da giovani studenti tedeschi – capisce subito che i mezzi che scorrazzano tra le vie nascondono dei ragazzi. Uno di questi veicolo, infatti, si guasta e un bambino che cerca di fuggire viene immediatamente riacciuffato, il tutto sotto gli occhi del Borgomastro che abbozza un sorriso accondiscendente. La piccola spettatrice vuole capire dove siano diretti i prigionieri e, attraversando il bosco, avvista in lontananza un filo spinato che circonda delle baracche. Dentro ci sono molti suoi coetanei. Magri, pallidi, immobili. Da quel momento qualcosa cambia dentro di lei. Per mesi, all’uscita di scuola decide di portare loro la merenda preparata dalla madre, senza farsi vedere da nessuno. Finalmente la guerra finisce e i detenuti superstiti vengono liberati: nella nebbia Rosa Bianca fatica a raggiungere il campo semidistrutto e occupato da soldati armati; in città sopraggiungono delle camionette, questa volta cariche di persone scomparse da tempo. Il realismo con cui sono rappresentate le scene ci riporta in un passato intriso di sofferenza e odio, ma anche di speranza e coraggio.

Rosa Bianca

La storia di Erika, di Ruth Vandez Zee, La Margherita

Un libro sulla Shoah per bambini di 8 anni che affronta il tema dell’importanza di prendere posizione, di scegliere e di agire di fronte alle situazioni, anche le più scomode. Perché sono le azioni della gente comune che possono deviare il corso della Storia con la S maiuscola. La trama riprende una commovente testimonianza affidata da una donna con al collo un ciondolo a sei punte a Ruth Vandez Zee nel 1995, affinché la faccia conoscere al mondo. Tutto inizia con la scrittrice seduta su un muretto nella cittadina tedesca di Rotenburg, intenta ad osservare alcuni netturbini che spazzano le tegole rotte del Municipio, cadute a terra a seguito di una devastante bufera. Un anziano commerciante dice che non aveva mai visto nulla di simile dall’attacco delle truppe alleate. È in quel preciso istante che una signora seduta lì vicino si presenta. Ecco che inizia la sua storia che riassume l’esistenza di una sopravvissuta dall’identità frammentata. La donna è nata intorno al 1944, ma non conosce con precisione il giorno, così come non sa quale sia il suo nome, se abbia fratelli o sorelle, chi siano i suoi veri genitori. Sono lacune che cerca di colmare con l’immaginazione: si figura i genitori che da un ghetto infestato da fame e tifo, al madre e il padre vengono ammassati come bestie su carri merci per un viaggio da cui nessuno farà ritorno; sente sulla pelle la loro stanchezza, il fetore, la paura, le grida e i pianti che ammorbano l’aria livida del vagone; suppone quali siano state le parole di incoraggiamento del padre, i baci e le preghiere di sua madre; e si vede gettata da un piccolo finestrino su un manto erboso, all’altezza di un passaggio a livello. Un istante casuale, un luogo fortuito. Fortunato. Perché lì, vicino alla sbarra pronta ad alzarsi, c’è la donna che deciderà di prendersi cura di lei. Questa emozionante narrazione è la storia dell’ultimo atto d’amore di una madre che scaraventa la sua piccola dentro la vita durante il suo ultimo viaggio, quello verso la morte, di una mamma che dal buio del tunnel permette a sua figlia di conoscere la luce. E di ricominciare. Un racconto semplicemente struggente.

La storia di Erika

La bambina del treno, di Lorenza Farina, Paoline Editoriale Libri

Questo libro sulla Shoah per bambini di 8 anni unisce due storie che si intrecciano passandosi il testimone a metà della narrazione. La prima è quella di Anna, una bambina in viaggio verso Auschwitz; la seconda è quella di Jarek, un bambino tedesco che vuole conoscere la verità su quei treni che ogni giorno sfrecciano vicino a casa sua. Procediamo con ordine. Il racconto inizia con la partenza della piccola ebrea ferma in stazione, circondata da altre persone che come lei portano una stella gialla a sei punte sul petto. Il padre viene allontanato con la forza e lei rimane con la madre, prima di essere spinta con violenza su un carro bestiame, sprangato dall’esterno. Il vagone è molto affollato. Luce e aria filtrano da una piccola fessura situata in alto, chiusa con una grata metallica. Vicino ad Anna siede un uomo anziano, dalla lunga barba bianca, che le offre un tozzo di pane vedendola affamata. Poi tutto diventa buio ed Anna ha paura. Il vecchio, dopo aver acceso un mozzicone di candela che aveva in tasca, le racconta di quando Pinocchio finì nella pancia della balena. Così, la piccola si addormenta, ma ha un incubo: sogna di trovarsi nella pancia di un grande cetaceo che invece dell’acqua sputa dal foro che ha sulla schiena un fumo nero come la pece. Il giorno successivo scorge dal piccolo finestrino i campi e i prati, immersi in una pace surreale. Sembra impossibile, in quella tranquillità, che imperversi la guerra. Scorge poi tra i fili d’erba un bambino biondo. I loro sguardi si incrociano e Anna lo saluta. È a questo punto che le due storie si agganciano l’una all’altra. Ora è il momento di Jareck, un bambino curioso che corre ogni giorno a vedere i treni che passano, nonostante i divieti della madre e la paura che lo pervade. La necessità di conoscere la verità, tuttavia, è più forte e vince i suoi timori. Vorrebbe capire che cosa sta succedendo, ma nessuno gli dice niente. Ascolta allora di nascosto i discorsi dei grandi. È quando vede Anna, però, che tutto si chiarisce nella sua testa. Ha subito un’apparizione, una specie di sogno in cui vede la tristezza opprimente che regna in un campo di concentramento: tante casette circondate da un filo spinato, un camino che fuma, uomini scheletrici con abiti a righe, soldati con i cani a guinzaglio. Allora chiude gli occhi, perché non riesce a visualizzare la fine di quella triste storia. Rimane in lui la speranza di incontrare di nuovo, un giorno, quella bambina dai grandi occhi che gli aveva regalato un saluto. Ci troviamo di fronte a una storia di due ragazzini che avrebbero potuto vivere un’infanzia simile – i bambini sono bambini, indipendentemente dall’etnia, dalla religione, dalla cultura a cui appartengono – e che invece hanno avuto percorsi tra loro molto diversi.

La bambina del treno

Otto, autobiografia di un orsacchiotto, di Tomi Ungerer, Mondadori

Questa storia sulla Shoah per bambini di 8 anni è narrata da un punto di vista diverso dal solito: quello di un orsacchiotto cucito da una donna in una piccola fabbrica tedesca. Il pupazzo è stato poi impacchettato e avvolto nella carta velina per giungere tra le mani di Davide in occasione del suo compleanno. Con il suo migliore amico Oscar, il bambino decide di dare un nome al suo nuovo amico di pezza: Otto. Il trio trascorre le giornate insieme divertendosi, finché Davide non viene portato via dai soldati perché ebreo e Oscar finisce travolto dalla guerra. I bombardamenti imperversano e Otto rimane solo, abbandonato tra le macerie. Finalmente qualcuno che lo prende tra le sue braccia, ma subito viene colpito alla schiena. Cosa è successo? Un proiettile lo ha trafitto, ma ha salvato la vita al soldato Charlie che lo aveva raccolto da terra. I due, dopo essere stati curati, guariscono e volano in America. Le traversie di Otto, tuttavia, non sono finite: se in un primo momento viene affidato alla figlia del soldato statunitense, poi finisce nelle mani di una banda di ragazzacci che lo maltratta, facendolo finire nella spazzatura. Per fortuna una donna lo raccoglie e lo porta da un rigattiere, che lo trasforma in un pezzo da collezione. È allora che succede qualcosa di assolutamente straordinario. Un signore lo vede in vetrina e corre a comprarlo: è Oscar. La storia finisce su tutti i giornali ed ecco che sopraggiunge un secondo colpo di scena: Davide legge quanto accaduto e corre subito dal suo amico d’infanzia. I due uomini, ormai anziani, sono gli unici sopravvissuti delle loro famiglie e decidono di non separarsi più. Ecco infine la vita come deve essere: pacifica e normale.

Otto, autobiografia di un orsacchiotto

Il volo di Sara, di Lorenza Farina, Fatatrac

Sulla copertina di questo commovente albo illustrato sulla Shoah per bambini di 8 anni è rappresentato il luogo in cui è ambientata l’intera storia: un campo di concentramento circondato da un invalicabile filo spinato. In basso compare anche un pettirosso, che racchiude in sé la metafora dell’intero racconto e funge da voce narrante. Il punto di vista scelto per questa storia, raccontata con delicata crudezza ed estremo realismo, è il suo. L’uccellino descrive uomini scheletrici, fango e sudiciume, fetore e guardie armate, oltre ad un treno da cui scendono centinaia di ebrei. Sono donne, bambini e anziani, tutti ugualmente terrorizzati. In quella folla, il piccolo volatile scorge una bambina. È catturato dai suoi grandi occhioni, dai capelli raccolti con un nastro azzurro e dall’abito celeste cucito dalla madre. I due si osservano a vicenda, quando la mamma viene portata via con violenza. È in quel momento che il pettirosso decide di farle da madre e da padre. Non la abbandona quando viene rasata, spogliata e vestita con una casacca a righe, e nemmeno quando la cacciano in una scomoda cuccetta con altri bambini impauriti come lei. Ogni sera, nell’oscurità, l’uccellino intrattiene con la piccola amabili conversazioni fatte di cinguettii indecifrabili. Ogni giorno raccoglie scarti di cibo che la nutrano. Una mattina, però, la vede incolonnata in una lunga fila che porta a un edificio con un camino fumante. Dopo un ultimo cinguettio, il pettirosso decide di offrirle le sue ali affinché fugga da quell’orribile luogo. Ora finalmente la vede volare circondata da centinaia di passeri e merli che spariscono tra le nuvole. Pochissimi i colori utilizzati: oltre al rosso del petto dell’uccellino e all’azzurro del nastro della bambina tutto è cinereo, livido, fosco, a tratti cupo. Un’atmosfera sospesa e irreale, in cui il tempo sparisce nella nebbia perché ogni giorno è uguale all’altro, ogni elemento perde i suoi contorni e la sua identità. Di grande impatto il finale quasi onirico che può avere una doppia lettura: una realistica, l’altra di speranza.

Il volo di Sara

Per chi fosse interessato a continuare questo viaggio letterario tra i libri sulla Shoah per bambini di 8 anni è qui disponibile la seconda parte del nostro percorso.

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