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Cosa significa e quando si usa "cringiare"?

Cosa significano "cringe" e "cringiare" e come si usano correttamente, al modo della Gen Z

Luca Incoronato

GIORNALISTA PUBBLICISTA E COPYWRITER

Giornalista pubblicista ed esperto Copywriter, amante della scrittura in tutti i suoi aspetti. Curioso per natura, adoro scoprire cose nuove e sperimentarle in prima persona. Non mi fermo mai alle apparenze, così come alla prima risposta, nel lavoro come nella vita.

Per non aver mai sentito utilizzare il termine "cringe" o la sua forma declinata "cringiare", occorre aver del tutto rinunciato, o quasi, al mondo del web. Si può dire come ormai da tempo faccia parte, infatti, della cultura giovanile, che ancora una volta trae spunto a piene mani dallo slang americano.

Una parola che ha spinto anche l’intervento dell’Accademia della Crusca, considerando la sua ampia diffusione nell’italiano quotidiano, parlato e scritto. Nel vocabolario inglese "cringe" è ormai in uso da circa 20 anni. La massa ha iniziato a farlo proprio, tra Millennials, Gen Z e Gen Alpha, soprattutto grazie ai social network. Il termine rappresenta infatti uno dei commenti più abusati a video e foto online.

Cringe: origini

Interessante scoprire come la grande popolarità di "cringe" abbia portato uno stravolgimento anche nella lingua inglese. Viene di fatto utilizzato come aggettivo, proprio come accade principalmente in italiano. Sarebbe però un verbo, almeno in origine. Dal punto di vista etimologico, le origini affondano le radici nelle lingue germaniche. Percorso simile a quello di "krank", che in tedesco vuol dire malato.

Se andiamo molto indietro nel tempo, scopriamo come in antichità si utilizzava il verbo "cringe" per indicare il cadere in battaglia, letteralmente il piegarsi o il cadere. In seguito ha ricevuto una connotazione leggermente differente. Secondo la casa editrice Oxford Languages, che pubblica l’Oxford English Dictionary, il senso è piegare la testa, o l’intero corpo, perché in preda alla paura o alla preoccupazione o, in alternativa, in un atteggiamento servile.

Nel tempo, però, le cose sono cambiate radicalmente. Seppur con una vaga derivazione dal significato originale, oggi il senso generalmente accettato è quello di sperimentare una sorta di imbarazzo o disgusto, scatenato da elementi esterni. Sono però principalmente diffusi gli aggettivi, come "cringey", che però in italiano non hanno alcuna presenza. Si usa infatti unicamente in questa forma, descrivendo così quella sensazione scaturita da una frase o un gesto altrui, così come una foto, un video o una situazione particolare.

Per spiegare meglio la connessione tra il senso originale del verbo e quello utilizzato oggi, basta far notare una correlazione fisica. Quel piegare la testa o il corpo, di cui sopra, viene richiamato in qualche modo da quelle smorfie e contrazioni che compiamo quando reagiamo d’istinto con forte imbarazzo.

Inglesismo utile

Assistiamo a contaminazioni quotidiane della nostra lingua, principalmente dall’inglese. Qualcosa che non è affatto recente, anzi. Tanto l’italiano quanto i nostri dialetti sono arricchiti da prestiti esteri. A ciò si aggiungono poi quei termini inglesi appartenenti al mondo della tecnologia, che risultano non traducibili, come mouse.

Interessante l’analisi della linguista Licia Corbolante, che ha descritto "cringe" come un anglicismo utile, sul suo blog Terminologia. L’utilità è data dal fatto che nessun’altra parola italiana è in grado di restituire tutte le sfumature di significato di questo prestito. Possiamo ovviamente descrivere il tutto in maniera dettagliata, ma non disponiamo di una singola parola che possa riassumere il tutto e portare nella mente di chi ascolta quel preciso bagaglio di sensazioni e, in questo caso, disagio fisico.

Cos’è la cringe comedy

Il senso di vergogna e imbarazzo delineato dal termine "cringe" è qualcosa di non scaturito da un’azione propria. Non ci si sente imbarazzati da una situazione che abbiamo contribuito a creare. Ciò che proviamo è derivato dalle azioni di altri. Per questo motivo si presta perfettamente a descrivere cosa si percepisce dopo la fruizione di determinati video o foto.

In inglese si parla proprio di cringe comedy, così da descrivere determinate produzioni comiche demenziali, che puntano proprio su quella sensazione costante di imbarazzo. Scene che non generano altro che sguardi un po’ persi nel vuoto e occhi sgranati, lasciando lo spettatore incredulo e incapace di comprendere come sia possibile che qualcuno abbia davvero fatto o detto quella cosa.

Cringe: come lo usano i giovani

In Italia vi sono principalmente due accezioni per l’uso di cringe. La prima è decisamente negativa, e può essere adottata, ad esempio, per descrivere il disperato tentativo di un soggetto appartenente a una data generazione, di comportarsi come chi ha 15-20 o più anni in meno.

Un certo modo di fare o parlare, in relazione a una persona che deve studiare per comportarsi così, è decisamente "cringe". Non manca però una vaga accezione positiva. Ripensando ai film, Fantozzi fa "cringiare", ma il giudizio è positivo. Discorso identico per film come Borat, decisamente più moderni e appartenenti in pieno alla cringe comedy.

Proviamo, ora, a fare un esempio di vita quotidiana. In casa vi sono figli appartenenti alla Gen Z o Gen Alpha. Sono molto giovani e hanno un buon rapporto con i genitori. Il padre o la madre decidono di raccontare una barzelletta, o semplicemente fare una battuta. Sia per le capacità comiche che per la differenza d’età, l’impatto non è esilarante. Qualcuno potrebbe iniziare a pronunciare questa parola, con un mezzo sorriso sulle labbra, il che è l’equivalente di un "ti voglio bene, questa battuta era tenera per una della tua età, ti prego non farlo più". In pratica quel genere di accondiscendenza che i genitori subiscono molto spesso dai figli.

L’Accademia della Crusca: cringe è italiano

Vi sono tanti termini che le nuove generazioni usano con serenità, quotidianamente, mentre tutti gli altri ignorano di cosa stiano parlando. Una forma di comunicazione che trae sempre più spunto dal web, considerando come abbiamo giovani che sono nati e cresciuti in un mondo modellato da internet. Tantissimi non hanno mai conosciuto una società le cui regole non fossero dettate dalla navigazione web. La distanza è ovvia e richiede uno sforzo da parte dei "boomer", intesi in questo caso come tutti coloro più grandi, comprendendo anche Gen Z e Millennial.

Non si possono di certo accogliere tutti i termini possibili e immaginabili, anche perché spesso la loro vita è molto breve. Come abbiamo dimostrato, però, "cringe" è diverso dalla massa dei neologismi adoperati costantemente. Se ne è accorta anche l’Accademia della Crusca, che ha deciso di aggiungerla all’elenco delle parole nuove.

Si tratta di una raccolta di quei termini di uso recente, utilizzati da un numero così vasto di persone da meritare il diritto d’essere spiegate ad altri soggetti. In pratica si prevede che "cringe" sia qui per restare, tanto sul web che nella vita reale. Secondo l’analisi condotta, l’affermazione del termine risale al 2020, in Italia ovviamente. Significa imbarazzante, come aggettivo, ma vanta una particolare accezione. Qualcosa definibile "cringe" deve infatti tanto imbarazzare quanto generare disagio in chi osserva o ascolta. Per un adolescente d’oggi potrebbe esserlo anche questo articolo, considerando come rappresenti uno sforzo per spingere altri a parlare una lingua che vorrebbero restasse soltanto loro.

Mini vocabolario Gen Z

Ogni genitore vorrebbe possedere un traduttore simultaneo per comprendere al meglio le espressioni dei propri figli. Conoscere l’inglese aiuta non poco in tal senso, anche se spesso i neologismi traggono ispirazione dallo slang americano, il che richiederebbe un costante aggiornamento, magari attraverso serie TV e film, spesso adolescenziali. Proviamo quindi a riassumere alcune espressioni, tra le più utilizzate e soprattutto meno comprensibili a determinate generazioni.

Abbiamo già citato i "boomer", che dovrebbero essere coloro nati durante il boom economico del Dopoguerra. Da tempo, però, i giovanissmi definiscono in questo modo tutti gli adulti che faticano a comprendere il loro mondo. "Ok boomer" è in tal senso un modo per concludere rapidamente una discussione, considerando come il divario linguistico e sociale risulta troppo ampio per trovare un terreno d’incontro. "Snitch" è invece un riferimento a chi fa la spia. Un amico che ha rivelato i propri segreti ad altri ha "snitchato" o "snicciato". Anche stavolta l’origine è inglese, dal verbo "to snitch", che vuol dire proprio fare la spia. La trasposizione, in questo caso, è perfetta, con tanto di declinazione verbale, come per "cringe".

Un po’ più difficile, invece, la comprensione di "shippare". Proviene, infatti, dall’abbreviazione di "relationship", ovvero relazione, quasi sempre amorosa. L’uso che se ne fa è rivolto ad altre persone. "Shippare" qualcuno vuol dire vederli bene insieme. Un po’ come quando nelle serie TV, film o romanzi si vorrebbe tanto che due personaggi finissero con il diventare una coppia. Da questo concetto è facile collegarci a "crush", che non vuol dire schiacciare, come in inglese, bensì cotta. Si può utilizzare sia come oggetto, nel senso di avere una "crush" per qualcuno, ma questa modalità è ormai passata di moda. Oggi, generalmente, si mira direttamente a descrivere l’altro o l’altra, verso cui si prova interesse o attrazione, come "crush". Un esempio per rendere tutto più chiaro: "crush oggi mi ha scritto".

Altro termine molto in voga, ormai da tempo, deriva da "trigger", che sta per grilletto. Viene usato unicamente come verbo: "triggerare" o "triggerato". Si fa riferimento, in questo caso, alle sensazioni percepite dopo una provocazione ricevuta. Le parole di quella persona "mi hanno triggerato". Si percepisce, così, un forte senso di fastidio e disturbo. Vi sono poi quei termini che derivano dal mondo dei videogame. Meriterebbero un discorso a parte, quindi ne citiamo soltanto alcuni. Il vecchio "gg", ormai usato quasi soltanto su Rocket League, vuol dire "good game", ovvero bella partita. Abbiamo poi "droppare", che in inglese, "to drop", vuol dire far cadere. Il senso è quasi lo stesso nel mondo dei giochi, ma assume un’accezione differente. Ciò che viene "droppato" dai nemici, che siano altri giocatori o gestiti dall’intelligenza artificiale di sistema, è un tesoro recuperabile e in seguito utilizzabile. "Droppare" vuol dire però anche abbandonare. Si usa quindi per indicare chi ha lasciato una partita ma anche nella vita reale comunemente. L’ultimo è proprio "gamer", appena citato, che è un sinonimo di videogiocatore, da usare tanto per chi occasionali, che per chi lo fa per lavoro.

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