Crush cosa significa Fonte foto: 123RF
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Cosa significa e quando si usa il termine "crush"?

Cosa significa "crush" e come si usa questo termine? Conosciamo meglio il linguaggio della Gen Z

Luca Incoronato

Luca Incoronato

GIORNALISTA PUBBLICISTA E COPYWRITER

Giornalista pubblicista ed esperto Copywriter, amante della scrittura in tutti i suoi aspetti. Curioso per natura, adoro scoprire cose nuove e sperimentarle in prima persona. Non mi fermo mai alle apparenze, così come alla prima risposta, nel lavoro come nella vita.

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L’inglese confluisce sempre più nell’italiano colloquiale, così come in quello lavorativo. Le porte sono state aperte dalla terminologia informatica, che ci ha portato parole difficilmente traducibili. Basti pensare a mouse, così come email, che si può in realtà riproporre come posta elettronica ma risulterebbe decisamente meno diretto. Il trascorrere degli anni ha reso questo foro nella diga della nostra lingua una vera e propria voragine. L’uso diffuso del termine crush ne è un chiaro esempio. Sapete cosa vuol dire? In che contesto si usa? Continuate a leggere per addentrarvi nel mondo del linguaggio della Gen Z.

Crush: cosa significa

Girovagando per il web è molto facile imbattersi in post che presentano la dicitura crush. Il termine è inglese e, volendone fornire una traduzione letterale, vuol dire schiacciare o frantumare. Il senso della parola, nella lingua madre, cambia a seconda del contesto. Se "I want to crush you" si traduce in voglio distruggerti, "I have a crush on you" significa ho una cotta per te.

Un termine molto comune che in precedenza assumeva un senso romantico solo all’interno di una data frase. È poi entrato a far parte dello slang, con i parlanti più giovani che ne hanno fatto un uso prevalentemente isolato. Se dire a qualcuno d’avere una "cotta" per lui appartiene a un vocabolario un po’ datato, relegato a certi doppiaggi cinematografici o televisivi, lo stesso vale per la frase completa "I have a crush on you". La singola parola trova però ampio spazio.

In molti video su TikTok e Instagram vi sono testi incollati che descrivono dialoghi in cui l’altra persona è semplicemente indicata come "my crush". Questa versione è stata traslata in toto in italiano, principalmente grazie al mondo degli show per il piccolo schermo. Si ha quindi una crush per qualcuno con il quale non si ha ancora una relazione. Generalmente si tratta di una cotta non confessata o magari impossibile da concretizzare, come quella per una star del cinema.

Come usare la parola crush

Il mondo del web ci richiede d’essere veloci nel modo di esprimerci. Se le foto online sono statiche, i video su Instagram e TikTok hanno dei tempi stabiliti da rispettare. Per questo e altri motivi continua a proliferare la necessità di rendere quanto più sintetico il proprio parlato, così da arrivare dritto al punto. Una caratteristica social che è ormai divenuta abitudine costante anche nel parlato quotidiano (nel mondo reale). Occorre tener viva l’attenzione dell’interlocutore, sfruttando termini brevi che possano riassumere concetti più ampi. Crush ne è l’esempio perfetto.

In rete è possibile trovare una variante, celebrity crush, che fa riferimento a una cotta per un personaggio famoso. Si tratta però principalmente di una precisazione da articolo di giornale o post esplicativo. Difficile riscontrarne un uso colloquiale tra ragazzi. Di seguito alcuni esempi pratici:

  • Ho una crush per il mio migliore amico
  • Ho sempre avuto una crush per Henry Cavill
  • La mia crush mi ha finalmente risposto – Questa versione merita un’ulteriore analisi. Abbiamo infatti sottolineato l’importanza di un parlato rapido e sintetico. Per questo motivo è più facile sentir dire ai giovani della Gen Z "crush mi ha finalmente scritto". Quel "la mia" diventa parte di un costrutto sintattico superfluo

Il linguaggio dei giovani

La comprensione del linguaggio giovanile è sempre complessa. Il salto del lessico tra una generazione e l’altra è spesso causa di confusione nei parlanti più maturi. La tendenza è sempre quella di semplificare il modo in cui ci si esprime. A un minor numero di parole si lega però un immaginario fatto di schemi ben precisi e noto ai ragazzi che ne fanno uso. La Gen Z ha segnato un netto solco con i Millennials in termini comunicativi, influenzando anche la Generazione Alpha (nati dopo il 2012), che nei prossimi 5-10 anni definirà il proprio gergo.

È evidente come la diffusione dell’inglese nelle nostre vite sia una costante per questi ragazzi fin dalla loro nascita. Chi è venuto al mondo nel secolo scorso non può comprendere istintivamente il mondo di pensare e comunicare di chi non ha mai conosciuto una società senza YouTube e Facebook. Parlandi alle porte dell’adolescenza che hanno gli stessi anni, o quasi, di Instagram. È inevitabile come i contenuti provenienti dal mondo esterno ai confini italiani, soprattutto americani, abbiano avuto un impatto gigantesco.

Tutto ciò che genitori, zii, nonni e anche fratelli e sorelle possono fare è studiare almeno un po’ e afferrare le basi di un vocabolario che non è il loro. Per evitare di dover apprendere tutto a memoria, forzandolo nella propria mente, sarebbe comodo sfoderare un po’ delle proprie conoscenze d’inglese. La maggior parte dei termini di seguito proposti sono infatti veri e propri prestiti, italianizzazioni o abbreviazioni di vocaboli made in USA.

Il vocabolario della Gen Z

  • Bae: termine che richiede alcune precisazioni. Riguarda soprattutto il mondo scritto, quello delle chat, rispetto al parlato. Può essere inteso come l’abbreviazione di "before anyone else", ovvero prima di chiunque altro. Un nomignolo da usare in riferimento a qualcuno ritenuto molto caro, insostituibile nella nostra vita, ma esterno alla propria famiglia. Va di fatto a sostituire l’acronimo "bff", che sta per best friend forever, ovvero migliori amici/amiche per sempre. Può essere inoltre utilizzato come diminutivo di "baby" o "babe", in riferimento alla propria metà;
  • Bando: potreste aver sentito l’omonima canzone di Anna, senza comprendere di che cosa parlasse. Anche in questo caso tocca fare riferimento all’inglese. È un’abbreviazione di "abandoned", abbandonato. Ci si riferisce in questo caso alla periferia, ovvero a quei luoghi marginali e spesso ignorati da tutto e tutti;
  • Bannare: rientra nell’elenco dei termini dell’inglese italianizzato. Un adattamento del termine "ban", espellere, frutto del gergo di internet. Si tratta della punizione destinata agli utenti che violano le regole di condotta di determinati siti;
  • Blastare: dall’inglese "to blast", sparare, nel mondo dei videogiochi sta a indicare l’annientamento di un nemico. Traslando il tutto, viene utilizzato per evidenziare il successo in una discussione, online o dal vivo. In questo caso l’altra persona è stata blastata;
  • Boomer: a voler essere precisi, la parola si riferisce a tutti i nati durante il boom economico avvenuto nel Dopoguerra. Nel mirino vi è una generazione specifica, quindi, identificata generalmente come poco incline all’uso della tecnologia. La Gen Z sfrutta la frase "ok boomer" ormai per rivolgersi in maniera provocatoria a tutte le figure adulte;
  • Cringe: la traduzione letterale sarebbe indietreggiare per il disgusto. Da qui l’uso per evidenziare un comportamento o una situazione fortemente imbarazzanti. In generale qualsiasi comportamento inopportuno può essere cringe;
  • Chill: in inglese come in italiano, si usa per indicare calma, che sia un consiglio verso altri o uno stato della propria mente. Essere in chill vuol dire godere di un po’ di relax;
  • Flexare: dall’inglese flex, che vuol dire flettere. Farebbe riferimento in particolare ai muscoli tesi ma in italiano mira a intendere ogni atteggiamento atto a vantarsi di qualcosa, che siano oggetti o qualità;
  • Hype: nel marketing lo si usa in riferimento a strategie che mirano a creare grandi aspettative. Per questo stare in hype vuol dire essere in trepidante attesa per un evento;
  • Shippare: fa riferimento all’abbreviazione di relationship, ovvero relazione. Ciò che resta è "ship", italianizzato in shippare. Viene inteso come desiderio di vedere qualcuno dare inizio a una storia d’amore, che si tratti di conoscenti reali o personaggi del mondo dello spettacolo (anche immaginari di serie TV, film o libri);
  • Skippare: "skip" vuol dire saltare e viene usato per intendere l’evitare qualcosa. Basti pensare alle sigle delle produzioni sui siti streaming o YouTube. Quasi tutti "skippano" le sigle e chiunque lo fa con le pubblicità. Nella vita quotidiana, però, lo si usa anche per indicare situazioni che si intende evitare a ogni costo;
  • Spoilerare: "spoil" vuol dire guastare e così l’italianizzazione ne ha fatto un verbo per indicare un evento rovinato. Nello specifico parliamo di anticipazioni succose di film, serie TV, libri o semplici racconti in comitiva;
  • Stalkerizzare: se per "stalking" si intende un atteggiamento molesto e penalmente rilevante, nel parlato quotidiano i giovani usano stalkerizzare per riferirsi a chi mira a interessarsi eccessivamente del proprio privato, magari "spiando" sui social ogni mossa dell’altro;
  • Stonks: utilizzato più nei meme online, ovvero nelle immagini virali e ironiche diffuse sul web, che nella vita comune. È una storpiatura di "stocks", termina finanziario che indica gli strumenti scambiati in Borsa. Nello slang evidenza qualcosa andato per il verso giusto;
  • Swag: in inglese può tradursi con bottino, ovvero denaro. Soldi che consentono di permetterti un certo stile, ed ecco che per "avere swag" si intende un complimento sul look sfoggiato e, indirettamente, sullo stile di vita condotto;
  • Triggerare: "trigger" sta per innesco e nella traduzione italiana i ragazzi propongono questo neologismo per indicare l’innescare di una discussione, spesso violenta. Mi stai triggerando vuol dire toccare punti sensibili al fine di far arrabbiare qualcuno;
  • Trollare: se nell’antichità il troll era una figura appartenente al folklore nordico, nel mondo del web si è trasformato in un personaggio, spesso senza volto e nome (almeno non quelli reali), che mira a innescare discussioni (o flame) online. Nella vita quotidiana essere un troll o trollare vuol dire proprio innescare conversazioni con l’intento di prendere in giro l’altro o provocarlo.