Salta al contenuto

Nietzsche: biografia e pensiero del filosofo tedesco

Tutto sulla vita dell'aforista, poeta, saggista e compositore teutonico

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

La biografia

Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Rocken, vicino Lipsia, nel 1844, in una famiglia rigidamente osservante del culto protestante. A soli cinque anni perde il padre; da quel momento, vivrà con la madre e la sorella in una perenne situazione di conflittualità familiare.
Nietzsche fu, sin da giovane, palesa un innato amore per la conoscenza, supportato da una dedizione fervida e da una spiccata curiosità: si mostra uno studioso dalle grandi capacità analitiche a prescindere dalla disciplina che approfondisce.
A soli ventiquattro anni diventa Professore di lingua e letteratura greca presso l’Università svizzera di Basilea, ma la sua salute comincia ad apparire compromessa e, colpito da violenti attacchi di emicrania e crescenti disturbi alla vista, deve lasciare l’ateneo; inizia così una serie di sopralluoghi per le città della Francia, della Svizzera e dell’Italia, cercando una stabilità emotiva e un benessere fisico che non riuscirà mai del tutto a ottenere.
A quarant’anni si innamora della giovane Lou Salomè, russa, molto più giovane di lui; per il filosofo dovrà essere indiscutibilmente lei la sua compagna di vita ma la ragazza si rifiuta di sposarlo, lasciandolo in preda ad un sempre più acuto stato di abbattimento e prostrazione.

La malattia

Sul fronte culturale, in fase matura pubblica a sue spese i suoi ultimi lavori e si trasferisce per un periodo a Torino, dove viene assalito da un disagio psichico evidente. Viene allora portato da un amico in un sanatorio per malattie nervose in Svizzera e, ormai degenerato il suo stato in follia vera e propria, passa ultimi anni della sua esistenza con la sorella.
Muore a Weimar nel 1900, proprio nel periodo in cui la fama dei suoi scritti comincia a crescere sempre più e a diffondersi a macchia d’olio negli ambienti culturali.
Oltre alle ricorrenti emicranie, già all’età di trentaquattro anni è praticamente cieco dall’occhio destro.
Le diagnosi successive evidenziano una paralisi progressiva, uno degli stadi di una probabile sifilide; in base a studi più recenti prenderà poi corpo una versione diversa, che fa ipotizzare una sindrome neurologica o un meningioma.
Una serie di terapie con azione combinata di calmanti e sonniferi allevia i disagi psichici del filosofo, ma lo relega a un costante stato di stordimento, al quale segue una fisiologica debilitazione fisica che lo rende progressivamente più debole e aggredibile da vari altri malanni.
Sua mamma lo preleva e lo porta con sé a Naumburg ma alla morte della donna, nel 1897, come abbiamo già indicato sarà la sorella Elisabeth a occuparsi di lui per gli ultimi tre anni di vita, portandolo a Weimar per poterlo seguire ma soprattutto diventando l’unica curatrice delle sue opere. Questo è un passaggio importante per la fama di Nietzsche ma anche per il travisamento del suo messaggio filosofico nella prima metà del Novecento: Elisabeth era stata sposata con Bernhard Förster, un fanatico nazionalista e insegnante morto suicida nel 1889, che l’aveva plagiata con le sue convinzioni. La donna manipola a suo piacimento gli scritti del fratello, dando loro un’impostazione nazionalista, imperialista e venata da un pregiudizio antisemita.

La predilezione per Torino e l’acuirsi del disagio

Durante la sua permanenza a Torino, durata poco più di un anno, Nietzsche rimane estasiato dalla città, a tal punto da dedicarle frasi come queste: “Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica” e ancora “Torino non è un luogo che si abbandona”. L’ultimo periodo torinese, però, è caratterizzato dal collasso mentale del filosofo: si racconta che un giorno, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare e prendere a calci il suo cavallo. Il filosofo, piangendo, corse incontro all’animale e iniziò ad abbracciarlo e baciarlo. Fu così accompagnato nella sua stanza mentre urlava di essere “Dioniso” e “Gesù Crocifisso”. Non si sa se la storia corrisponda a verità, ma è certo che quello stesso giorno Nietzsche svenne in una piazza della città e iniziò a scrivere lettere esaltate (i cosiddetti “biglietti della pazzia”) indirizzate ad amici, uomini di Stato e membri di case regnanti. L’episodio del cavallo ha ispirato anche il regista Bela Tarr che col suo film, “Il cavallo di Torino”, è stato premiato al Festival di Berlino nel 2011.

I punti cardini delle filosofia di Nietzsche

Dio è morto

La idea fondante di Nietzsche, – che, attenzione, non è il principio fondamentale – è l’assoluto ateismo. Per lui “Dio è morto”: l’uomo è l’unico artefice e responsabile delle proprie scelte, in nome del Libero Arbitrio che egli può usare a proprio volontà e senza sottostare ad alcuna norma dettata dalla morale. In questo modo Nietzsche cerca di mettere l’Uomo al centro di ogni cosa, contrapponendosi così a qualsiasi precetto religioso, a cominciare dai principi del Cristianesimo, nei quali individua solamente delle norme per i deboli di spirito. Dio è morto e, dunque, ognuno può agire liberamente e senza temere.

La Volontà è Potenza

La Volontà di Potenza è un concetto enunciato nella seconda parte del libro “Così parlò Zarathustra“. Per il filosofo tedesco si tratta di una Volontà che alimenta se stessa; un concetto che tende al continuo rinnovamento dei propri valori di base. La Volontà di Potenza esemplifica un rinnovamento completo, l’ergersi su tutti i concetti e sulle norme preesistenti; sviluppare continuamente il proprio punto di vista rifiutando le verità cosiddette rivelate o definitiva dei culti religiosi e dei precostituiti principi filosofici.

Oltre-uomo

Siamo qui al punto nodale è più conosciuto del suo pensiero.
L’elemento di base della filosofia di Nietzsche è sicuramente quello del “Superuomo”, concetto per cui egli è conosciuto e studiato nelle scuole di tutto il mondo e che attualmente lo rappresenta più degli altri. Bisogna però fare attenzione e sgombrare il campo dalle interpretazioni fallaci e ideologicamente orientate.
Si tratta di una entità metaforica che non dev’essere confusa con l’Übermensch (Superuomo) di fosca memoria htleriana. Per Nietzsche, bisogna arrivare a essere un “Oltre-uomo” in quanto egli propaganda il superamento delle catene religiose e dei valori morali, etici e sociali dettati dall’epoca e dallo spirito della filosofia di Socrate – da lui considerato un debole – seguendo i dettami dello spirito dionisiaco.
Ben diverso, per quanto interpretabile in diversi modi, è dunque questa teoria rispetto alle forzature e agli adattamenti del Nazionalsocialismo.

Eterno ritorno

Da alcuni definito come “l’elemento più profondo della filosofia di Nietzsche “, con questo pensiero il filosofo cerca di definire la ciclicità del tempo. Concetto
non inedito e già presente, per esempio, nelle teorie di Giambattista Vico. Tutto ciò che è già avvenuto, avverrà dunque di nuovo. L’Universo nasce, muore, rinasce e di nuovo si esaurisce in un ciclo infinito, ma comunque regolato da precise fasi temporali. Attualmente non è il pensiero di Nietzsche più studiato e si tratta di quel che a tutti gli effetti si può considerare come una teoria. Ciononostante, è innegabile che costituisca il fondamento più profondo di tutto il pensiero del filosofo tedesco.

Nichilismo attivo

Se Dio è morto, cadono i termini di paragone necessari dettare precetti o regole al nostro vivere. L’esistenza non ha più uno scopo certo. Da qui scaturisce il nichilismo. Con un distinguo originale: mentre il nichilista “passivo” non può individuare una valida meta della vita, per il nichilista “attivo” tale obiettivo è individuabile nell’elevazione progressiva dello spirito. Secondo Nietzsche, il nichilismo è un dato di fatto, ma l’esistenza è indirizzata verso il progressivo e incessante miglioramento della propria condizione spirituale. Difficile non individuare, almeno in parte, i principi che ispirarono il concetto del Pessimismo eroico nell’ultima fase di Giacomo Leopardi. Questo obiettivo può essere quindi raggiunto attraverso l’elevazione della Volontà, concepita come entità salvifica, ma anche per mezzo di altri strumenti che nobilitano l’animo umano, come l’Arte.