Il Neokantismo tra Ottocento e Novecento
Nel panorama filosofico tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, si afferma un movimento che si presenta come un ritorno critico e sistematico al pensiero di Immanuel Kant: il Neokantismo. Questa corrente, lungi dal riproporre in modo dogmatico la filosofia kantiana, si configura come una rilettura e riformulazione dei temi centrali del criticismo, adeguandoli alle nuove esigenze culturali, scientifiche ed epistemologiche dell’età moderna.
Il Neokantismo nasce in Germania e si diffonde progressivamente in tutta Europa, diventando per un periodo la corrente dominante nella filosofia accademica. Il suo principale intento è quello di offrire una fondazione epistemologica solida alla scienza e alla conoscenza, in un’epoca in cui i rapidi sviluppi delle discipline scientifiche sembrano mettere in discussione le categorie tradizionali della filosofia. A ciò si aggiunge l’urgenza di contrastare le derive positivistiche e materialistiche, recuperando l’idea di una ragione normativa e trascendentale, capace di dare senso e ordine all’esperienza.
- Origini e contesto storico del Neokantismo
- Le due scuole principali: Marburgo e Baden
- Il Neokantismo e la critica al positivismo
- L’estensione del criticismo alla cultura
- La crisi del Neokantismo
Origini e contesto storico del Neokantismo
Per comprendere la genesi del Neokantismo, è fondamentale collocarlo nel quadro storico-culturale del XIX secolo, segnato da profonde trasformazioni nel campo della scienza, della politica e della società. Dopo il declino dell’idealismo tedesco, la filosofia si trova di fronte alla crescente affermazione del positivismo, che rivendica per la scienza un’autorità assoluta nel campo della conoscenza.
Contro questa impostazione, il Neokantismo si propone di difendere la dimensione normativa e fondativa della filosofia, recuperando le intuizioni centrali di Kant, in particolare l’idea che ogni conoscenza sia possibile solo in virtù di condizioni trascendentali, ovvero forme e strutture a priori che rendono l’esperienza intelligibile.
In questo contesto, il Neokantismo si configura come un movimento filosofico e metodologico, più che come una scuola dogmatica. I suoi esponenti condividono la convinzione che sia necessario reinterpretare Kant alla luce delle esigenze contemporanee, abbandonando le parti ormai superate del suo sistema, ma mantenendo il nucleo teorico fondato sul primato del soggetto conoscente.
Le due scuole principali: Marburgo e Baden
Il Neokantismo non è un blocco monolitico, ma si articola in diverse scuole e orientamenti. Le due correnti principali sono quella di Marburgo e quella di Baden, ciascuna con un proprio profilo teorico e un diverso modo di intendere il progetto kantiano.
La scuola di Marburgo
Fondata da Hermann Cohen, e proseguita da pensatori come Paul Natorp e Ernst Cassirer, la scuola di Marburgo si caratterizza per una forte enfasi sulla conoscenza scientifica. Secondo questi autori, la filosofia deve fondare le scienze esatte, come la matematica e la fisica, mostrando le condizioni logiche e trascendentali che ne rendono possibile la validità.
Per i marburghesi, Kant va ripensato in chiave idealistica e logicista: l’elemento centrale non è la sensibilità, ma il concetto. La conoscenza è una costruzione puramente razionale, e lo spazio, il tempo e la materia sono da intendersi come strutture ideali, non come dati empirici. Cassirer, in particolare, estenderà questa impostazione alla cultura, proponendo una filosofia delle forme simboliche che include scienza, arte, linguaggio e mito.
La scuola di Baden
Diverso è l’approccio della scuola di Baden, rappresentata da Wilhelm Windelband e Heinrich Rickert. Qui l’interesse si sposta verso le scienze dello spirito (Geisteswissenschaften) e verso la dimensione del valore. L’obiettivo non è tanto fondare la scienza naturale, quanto comprendere i presupposti della storia, della cultura e dell’etica.
Windelband propone una distinzione tra scienze nomotetiche (che cercano leggi generali, come la fisica) e scienze idiografiche (che descrivono eventi unici, come la storia). Rickert insiste sull’importanza dei valori come criteri di selezione degli oggetti culturali: l’oggettività nelle scienze storiche non deriva da leggi naturali, ma dal riferimento a valori condivisi.
Le due scuole, pur divergenti, condividono il riferimento al pensiero di Kant e l’idea che la conoscenza implichi strutture trascendentali che precedono ogni dato empirico.
Il Neokantismo e la critica al positivismo
Uno degli obiettivi principali del Neokantismo è il superamento del positivismo, dominante nel panorama culturale dell’Ottocento. Il positivismo considera la scienza come la sola forma di conoscenza valida, basata sull’osservazione empirica e la verifica sperimentale. Ma secondo i neokantiani, questo approccio dimentica il ruolo del soggetto e delle strutture formali che rendono possibile ogni conoscenza.
La critica neokantiana si fonda su alcuni punti essenziali:
- La scienza non è solo registrazione di fatti, ma implica un’attività di concettualizzazione e di costruzione teorica.
- Le leggi scientifiche non sono date dall’esperienza, ma sono formulate secondo principi logici e formali.
- Ogni conoscenza implica condizioni trascendentali, ossia elementi che non derivano dai dati, ma li precedono e li rendono possibili.
In questo senso, il Neokantismo rappresenta una forma di razionalismo critico, che riconosce l’importanza dell’esperienza, ma ne sottolinea la strutturazione da parte della ragione. Il sapere scientifico è valido proprio perché non è puro empirismo, ma è fondato su principi razionali condivisi e verificabili.
L’estensione del criticismo alla cultura
Una delle innovazioni più importanti del Neokantismo è l’idea che il metodo critico kantiano possa essere applicato non solo alla scienza, ma all’intera sfera della cultura. In particolare con Ernst Cassirer, il Neokantismo si apre a una riflessione ampia e articolata sulla funzione simbolica dell’uomo.
Secondo Cassirer, l’uomo è un essere simbolico, che conosce e interpreta il mondo attraverso forme simboliche: il linguaggio, il mito, l’arte, la religione, la scienza. Ognuna di queste forme è una modalità di rappresentazione del reale, e ha una propria logica interna. La filosofia ha il compito di analizzare queste forme, comprenderne le strutture e i presupposti trascendentali.
Si tratta di un’estensione del progetto kantiano: così come Kant aveva cercato le condizioni di possibilità della conoscenza scientifica, Cassirer cerca le condizioni di possibilità della cultura. Il criticismo si trasforma in una filosofia della cultura, capace di dare senso all’esperienza umana in tutta la sua complessità.
La crisi del Neokantismo
A partire dagli anni ’20 del Novecento, il Neokantismo inizia a perdere influenza. Le critiche non mancano: da un lato, si rimprovera ai neokantiani una eccessiva astrazione, dall’altro si contesta la rigidità formale del loro sistema. Le nuove correnti filosofiche – in particolare la fenomenologia, l’esistenzialismo e la filosofia analitica – propongono approcci differenti, più attenti alla soggettività, al linguaggio o alla logica.
Nonostante ciò, il Neokantismo ha lasciato un’impronta profonda nella filosofia contemporanea. Ha contribuito a:
- ridefinire il ruolo della filosofia come analisi critica delle condizioni del sapere;
- valorizzare la funzione attiva del soggetto nella costruzione del mondo;
- promuovere una concezione della cultura come ambito strutturato e intelligibile;
- influenzare settori come la filosofia della scienza, l’epistemologia e la teoria dei valori.
Inoltre, molti temi neokantiani sono stati ripresi, anche in forma trasformata, da pensatori successivi come Habermas, Apel o Gadamer, che hanno portato avanti la riflessione sulla razionalità, il linguaggio e l’etica nel mondo moderno.