Salta al contenuto

La rivoluzione copernicana della conoscenza di Kant

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Nel corso della storia della filosofia, vi sono momenti che segnano un vero e proprio cambio di paradigma, in grado di trasformare radicalmente il modo in cui l’uomo si pone di fronte alla realtà e alla conoscenza. Uno di questi momenti fondamentali è rappresentato dalla cosiddetta rivoluzione copernicana della conoscenza proposta da Immanuel Kant nella sua opera più celebre, la Critica della ragion pura. Con questa espressione, Kant allude a un’inversione concettuale profonda, paragonabile per portata alla rivoluzione astronomica operata da Niccolò Copernico, che ribaltò la visione geocentrica dell’universo ponendo il Sole al centro del sistema.

Kant riprende questa analogia per indicare che, così come Copernico non suppone più che il cielo ruoti attorno alla Terra, ma che la Terra ruoti attorno al Sole, allo stesso modo la conoscenza non deve più essere intesa come adeguamento del pensiero alle cose, bensì come conformità degli oggetti ai modi della nostra conoscenza. Si tratta di una trasformazione radicale del ruolo del soggetto: non è più la mente a doversi modellare sul mondo, ma è il mondo fenomenico che appare così come appare perché viene strutturato dal soggetto conoscente. In questo rovesciamento risiede l’essenza della rivoluzione copernicana kantiana.

Il contesto filosofico: razionalismo, empirismo e la necessità di una sintesi

Per comprendere pienamente il significato e la portata della rivoluzione copernicana kantiana, è essenziale tener conto del contesto filosofico in cui Kant si inserisce. La filosofia moderna era divisa tra due grandi correnti contrapposte: il razionalismo e l’empirismo.

I razionalisti, come Cartesio, Spinoza e Leibniz, ritenevano che la ragione fosse autonoma e potesse fornire conoscenze certe e necessarie indipendentemente dall’esperienza. Gli empiristi, come Locke, Berkeley e soprattutto Hume, sostenevano invece che tutta la conoscenza derivi dai dati sensibili, e che la mente sia inizialmente una “tabula rasa”.

Kant, profondamente colpito dall’empirismo scettico di Hume, che metteva in dubbio persino la validità del principio di causalità, si rese conto che né il razionalismo né l’empirismo da soli potevano fondare in modo adeguato la conoscenza scientifica. Egli si propose quindi di elaborare una sintesi critica che superasse entrambe le posizioni, riconoscendo sia il ruolo della sensibilità sia quello dell’intelletto, ma riorganizzandone completamente il rapporto.

Il soggetto come centro della conoscenza: forma e contenuto

Il punto di partenza della rivoluzione copernicana kantiana è il riconoscimento che la conoscenza non è passiva, ma implica una struttura attiva del soggetto. Kant distingue due elementi fondamentali della conoscenza: il contenuto, che proviene dai sensi (sensibilità), e la forma, che è data dal soggetto stesso (intelletto).

Le forme pure della sensibilità sono lo spazio e il tempo, strutture a priori che non provengono dall’esperienza, ma che condizionano ogni possibile esperienza. Ogni oggetto ci appare in uno spazio e in un tempo perché la nostra mente è strutturata così, non perché queste forme siano proprietà oggettive del mondo esterno.

A livello superiore, vi sono le categorie dell’intelletto, come quelle di causalità, sostanza, quantità, ecc., che sono anch’esse forme a priori, ossia modi universali con cui la mente organizza i dati sensibili. Le categorie non derivano dall’esperienza, ma la rendono possibile.

In questo senso, non conosciamo mai le “cose in sé”, ovvero la realtà indipendente dal nostro modo di conoscerla, ma solo i fenomeni, cioè le cose così come appaiono a noi attraverso le forme della nostra mente. È l’oggetto che si conforma al soggetto, non il contrario: ecco il cuore della rivoluzione copernicana.

Conoscenza a priori e conoscenza sintetica: la sfida della metafisica

Una delle domande principali che guida la riflessione kantiana è: come sono possibili giudizi sintetici a priori?. I giudizi sintetici sono quelli in cui il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto (ad esempio: “il corpo è pesante”), mentre quelli a priori sono indipendenti dall’esperienza.

La matematica e la fisica sono piene di giudizi sintetici a priori: affermano cose non ovvie e non tratte dai sensi, ma che possiedono necessità e universalità. Come è possibile ciò? Kant sostiene che questo tipo di conoscenza è possibile solo se l’oggetto si adatta alla nostra facoltà di conoscere, e non viceversa.

La metafisica, per diventare una scienza autentica, deve riconoscere questa verità fondamentale. La sua pretesa di conoscere le “cose in sé”, come Dio, l’anima o il mondo nella sua totalità, si scontra con i limiti della ragione umana. La ragione pura può conoscere solo i fenomeni, cioè ciò che si presenta entro i limiti dell’esperienza possibile.

La rivoluzione copernicana, quindi, non è solo una teoria della conoscenza, ma anche una delimitazione del campo della filosofia, un’operazione di critica che intende stabilire i confini entro cui la ragione può legittimamente operare.

Fenomeno e noumeno: due livelli della realtà

Una conseguenza diretta della rivoluzione copernicana kantiana è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Il fenomeno è ciò che appare al soggetto secondo le forme della sensibilità e le categorie dell’intelletto. È l’oggetto della nostra conoscenza.

Il noumeno, invece, è la cosa in sé, ciò che esiste indipendentemente dal nostro modo di conoscerlo. Tuttavia, Kant afferma che non possiamo conoscere il noumeno: possiamo solo pensarlo come limite della conoscenza, come postulato che serve a delimitare l’ambito del fenomenico.

Questa distinzione sancisce il carattere finito della conoscenza umana, che non può varcare i confini dell’esperienza. Non è una dichiarazione di ignoranza, ma un atto di onestà epistemologica: possiamo conoscere solo ciò che passa attraverso le strutture della nostra mente.

La filosofia, secondo Kant, deve abbandonare ogni pretesa di conoscenza assoluta e abbracciare la dimensione della critica, ossia della riflessione sui limiti e le condizioni del conoscere. È in questo modo che si fonda una vera “scienza della ragione”.

Le conseguenze della rivoluzione copernicana sul sapere scientifico

L’impatto della rivoluzione copernicana kantiana non si limita alla teoria della conoscenza, ma si estende anche alla fondazione della scienza moderna. In effetti, Kant fornisce una risposta alla domanda: perché la scienza è possibile?

La risposta è che la scienza è possibile perché la mente umana struttura la realtà fenomenica secondo regole stabili e universali, che rendono possibile la formulazione di leggi. La fisica newtoniana, ad esempio, è possibile perché il soggetto applica categorie come la causalità e la quantità ai dati sensibili.

In questo senso, la scienza non scopre leggi già iscritte nella natura, ma costruisce attivamente il mondo fenomenico secondo principi a priori. Ciò non significa che la scienza sia arbitraria: essa è oggettiva proprio perché tutti i soggetti umani condividono la medesima struttura conoscitiva. La rivoluzione copernicana, dunque, giustifica l’universalità della scienza e la possibilità della conoscenza oggettiva, ma insieme ne delimita l’ambito, escludendo le pretese metafisiche non fondate sull’esperienza.

La portata della rivoluzione copernicana di Kant ha avuto ripercussioni profonde su tutta la filosofia successiva. L’idealismo tedesco, da Fichte a Hegel, si sviluppa come un’estensione o reinterpretazione del primato del soggetto. In modo diverso, anche la fenomenologia di Husserl e l’ermeneutica di Gadamer riprendono la centralità del soggetto e della struttura trascendentale. In ambito analitico, filosofi come P. F. Strawson hanno riletto Kant come un autore capace di fornire una base per il pensiero logico e linguistico contemporaneo, mentre il pensiero postmoderno ha evidenziato il carattere costruttivo della soggettività e il ruolo attivo del linguaggio nella costituzione della realtà.

L’idea che la realtà conosciuta sia una costruzione soggettiva regolata da strutture universali ha trovato espressione anche nelle scienze cognitive e nella filosofia della mente, dove si riconosce che il cervello interpreta e organizza attivamente i dati sensoriali, anticipando in certo senso alcune intuizioni kantiane. La rivoluzione copernicana della conoscenza rappresenta il cuore della filosofia critica di Kant. Essa ha trasformato in modo radicale il rapporto tra soggetto e oggetto, affermando che la conoscenza non è un semplice riflesso del mondo esterno, ma una costruzione attiva del soggetto, resa possibile da forme e strutture a priori.

Questo capovolgimento non solo ha posto le basi per la filosofia moderna e contemporanea, ma ha anche segnato una svolta metodologica: la filosofia non deve più cercare risposte metafisiche assolute, ma deve interrogarsi sui limiti, le condizioni e le possibilità della conoscenza umana.