Le metamorfosi, o l’Asino d’oro di Apuleio
È una delle opere più importanti della letteratura latina, innovativa nel genere, nella lingua, nell’uso delle fonti e nella struttura. Racchiude la favola di Amore e Psiche
Noto più come L’asino d’oro, che come Le metamorfosi, il capolavoro di Lucio Apuleio ha attraversato i secoli riscuotendo sempre un gran successo di lettori e di critica. Pur trattandosi infatti di un componimento leggero e divertente, il poema è anche tra i più importanti della storia della letteratura latina per le innovazioni introdotte dall’autore, dal genere, alla lingua, dall’uso delle fonti, alla struttura. Per non parlare dei significati più profondi, racchiusi dalla più famosa delle novelle contenuta nell’opera, quella di Amore e Psiche.
Riassunto e analisi
Parlare di trama ne Le Metamorfosi è impresa ardua, L’Asino d’oro infatti è in realtà un lungo racconto, che si dipana tra numerosi eventi, che spaziano in tutte le direzioni e si susseguono, a volte, in modo sorprendente. In realtà, dovremmo parlare di diversi piani narrativi, il primo dei quali vede il protagonista Lucio, omonimo non a caso dell’autore, ospite dell’usuraio Milone, nella città di Hypata, in Tessaglia, terra di maghi. Il giovane mostra subito quello che sarà il tratto distintivo che distinguerà tutte le sue avventure e disavventure, una sfrenata curiosità, che lo spinge ad escogitare un piano per carpire i segreti di Panfile, moglie dell’usuraio, dedita a pratiche magiche. Entra così nelle grazie della servetta Fotide e, dopo aver assistito alla trasformazione in gufo della padrona di casa, grazie ad un unguento con il quale si era cosparsa, la induce a rubare la boccetta per poter prendere anche lui la forma di uccello. Fotide però confonde i contenitori e Lucio si ritrova imprigionato nel corpo di un asino, ma con le sue facoltà mentali completamente intatte. La stessa Fotide, nel tentativo di riparare al tragicomico errore, gli rivela che mangiando delle rose potrà tornare nei suoi panni.
Il povero Lucio, rincuorato dall’esistenza di una via di fuga, ma estremamente provato dall’esperienza surreale, decide di rinviare al giorno successivo l’ulteriore trasformazione. Scelta nefasta, perché la sua prima notte da asino segnerà il corso della sua esistenza: dopo il pessimo impatto con un altro asino e un cavallo, viene rubato dai ladri, che hanno svaligiato casa di Milone e che hanno caricato il bottino sulla sua soma. È l’episodio che apre il secondo piano narrativo del poema, quello principale, che vedrà Lucio al centro di incredibili peripezie.
Inutile brucare le rose, perché si ritroverebbe comunque ostaggio dei briganti, così Lucio decide di restare asino e segue i malviventi nei loro spostamenti, che lo conducono un una caverna, adibita a rifugio, dove viene tenuta prigioniera anche una fanciulla. In attesa del riscatto, a tenerla d’occhio e a farle compagnia c’è una vecchia custode, che le racconta delle favole e tra queste, quella di Amore e Psiche.
Intanto, escogitato uno stratagemma, il fidanzato della giovane riesce a liberarla e a fuggire… sul dorso di Lucio, che si ritrova testimone di una vera e propria beffa del destino, perché lui muore in duello e lei si suicida per il dolore. Così l’asino passa di mano e di padrone in padrone, viene infine acquistato da un cuoco ed un pasticciere che, rendendosi conto che l’animale non è “normale”, cercano di farlo esibire in spettacoli osceni. Lucio però si ribella e riesce a fuggire, esausto raggiunge la riva del mare e implora la luna di restituirgli le fattezze umane, prima di addormentarsi profondamente. In sogno gli appare Iside, che lo invita a partecipare alla processione in suo nome che si terrà il giorno seguente, un sacerdote porterà con sé una corona di rose. Così si conclude la vicenda: Lucio mangerà le rose tornando umano e per riconoscenza si farà iniziare ai misteri di Iside prima e di Osiride poi.
Amore e Psiche
Come detto, uno dei punti più originali de Le Metamorfosi di Apuleio sono le digressioni che frequentemente all’interno del racconto prendono la forma di racconti nel racconto. Di varia tipologia, le novelle “ausiliare” trattano ora di argomenti magico-surreali, ora erotici, ora incentrati sulla crudeltà femminile. Tra queste, un posto di rilievo, anche per la sua utilità in un’analisi più approfondita del poema, è quella che narra la storia di Amore e Psiche, un lungo racconto che occupa la fine del IV libro, tutto il V e gran parte del VI e che viene considerata il cuore de L’Asino d’oro.
Psiche è la figlia minore di un re, talmente bella da suscitare la gelosia di Venere, che pensa di vendicarsi inviando suo figlio Cupido per farla innamorare dell’uomo più brutto della terra. Ma Amore, stravolto a sua volta dalla bellezza della fanciulla, finisce per colpire se stesso con la freccia e se ne invaghisce perdutamente. Cupido la raggiunge tutte le notti e i due si amano teneramente, ma lo fanno al buio affinché Psiche non possa mai vederlo in volto. Vinta dalla curiosità e definitivamente convinta dalle sorelle, una notte, la ragazza illumina però il viso dell’amante che riposa al suo fianco, Cupido se ne accorge e sentendosi tradito, fugge via.
Psiche, dilaniata dalla perdita e distrutta dal senso di colpa, vaga a lungo alla ricerca dell’amore perduto, ma ormai convinta di non poterlo più ritrovare si getta da une rupe. Prima che si sfracelli al suolo ecco però Cupido prenderla fra le sue braccia e portarla sull’Olimpo, dove la sposerà facendone una dea.
La favola di Amore e Psiche, cui Apuleio riserva ben 63 capitoli, rappresenta dunque una corposa allegoria delle vicende del protagonista Lucio, vittima incolpevole della propria curiosità, che come per la Hybris greca invisa agli dei, porta ad una serie di prove per espiare la propria colpa e giungere al perdono.
L’asino d’oro di Apuleio, allora, è molto di più della fabula graecanica annunciata dallo stesso autore nell’incipit dell’opera, nel quale dichiara di voler solo divertire il lettore. In realtà quella curiosità innata in Lucio come nell’essere umano, che si traduce nel desiderio di spingersi sempre oltre, nella brama di sperimentare e di superare i divieti, è la causa scatenante del percorso di redenzione che porta dal peccato alla salvezza.