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Rosso Malpelo, riassunto dell'opera di Giovanni Verga

La novella viene pubblicata una prima volta nel 1878, nel periodico “Fanfulla della domenica”, quindi confluisce nella raccolta di novelle “Vita dei campi”

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Importanza della novella

La novella “Rosso Malpelo” è il principale spartiacque, a livello stilistico e cronologico, all’interno della produzione narrativa di Giovanni Verga. La novella viene pubblicata una prima volta nel 1878, nel periodico “Fanfulla della domenica”, quindi confluisce nella raccolta di novelle “Vita dei campi”.

Il percorso del realismo verghiano

Verga aveva inaugurato una tematica di tipo realista – che poi prenderà il nome specifico di Verismo per connotare una certa produzione letteraria degli scrittori italiani del centro sud all’indomani dell’Unità d’Italia – già con la novella “Nedda”, del 1874. In quella novella però, per quanto riguarda l’aspetto stilistico, l’impianto narrativo è ancora del tutto tradizionale, con il punto di vista esterno della voce narrante ben percepibile e anche con lo stile dell’autore che opera un netto distacco rispetto ai personaggi umili e illetterati che rappresenta.

Lo stile verista

In “Rosso Malpelo” la svolta è invece sostanziale perché, oltre a una tematica ben contestualizzata nel mondo delle plebi meridionali e della loro inconsapevolezza rispetto al processo storico di fine Ottocento, del quale non sono né protagoniste né tantomeno beneficiarie, c’è anche l’introduzione dell’innovazione stilistica. Il procedimento narrativo cambia infatti in modo sostanziale: la voce narrante, secondo anche gli insegnamenti della corrente naturalistica francese, deve dare al lettore la sensazione che le vicende si stiano narrando da loro stesse; non si deve più percepire la presenza di un autore colto e distaccato che, nella fattispecie, racconta le storie della povera gente. Lo stile verista pretende che il narratore, letteralmente, “scompaia dietro le vicende narrate”, proprio perché deve dare la sensazione che chi sta raccontando le vicende sia uno dei personaggi che fanno parte del contesto corale, che condivida il livello culturale, le abitudini e soprattutto il modo di pensare e di agire dei protagonisti delle vicende che narra. Da questa immedesimazione scaturisce la potenzialità del Verismo, con tutta l’efficacia della rappresentazione basica e cruda di una realtà che non ha bisogno di orpelli narrativi.

La trama

La vicenda narra dell’esistenza misera e quasi primordiale di Malpelo, uno dei tanti “carusi”, ossia i minori che venivano impiegati nelle miniere di zolfo in Sicilia. Verga per scrivere il racconto trae spunto dalle inchieste sul lavoro minorile che il Governo italiano, all’indomani dell’unità, aveva promosso per far luce sulla situazione.

Malpelo ha i capelli rossi, il che secondo le credenze popolari è segno di maleficio, o comunque di cattiva coscienza, di anima malnata. Lavora nella cava di zolfo di buona lena, ma, in quanto Malpelo, viene percepito dal resto della comitiva di lavoratori come un mangiapane a tradimento, che il padrone della zolfara tiene a lavorare soltanto perché il padre di Malpelo era morto in un incidente nella cava, con suo figlio presente accanto a lui. Sua madre e sua sorella non lo sopportano e lui del resto è così abituato a un contesto primordiale e anaffettivo da non curarsi del loro distacco. Quando nella cava arriva a lavorare un ragazzino gracile e cagionevole di salute, Malpelo sembra accanirsi su di lui, come per rivalersi delle angherie che lui stesso subisce dagli altri. In realtà, nei confronti di un ragazzo ancora più emarginato di lui, è come se Malpelo volesse impartire insegnamenti sul vero volto dell’esistenza.

Quando si perde nella cava, dopo essere stato mandato in avanscoperta per esplorare nuovi cunicoli ricavati con l’esplosione di alcune mine, nessuno cercherà mai di lui, sarà ricordato soltanto come una specie di temibile fantasma, una sorta di minaccia che resta ad aleggiare nei meandri più bui della miniera; vittima dopo la morte, come in vita, delle superstizioni che avevano rappresentato il suo stigma fin dall’infanzia.