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Alessandro Magno, storia e conquiste del popolare condottiero

L'eccellente abilità diplomatica e le straordinarie capacità militari permisero ad Alessandro III di Macedonia di creare in pochissimi anni un impero immenso, che si estendeva fino all'attuale Pakistan

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Alessandro III di Macedonia, universalmente conosciuto come Alessandro Magno, ma noto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone, è stato uno di quei personaggi capaci di marchiare in maniera indelebile la storia dell’umanità. Di lui si parla nella Bibbia e, secondo molti, anche nel Corano (sotto il nome di Dhu al-Qarnayn il Bicorne) e le sue gesta hanno generato una serie sterminata di leggende, tali da creare spesso confusione tra fatti storici realmente accaduti e rielaborazioni di fantasia. La sua figura è stata – nel corso dei secoli – equiparata a dei e semidei, come dimostrano le numerose opere scultoree nelle quali è scolpito nudo. Quel che è certo è che fu un precursore sotto molti punti di vista: si fece ad esempio accompagnare per tutta la durata della sua campagna da numerosi storici e redattori di diari giornalieri, palesando una grande attenzione nella creazione di un’imponente macchina mediatica, così come si spese al fine di fondere ed amalgamare le culture dei popoli assoggettati, diffondendo al tempo stesso quella greca all’interno di un impero immenso, dando così origine al periodo ellenistico.

Chi era Alessandro Magno

Alessandro nacque a Pella, nell’attuale Grecia ma al tempo seconda capitale del Regno di Macedonia, il 20 o 21 luglio del 356 a.C. Figlio del re macedone Filippo II e della principessa epirota Olimpiade, si riteneva discendente diretto di Eracle da parte di padre e di Achille da parte di madre. Nonostante Macedonia ed Epiro fossero ritenute dai greci dei territori semi-barbarici, Filippo pretese per il giovane principe un’educazione di stampo ellenico così, dopo Leonida e Lisimaco, Alessandro – dal 343 al 341 a.C. – fu seguito direttamente da Aristotele. Si mise in luce nell’arte dell’oratoria, nella filosofia e persino nella musica sin dalla più tenera età, ma a far parlare di sé fu spesso la sua tempra: su tutte la famosa caccia al leone, che uccise da solo, e il modo in cui riuscì a domare Bucefalo, il cavallo che lo accompagnerà per quasi vent’anni, fino alla battaglia dell’Idaspe, nell’odierno Punjab, e al quale intitolerà una città, Alessandria Bucefala.

Le prime spedizioni di Alessandro Magno

Il primo approccio con la guerra e con la politica avvenne nel 340 a.C., quando il padre era impegnato in una spedizione contro Bisanzio. Alessandro assunse la reggenza e si ritrovò costretto ad affrontare la rivolta dei Maedi: la tribù tracia fu rapidamente sconfitta e nel cuore del loro territorio fondò Alessandropoli, popolandola di coloni greci. Inviato dal padre, nel 338 a.C., passando le Termopili, occupò la città di Elatea, per poi sconfiggere nella Battaglia di Cheronea i trecento soldati del battaglione sacro tebano – ai quali si erano aggiunti anche soldati ateniesi – considerato fino a quel momento invincibile. Raggiunse quindi indisturbato il Peloponneso, dove re Filippo decise di non rischiare una guerra contro la temibile Sparta e di costituire la Lega di Corinto, un’alleanza panellenica.

Alessandro, le controversie con il padre e l’ascesa al potere

Al ritorno a Pella re Filippo si innamorò di Cleopatra Euridice, nipote – e forse figlia adottiva – del suo generale Attalo e che divenne la sua settima moglie. La notizia scosse Alessandro, preoccupato per la propria posizione di erede, in quanto l’eventuale fratellastro nato dalla nuova coppia sarebbe stato l’unico figlio del monarca di sangue 100% macedone. Durante il banchetto nuziale Attalo chiese agli dei il pronto arrivo di un erede legittimo, mandando Alessandro su tutte le furie: “E io cosa sarei, un bastardo?“, avrebbe detto secondo i racconti di Plutarco. Filippo, irritato dalla domanda retorica del figlio, cercò di aggredirlo, scivolando tuttavia su una pozza di vino, venendo così schernito: “Guardatelo, amici, colui che si accingeva a conquistare l’Asia! A furia di passare da un letto all’altro è andato a gambe all’aria!“. Alessandro, ad ogni modo, fuggì con la madre a Dodona, nell’Epiro, dive regnava lo zio materno Alessandro d’Epiro. Proseguì quindi il proprio ‘esilio’ in Illiria, prima di essere richiamato – sei mesi più tardi – dal padre a Pella. Nel 336 a.C., però, mentre si trovava ad Ege per il matrimonio tra la figlia Cleopatra ed Alessandro d’Epiro, Filippo fu assassinato da una delle sue guardie, Pausania di Orestide, a sua volta ucciso da altre guardie del re. Secondo alcune teorie, Alessandro Magno e la madre furono complici, secondo altre il mandante fu il re di Persia Dario III. Quel che è certo è che Alessandro venne immediatamente proclamato re, ad appena venti anni, e i primissimi ordini impartiti furono quelli di condannare a morte tutti i possibili rivali al trono, a partire dal cugino Aminta IV e dallo zio Attalo, mentre la madre, Olimpiade, fece bruciare vive Cleopatra Euridice e una figlia di Filippo, Europa. Consolidato il proprio potere si concentrò nel sedare le varie rivolte sorte a Tebe, Atene e in Tessaglia, prese il comando della Lega Anfizionica, di quella Ellenica e, quindi, dell’esercito greco nell’imminente spedizione contro l’Impero Persiano. Prima, però, decise di mettere al riparo i confini settentrionali della Macedonia, conducendo una trionfale campagna nei Balcani contro Triballi, Geti, Dardani e Taulanti. I persiani diffusero la notizia che Alessandro fosse morto durante una di queste battaglie, scatenando nuove rivolte a Tebe ed Atene e il re – percorrendo oltre 200 chilometri in appena 14 giorni – raggiunse le due città, sedando rapidamente i tumulti.

Alessandro contro l’Impero Persiano

Nel 334 a.C. Alessandro lasciò la reggenza di Macedonia al fidato generale Antipatro e partì a capo di un esercito formato da 48mila unità di fanteria, 6mila cavalieri e una flotta di 12o triremi, anche se numerosi storici riportano conteggi differenti. Il primo scontro con le truppe del Gran Re di Persie si verificò presso il fiume Granico, nei pressi dell’antica Troia, e la vittoria fu schiacciante, anche Alessandro ne uscì ferito gravemente, salvato da Clito il Nero. Cadde quindi Mileto, e poi Sardi senza neppure combattere, quindi Efeso, ‘svuotata’ dai mercenari fuggiti impauriti. Man mano che avanzava, Alessandro instaurava una democrazia al posto delle precedenti oligarchie e permetteva alle varie città di entrare a far parte della Lega di Corinto, scelte che comportarono la resa volontaria e incondizionata di molte altre, che mal sopportavano le ingerenze persiane e lo videro come un compatriota liberatore. Il condottiero macedone conquistò quindi Caria, Licia, Panfilia, Pisidia e Frigia, con l’obiettivo di privare l’Impero Persiano di ogni sbocco sul mare. Dopo l’assedio di Alicarnasso divise in due il proprio esercito, affidando ai suoi uomini più fidati – Tolomeo di Filippo e Asandro – il compito di conquistare le altre roccaforti della regione mentre lui proseguì il proprio “percorso costiero”. Alessandro viaggiò per Termesso, Aspendo e Faselide fino a raggiungere la capitale Gordio, dove andò in scena il famoso episodio del “nodo gordiano”, un nodo inestricabile che riuscì a sciogliere piuttosto rapidamente. Nel giugno 333 a.C. entrò in Cilicia raggiungendo Tarso e, dopo aver contratto una malattia, forse per aver nuotato nel Cidno, bevve il rimedio preparatogli dal medico Filippo di Acarnania, nonostante avesse ricevuto una lettera nella quale si parlava di un tentativo di ucciderlo, confidando nella sua lealtà. Consegnò quindi la missiva al medico e nel settembre dello stesso anno si ristabilì perfettamente. Proseguì quindi per Anchialo, Soli, Mallo e Miriandro, dove decise di affrontare l’esercito di Dario III, che scappò a cavallo al termine di una pesantissima sconfitta (furono oltre 110mila i morti persiani a fronte degli appena 150 macedoni). Prima di addentrarsi in Asia, Alessandro virò quindi per l’Egitto, al fine di “proteggere” le spalle ai propri uomini: a Damasco il re macedone si legò a Bersine, da cui ebbe Eracle, quindi occupò Arado, Biblo e Sidone, senza incontrare resistenza alcuna, Tiro, per la quale fu necessario un assedio di sette mesi, Dor, Ashdod, Gaza e Gerusalemme, ultimo step prima dell’entrata in Egitto, dove venne accolto come un liberatore e nominato faraone, garantendosi la fiducia del popolo. Alla campagna egiziana di Alessandro si deve la fondazione della celebre Alessandria d’Egitto nel 332 a.C. e, un anno più tardi, sconfisse nuovamente Dario III nell’epica battaglia di Gaugamela, con oltre 300mila perdite distribuite fra ambo le fazioni, mettendosi quindi all’inseguimento del re persiano. Entrò in Babilonia, ottenendo la sottomissione del satrapo Mazeo, raggiunse Susa, dove recuperò diverse opere d’arte sottratte da Serse in Grecia nel 480 a.C., quindi nel territorio degli Uxii, in Perside e – nel 330 a.C. – a Persepoli (poi Takht-i Jamshid), capitale dell’Impero Persiano. Il tutto mentre, in Grecia, Antipatro sconfiggeva Sparta, eliminando l’ultima opposizione al dominio macedone. Più Alessandro avanzava – da Ecbatana a Rei, vicino Teheran – più Dario si ritirava: una rivolta a Besso, però, portò all’arresto del re persiano, ucciso prima dell’arrivo dell’acerrimo rivale. Un’altra grande battaglia andò in scena in Sogdiana, con Spitamene – ultimo avversario persiano degno di nota – che riuscì nell’intento di metter contro i macedoni la nobiltà locale ma, ad eccezione di Ciropoli, che si difese strenuamente, tutte le roccaforti caddero in pochi giorni. Su un’isola del fiume Zeravshan tutti gli uomini ivi lasciati da Alessandro furono trucidati dall’esercito di Spitamene ed azioni analoghe furono ripetute nei mesi successivi: rimasto con soli 25mila uomini, il re macedone attese rinforzi dalla Grecia, prima di sferrare l’attacco decisivo a Ceno. Eroica fu la resistenza del satrapo Ossiarte, al quale fu risparmiata la vita dopo l’atto di sottomissione, e la cui figlia, la 16enne Roxanne, fu presa in moglie da Alessandro. La campagna terminò con l’assalto alla Rocca di Sisimitre, presso l’attuale Kohiten, in Uzbekistan.

Alessandro Magno: la spedizione in India, il ritiro e la morte

Dopo aver raggiunto i confini dell’odierno Xinjiang cinese nel 329 a.C., dove fondò un’altra Alessandria, che chiamò Eschate (cioè, Ultima), Alessandro puntò l’India nord-occidentale, sottomessa dai persiani al tempo di Dario I ma in quel momento composta da una moltitudine di regni in lotta fra loro. Formato un nuovo esercito composto al più da soldati asiatici, ad eccezione di ufficiali e comandanti, tutti greci o macedoni, nella primavera del 326 a.C. raggiunse l’odierna Kabul, dove venne accolto come alleato dal re di Taxila. Proseguì quindi per l’Uḍḍiyana e, in estate, al termine di uno scontro durissimo, sconfisse il re Poro nella battaglia dell’Idaspe. L’intenzione del re macedone era quella di raggiungere la vallata del Gange, ma l’esercito – spaventato dal caldo afoso, dalle incessanti piogge monsoniche, dalle giungle, dagli insetti, dai serpenti velenosi, dalle bestie feroci, dalla malaria e dagli elefanti da guerra di cui si servivano i regni indiani – si ammutinò. Alessandro, dopo alcuni sforzi e fugaci riprese del cammino, cedette alla volontà dei propri uomini, promettendo a se stesso di riprovare l’impresa l’anno seguente a capo di un nuovo esercito composto da soli persiani. Nei pressi delle attuali città indiane di Gurdaspur e di Amritsar fece quindi innalzare sulla riva sinistra del fiume Ifasi dodici altari agli dei, in forma di torri, con al centro una colonna di bronzo che recitava: “Qui si fermò Alessandro“. Anche la via del ritorno, però, fu ‘colma’ di sangue: mentre parte dell’esercito fu spedito alla conquista dell’attuale Afghanistan, il condottiero vinse numerose battaglie – Andaca, Arigaeum, Massaga, Malavas, Euspla, Ora, Bazira – rischiando di morire nell’assalto alla rocca di Aorno, quando – nell’aprile del 326 a.C. – una freccia trapassò la sua armatura, perforandogli la pleura e un polmone. Giunto a Susa venne a conoscenza della cattiva gestione nella città dei satrapi da lui stesso risparmiati pochi anni prima e, ripristinata la normalità, si dedicò all’organizzazione di numerosi matrimoni misti tra greco-macedoni e persiani: lui prese in moglie sposò Statira II, figlia di Dario III. Durante l’inverno il re si ritirò a Ecbatana, ma nella primavera del 323 a.C. condusse una spedizione contro i Cossei, per poi iniziare i preparativi per l’invasione dell’Arabia. Fu però colto da un’improvvisa malattia e la febbre che ne derivò lo portò alla morte, il 10 o 11 giugno del 323 a.C. Per anni si è pensato che l’eroe macedone potesse essere stato avvelenato, ma teorie più recenti affermano che, con tutta probabilità, si trattò di una cirrosi epatica provocatagli dalle elevate quantità di vino assunte quotidianamente per anni o, al più, dalla malaria precedentemente contratta. Morì l’uomo, ma non il mito, ricordato ancora oggi come uno dei più grandi condottieri, conquistatori e strateghi della storia dell’umanità.