La grafia che deve essere utilizzata è beneficenza, senza nessuna i tra la c e la e. Il dubbio sul corretto modo di scrivere, tuttavia, è lecito poiché in molte parole simili la i, invece, è d’obbligo. Succede ad esempio in termini come panciera, arciere, efficienza, scienza, coscienza e sufficiente, ossia in tutti quei vocaboli che terminano in -giera, -ciere/a, -cienza e -ciente.
Esiste una regola per non fare confusione e sapere con certezza quando è necessaria la i e quando non lo è? Per fortuna uno stratagemma per evitare errori c’è: nei vocaboli composti il cui primo termine ha significato proprio – come in beneficenza appunto – la i è obbligatoria; quando invece la prima parte del lemma non ha alcun valore semantico la i non serve. Succede ad esempio in formaggiera.
Va da sé che tutti i derivati seguiranno la stessa regola. Avremo quindi beneficenze e beneficente. Per quanto riguarda il verbo, invece, coesistono due grafie differenti corrispondenti a due diversi significati: beneficiare vuol dire avvantaggiarsi, godere, usufruire, mentre con beneficare si intende aiutare, assistere.
Altra nota utile a ricordare il corretto modo di scrivere è risalire all’origine: beneficenza deriva dal latino beneficentia, senza i. Insomma, grazie a questa spiegazione dovrebbe ora essere chiaro che beneficenza si scrive sempre senza nessuna i tra la c e la e.