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Per aspera ad astra: cosa vuol dire e quando si usa

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Il concetto

“Per aspera ad astra”: attraversare le difficoltà per arrivare alle stelle, per via di metafora. Un concetto di alta filosofia, da un certo punto di vista, così come al tempo stesso un distillato di saggezza popolare. In sintesi: senza aver faticato, non è possibile godersi i risultati che si sono ottenuti.

La storia di un motto

La traduzione letterale recita: “attraverso le asperità si arriva alle stelle”. Con la formula si intende significare che il sentiero che conduce al “porto” della virtù e della soddisfazione è disseminato di asperità, che rendono alla fine più dolce il traguardo che si raggiunge.

Il detto, che in una formulazione del genere risulta aggiornato in epoca recente (sostituitosi a un precedente “Per aspera ad ardua”) a livello concettuale fa riscontrare la sua presenza in vari passaggi della tradizione letteraria, a cominciare dall’epoca classica (per esempio nell’Eneide di Virgilio: “Sic itur ad astra”; oppure in un passaggio di Seneca: “Non est ad astra mollis e terra via”.).

Una frase, che potremmo definire motivazionale, è quella che recita: “Per ardua ad astra”. L’adozione è tra le più prestigiose a livello internazionale, in ambito militare; lo dimostra il fatto che è stata adottata come motto araldico dalla Royal Air Force, l’aeronautica militare della Gran Bretagna, anche in ragione delle grandi imprese compiute durante la Seconda Guerra mondiale, in particolar modo con riferimento alla strenua resistenza dell’aviazione britannica nel fronteggiare l’operazione “Leone marino”, ovvero il tentativo di invasione dell’Inghilterra da parte della Luwtfaffe, l’aviazione nazista, nel 1940.

Quando si usa

È pleonastico sottolineare, in assoluto, la vastissima gamma di utilizzi che una “sentenza” filosofica del genere consente: praticamente in ogni ambito, quando c’è in ballo la conquista di un qualsivoglia risultato, o il conseguimento di un obiettivo, torna utile ricordare che bisogna impegnarsi per ottenere ciò che si vuole, di conseguenza è attraverso la fatica, intesa come metafora di una sofferenza, che si ottiene ciò che si desidera. Per traslato, è incluso il concetto secondo il quale bisogna lottare profondendo ogni sforzo per arrivare al traguardo che ci si era prefissati in precedenza.

Potremmo, per rendere l’idea, fare tre esempi, mutuati da ambiti molto diversi fra di essi:

– In ambito sportivo, è evidente che il raggiungimento di un record, la vittoria di una gara o di un campionato sottintendono una preparazione meticolosa che per essere ottenuta non può che passare attraverso una serie di sacrifici e di allenamenti duri e faticosi.

– In ambito politico, potremmo dire che tutti i leader che sono diventati tali hanno vissuto delle faticosissime campagne elettorali nel corso delle quali hanno profuso ogni energia pur di convincere il proprio elettorato, diventato tale dopo che i leader in questione erano riusciti a trasformare le loro fatiche in consenso. Basta pensare alle massacranti tournée della campagna elettorale per le Elezioni Presidenziali negli Stati Uniti.

– In ambito scolastico, uno studente svogliato, per quanto dotato di intelletto e di predisposizione naturale verso questa o quella disciplina, non potrà mai arrivare al risultato che potenzialmente sarebbe in grado di ottenere se non affronta lo studio con metodo, impegno, regolarità e dedizione.