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Come farsi venire la voglia di studiare? Idee e consigli

Come farsi venire voglia di studiare. Consigli utili per combattere l'ansia

Luca Incoronato

GIORNALISTA PUBBLICISTA E COPYWRITER

Giornalista pubblicista ed esperto Copywriter, amante della scrittura in tutti i suoi aspetti. Curioso per natura, adoro scoprire cose nuove e sperimentarle in prima persona. Non mi fermo mai alle apparenze, così come alla prima risposta, nel lavoro come nella vita.

Segnarlo sul calendario o in agenda, o anche solo ripeterlo mentalmente o a gran voce, non basta. È infatti necessario, poi, porsi realmente dinanzi a libri e appunti e iniziare a preparare quell’interrogazione o esame. Ma come farsi venire voglia di studiare? Esiste un modo per spronare la propria mente e impedirle di creare degli ostacoli invisibili? I motivi per i quali si procrastina lo studio possono essere svariati. Mutano da persona a persona, ma soprattutto a seconda della condizione nella quale quest’ultima si ritrova. Ciò che troverete di seguito è un insieme di consigli pratici, atti a porsi nel giusto stato per studiare in maniera regolare, evitando sessioni "matte e disperatissime".

Trovare la voglia di studiare: ecco come

Per riuscire a farsi venire la voglia di studiare occorre abbattere il muro innalzato dalla propria stanchezza, mentale e fisica, insieme con quel generale senso di insoddisfazione e frustrazione. Ci si ritrova ad aver paura dell’esame da sostenere, ma la realtà è diversa. Ciò che crediamo essere timore, non è altro che ansia derivante dalla totale disorganizzazione nella quale ci muoviamo, tentando di proseguire lo studio in una condizione di totale svantaggio mentale.

Parlare di un muro generato dall’ansia vuol dire avere a che fare con un ostacolo non reale. Non vi è una mancanza di capacità a impedire lo studio. Vi è "solo" un blocco mentale. Superarlo non è facile ma neanche impossibile. Proviamo a capire come "allenarsi" per avere successo in questa sfida.

Rendere lo studio più facile

Ci si può ritrovare a studiare per un esame semplice, medio o difficile, gradevole o del tutto al di fuori dei propri interessi. Alle difficoltà insite nella materia, non dovremmo aggiungerne altre di nostro pugno. Ecco alcuni punti da rispettare:

  • Stabilire un tempo di studio: una buona sessione di studio ha una durata media, che va da un’ora e mezza a quattro ore. Tempistica suddivisa nell’arco della giornata. Si consiglia di fermarsi per una pausa alquanto lunga ogni ora, ricaricando le batterie della propria mente. Nel caso in cui si decida di raggiungere il picco delle quattro ore, sarebbe preferibile non affaticare il cervello con una sessione unica, suddividendo tale impegno nell’arco della giornata in tronconi da due ore, godendosi una pausa ampia tra i due;
  • Gestione dello spazio: non si ha bisogno di una stanza totalmente linda per poter studiare. Non usiamo questa scusa per trascorrere più tempo a pulire che a studiare. È però innegabile il beneficio ottenuto da un ambiente ordinato, a partire dalla propria scrivania. Questa deve avere spazio necessario per poter sistemare tutto il materiale d’esame, senza dover generare un atroce caos per incastrare ogni volume o quaderno d’appunti. Detto questo, l’ambiente scelto, che sia in casa o meno, dev’essere in grado di mettere lo studente a proprio agio, contribuendo in minima parte a rendere la sessione produttiva. Se la propria camera è costantemente frequentata da famigliari, ad esempio, non sarebbe una cattiva idea recarsi in biblioteca per ritrovare un po’ di pace;
  • Stabilire obiettivi: l’organizzazione è tutto nella preparazione di un esame. Non occorre però confondere questo elemento con quella tendenza di molti studenti a fare programmi irrealistici, incastrando mentalmente centinaia di ore in un mese, per preparare tre esami in contemporanea. Meglio guardare all’immediato, stabilendo degli obiettivi a breve termine. Organizzare la propria settimana è preferibile alla presunta schematizzazione dei prossimi tre mesi. Gli imprevisti accadono e strutturare fasi di studio così lunghe vuol dire andare incontro al mancato rispetto di determinati assegni autoindicati. Si consiglia di indicare un certo numero di pagine o capitoli al giorno, provando a completare il compito, fermandosi al traguardo, senza andare oltre in quella data giornata. Le pause, infatti, sono molto rilevanti;
  • Rifornimenti: cruciale avere cibo e bevande nei paraggi della scrivania. Consente infatti di evitare il costante recarsi in altre stanze per bere o mangiare, di fatto interrompendo la sessione stabilita numerose volte, spezzando quella concentrazione a fatica guadagnata. Al contrario, da evitare assolutamente le fasi di studio in cui non si beve o mangia, gettandosi nei libri quasi in apnea. Tenere alto il livello di zuccheri è importante, così come idratarsi. Il cervello ne ha bisogno per funzionare al meglio.

Restare indietro con gli esami

Abbiamo accennato in precedenza a come molti studenti creino spesso dei programmi mentali decisamente irrealizzabili. Si tratta di una forma di protezione del nostro cervello, che prova in questo modo a rassicurarci. Invece di guardare all’immediato, che ci preoccupa e genera ansia in noi stessi, volgiamo lo sguardo ben lontano.

Se ora stiamo male. dominati dall’insicurezza, al termine di questo percorso, appena organizzato nel dettaglio, saremo felici e soddisfatti. Non resta far altro che convincere il me stesso di domani a occuparsi di tutto e rispettare i dettami del programma.

Una gratificazione fittizia, che non farà che aumentare il senso di disappunto e amarezza nel momento in cui le cose inizieranno ad andare per il verso sbagliato. È importante capire come tutti abbiano i propri tempi di studio. L’Università non dev’essere una maratona e soprattutto si sconsiglia di paragonarsi agli altri.

È un percorso che si fa da soli, in cui il proprio tempo è l’unico che conta davvero. Spingersi a preparare 3-4 esami a sessione, quando si fa fatica ad apprezzare le materie assegnate, è una forzatura per il proprio cervello, il che spinge verso il rischio di blocco mentale. Ciò vuol dire rifiutare del tutto la fatica che ci attende, ambendo a costanti distrazioni, mettendosi in condizione di fallire e rimandando mentalmente il tutto alla prossima sessione.

Non c’è nessuno a controllare se avete sbrigato "l’assegno a casa". Il passaggio dell’Università vi vede soli al comando di voi stessi. Imparate quindi a rispettarvi, comprendendo come ogni andatura di studio vada bene, anche quella più lenta. Ciò che conta è non fermarsi, non dare al cervello quella finta sensazione di piacere, data dall’assenza di pressione. Cancellare una sessione oggi, vuol dire essere di colpo "meno tristi". Quell’amarezza tornerà però con gli interessi dopo poco.

Concedersi il diritto di non essere perfetti è un elemento fondamentale. Un esame a sessione è una vittoria, perché qualsiasi step fatto che ci abbia consentito di non restare fermi è un successo da premiare. Ecco gli elementi da tenere a mente.

Presentarsi sempre all’esame

Il percorso universitario ci mette dinanzi a uno specchio, soli con le nostre paure e insicurezze, ma anche forze e caratteristiche chiave. Impariamo a conoscerci, individuando quei "trucchi" per fregare in qualche modo il nostro cervello, attivandolo nella maniera in cui desideriamo.

Guardando allo studio, sappiamo come l’avvicinarsi dell’appello d’esame generi una sensazione di panico ben radicata. Accade anche a chi ha rispettato il proprio programma, senza sessioni matte e disperate, con pause e buona gestione del corpo e della mente. Avere timore è normale.

Vogliamo però rivolgere l’attenzione a chi non è riuscito a studiare abbastanza, per qualsiasi ragione. Spesso vi sono problemi personali, famigliari o d’altra natura e intralciare la via. Non siamo costantemente in controllo di quanto ci accade ma non si deve trasformare tutto questo in una scusa per punirsi.

Effettuata una valutazione personale, si è coscienti del fatto di non essere del tutto preparati per poter fronteggiare l’esame come si vorrebbe, ovvero in grado di far fronte a molte delle eventuali domande del professore o della professoressa. Vi sono però dei vantaggi nel presentarsi comunque all’appello:

  • Il giusto mix di domande potrebbe consentire il passaggio dell’esame. Quanto studiato potrebbe bastare per un buon voto, anche se non ottimo come quello sperato;
  • Ricevere una bocciatura non è affatto la fine del mondo e sostenere comunque l’esame offre un’esperienza diretta, e non attraverso i racconti di altri, spesso poco credibili, dell’esame con quel dato prof.

Presentarsi all’esame, anche se non al meglio, è un test per la "vita vera", quella che ci attende al di fuori dell’ateneo. Scappare, rinchiudendosi in camera, dinanzi alle problematiche della vita privata, alle mancate consegne in ufficio o altro ancora, non è una soluzione. Temere il confronto in società è deleterio per sé. Iniziare a combattere questa tendenza fin da giovanissimi può risultare un’arma vincente.

Di cruciale importanza, però, la gestione dell’eventuale bocciatura. In questo caso gli studenti dall’atteggiamento più superficiale hanno la meglio. Riescono infatti a "dimenticare" in fretta l’accaduto, facendo tesoro dell’esperienza e presentandosi al nuovo appello senza il carico dell’ansia: "Si ricorderà di me e proverà a mettermi in difficoltà?".

Vivere la bocciatura come un macigno piovuto dal cielo sulle proprie spalle è tipico dei perfezionisti. È questo il tipo di studente che dovrebbe maggiormente lavorare su di sé. Presentarsi all’esame ed essere bocciati non vuol dire fallire o, peggio ancora, essere un fallimento. Vuol dire aver accumulato esperienza e non aver permesso al proprio cervello di porci i bastoni tra le ruote. Viviamo l’università come una tappa, neanche la più importante della vita, da completare e nulla più. La propria esistenza non dipende da un voto e, soprattutto, cancelliamo l’idea che "il tempo stia per scadere". Avere 26 anni non vuol dire "essere vecchi" e aver sprecato tempo sui libri.

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