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Moravia: vita, opere e pensiero

Iniziatore del romanzo borghese, ma anche giornalista, critico cinematografico e deputato del Parlamento Europeo, scrisse capolavori quali 'Gli indifferenti', 'La ciociara' e 'La noia'

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

La biografia di Alberto Moravia

Alberto Moravia nacque a Roma nel 1907 da una famiglia benestante e dedita a professioni intellettuale: in particolare il padre, architetto e pittore. Ammalatosi giovanissimo di tubercolosi ossea, che lo costrinse a rinunciare a lungo alla scuola, così come al gioco e agli svaghi, si appassionò alla scrittura. Fu proprio in un periodo di convalescenza che iniziò la stesura che suo romanzo più importante, ‘Gli indifferenti’, pubblicato nel 1929. Parallelamente, portò avanti l’attività di giornalista, che gli permise, al netto dei problemi di salute, di viaggiare all’estero al fine di scrivere alcuni reportage. Inoltre, al fine di racimolare qualcosa in più a fine mese, si occupò anche di sceneggiature cinematografiche, sulle quali dovette – a causa delle proprie origini ebraiche – rinunciare a porre la propria firma a seguito dell’emanazione delle leggi razziali nel 1938. Tre anni più tardi si sposò con Elsa Morante, una delle più importanti narratrici del secondo Dopoguerra italiano: è il periodo in cui uscirono le raccolte di racconti ‘L’amante infelice’ (1943), che venne bloccato dalle autorità, quindi, dopo l’8 settembre e la sua fuga da Roma in direzione Sant’Agata di Fondi dopo essere venuto a conoscenza di essere nella ‘lista nera’ dei nazisti, ‘L’epidemia’ e il romanzo breve ‘Agostino’ (entrambi del 1944), che appare in una tiratura limitata ed illustrata da due disegni di Guttuso. Tornato nella Capitale dopo la Liberazione, con il supporto di Carocci, negli Anni Cinquanta Moravia fondò la rivista ‘Nuovi Argomenti’, occupandosi della redazione insieme a Pier Paolo Pasolini ed Enzo Siciliano. Pubblicò inoltre i ‘Racconti romani’, con cui vinse il Premio Marzotto, ‘Il disprezzo’ e, nel 1955 su Botteghe Oscure, la tragedia ‘Beatrice Cenci’. Iniziò inoltre a collaborare come critico cinematografico a ‘L’Espresso’, quindi, nel 1957, pubblicò ‘La Ciociara’, l’anno seguente ‘Un mese in URSS’, nel 1959 ‘Nuovi racconti romani’ e nel 1960 ‘La noia’, con cui si aggiudicò il Premio Viareggio. Nel 1962, tuttavia, si separò definitivamente da Elsa Morante, per iniziare una convivenza con un’altra scrittrice, Dacia Maraini, con la quale fondò, poco dopo, la Compagnia del Porcospino nel teatro di via Belsiana a Roma. Dal 1975 al 1981 fu inviato speciale del Corriere della sera e dal 1979 al 1983 membro della Commissione di selezione alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre per L’Espresso curò un’inchiesta sulla bomba atomica. Nel 1984 si presentò alle elezioni europee come indipendente nelle liste del Pci e divenne deputato al Parlamento Europeo (fino al 1989). Morì il 26 settembre del 1990 nella sua casa di Roma.

Le opere di Alberto Moravia

La produzione di Alberto Moravia può essere divisa in tre differenti fasi. La prima coincide con il realismo borghese e la fusione di elementi realistici, esistenzialistici e, soprattutto dal 1935 al 1941, surreali. Ne sono un esempio ‘Gli indifferenti’, che racconta il grigiore, l’opacità e, appunto, l’indifferenza, talvolta cinica, di quattro personaggi borghesi (Leo, Michele, Mariagrazia e Carla), e ‘Agostino’, un romanzo che breve con protagonista un ragazzo – privo d’identità individuale e sociale, soffocato da pregiudizi e convenzioni – in vacanza in Versilia insieme alla madre. La seconda fase, invece, è quella del Neorealismo appaiono spesso personaggi popolari che assumono il ruolo di un’alternativa positiva al mondo borghese: ne ‘La romana’ la protagonista è Adriana, una ventenne popolana, d’indole buona e innocente, che viene corrotta dalla società; ne ‘La Ciociara’, invece, Cesira, una negoziante vedova e spregiudicata, è costretta a scappare da Roma con la figlia diciottenne, Rosetta, che viene stuprata a Vellecorsa proprio quando la fine del lungo esilio sembrava imminente. La terza fase, infine, è quella caratterizzata da uno spiccato pessimismo, durante la quale Moravia smise di credere nel popolo come un’alternativa valida e si dedicò all’universo borghese, ancora in crisi e privo di morale e vitalità, battendo su temi quali l’estraneità, la passività di fronte all’esistenza e l’insensatezza del vivere. L’opera emblematica di questo periodo è ‘La noia’: si tratta di un romanzo d’amore che può essere definito ‘disperato’ e che, attraverso la storia di un pittore incapace di stabilire un rapporto armonico con la realtà che lo circonda, proietta il lettore nei meandri di una società in pieno boom economico ma che, dietro gli agi meramente di facciata, nasconde un malessere che coinvolge tutti i livelli della vita quotidiana e dei valori umani.

Il pensiero di Alberto Moravia

Alberto Moravia viene considerato l’apripista del romanzo borghese: in quanto maestro di acume, semplicità ed eleganza stilistica, infatti, si può affermare che egli abbia esplorato senza riserva alcuna i temi dell’alienazione sociale, mostrando l’ipocrisia, il materialismo e la povertà morale del suo tempo. Il suo lavoro riconduce alle forme del realismo e della lucidità razionale, così come alla crisi esistenziale della borghesia che ha attraversato gli anni del Fascismo e del Dopoguerra, intrecciando costantemente soggettività e oggettività. Da deputato del Parlamento Europeo, invece, rappresentò un modello di pensatore laico e illuminista, che poteva, sì, servirsi del marxismo, tuttavia come mero strumento di conoscenza e non come una ricetta sociale e politica.