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Edipo a Colono di Sofocle: riassunto, analisi e significato

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nel panorama della tragedia greca, Edipo a Colono rappresenta una delle opere più intense e spiritualmente complesse di Sofocle. Scritto in tarda età, probabilmente pochi anni prima della morte del poeta (circa 406 a.C.), il dramma costituisce il secondo capitolo, in ordine cronologico interno, della trilogia dedicata alla figura tragica di Edipo, tra Edipo re e Antigone. A differenza del primo episodio, dominato dall’orrore della scoperta e della colpa, e del terzo, centrato sulla ribellione morale, Edipo a Colono è una riflessione più meditativa, segnata da silenzio, attesa, riconciliazione.

La tragedia ruota attorno agli ultimi giorni di Edipo, ormai cieco, anziano e ramingo, alla ricerca di un luogo sacro dove morire in pace. Il tono dell’opera è profondamente diverso rispetto alla tensione esplosiva di Edipo re: qui domina una atmosfera sacrale e contemplativa, in cui il dolore personale si fonde con il destino collettivo, e la figura del protagonista assume tratti quasi profetici, in un lento percorso verso la trascendenza e la pace.

Riassunto dell’opera: l’ultimo cammino di Edipo

La vicenda si svolge nei pressi di Atene, nel demo di Colono, luogo sacro alle Eumenidi, le dee della vendetta. Edipo, guidato dalla figlia Antigone, giunge stanco e ferito nel bosco sacro, inconsapevole di trovarsi proprio nel luogo destinato alla sua morte. Il coro dei vecchi del villaggio, spaventato dalla presenza del profugo, inizialmente lo respinge, ma poi – riconoscendo la sua identità – decide di interpellare Teseo, re di Atene.

Nel frattempo giungono notizie da Tebe: Creonte, zio di Edipo, vuole riportarlo in patria per trarne vantaggio politico. Anche Polinice, uno dei figli di Edipo, cerca di convincerlo a schierarsi con lui nella contesa fratricida contro il fratello Eteocle. Edipo rifiuta entrambi, denunciando la corruzione dei suoi figli, e rivendica la sua innocenza rispetto alla colpa di parricidio e incesto, commessi senza sapere. Solo con Teseo egli instaura un rapporto di fiducia e rispetto, ottenendo asilo.

Infine, Edipo riceve un segno divino e si avvia, accompagnato da Teseo e Antigone, verso il luogo della sua misteriosa scomparsa, senza dolore, senza testimoni. La tragedia si chiude con il lutto e la memoria, affidata ad Antigone e Ismene, che si preparano a tornare a Tebe.

La trasformazione di Edipo: da colpevole a figura sacra

Il cuore dell’opera è la metamorfosi del personaggio di Edipo. Da uomo colpevole, disperato e disperante in Edipo re, qui lo ritroviamo come profeta cieco, saggio, pacificato con il proprio destino. La sofferenza lo ha cambiato: ha abbandonato l’orgoglio, la rabbia, l’impulso autodistruttivo, ed è giunto a una serena consapevolezza della sua innocenza ontologica.

La colpa, nella visione tragica di Sofocle, non è mai solo un fatto giuridico: è un mistero che attraversa l’uomo e il divino, un paradosso che l’umanità deve sopportare. Edipo, che ha ucciso il padre e sposato la madre, lo ha fatto senza sapere, e in questa inconsapevolezza risiede la sua salvezza. In Edipo a Colono, egli rivendica la dignità del suo dolore, la nobiltà di chi ha sofferto e si è purificato attraverso la pena.

Il suo corpo stesso, stanco e rovinato, diventa simbolo di sacralità, e la sua tomba un luogo benedetto, promesso a chi lo ospiterà. Edipo diventa, in questa prospettiva, una figura ieratica, mediatore tra uomini e dèi, la cui fine non è un castigo, ma una sorta di apoteosi silenziosa.

Antigone e Ismene: la pietà filiale come forza etica

Accanto a Edipo troviamo le figlie Antigone e Ismene, che in questa tragedia assumono una funzione di sostegno morale e narrativo fondamentale. Antigone, in particolare, si conferma come figura centrale della riflessione sofoclea: è lei che guida il padre, lo protegge, gli parla con amore e fermezza, anticipando il coraggio con cui affronterà il destino in Antigone.

La pietà filiale che Antigone incarna non è solo affetto privato, ma valore universale, gesto di umanità che si oppone alla logica del potere, dell’utile, del calcolo politico. Ismene, più riservata, si unisce al padre più tardi, ma con altrettanto affetto. Entrambe sono immagini della fedeltà e del dovere morale, in un mondo che spesso tradisce i legami più sacri.

La presenza delle figlie rafforza la dimensione familiare e intima della tragedia, in cui i personaggi non sono simboli astratti, ma esseri profondamente umani, che amano, soffrono, resistono. La compassione di Antigone bilancia la durezza della solitudine di Edipo e prepara il pubblico al destino futuro della giovane, che sarà protagonista della tragedia successiva.

Teseo e Atene: l’ospitalità come gesto politico

Altro personaggio di rilievo è Teseo, re di Atene, che accoglie Edipo nel suo territorio e gli garantisce protezione e dignità. La sua figura è emblematica: rappresenta l’ideale del sovrano giusto, capace di coniugare ragion di Stato e umanità, autorità e comprensione. In un’epoca segnata da instabilità politica, Sofocle affida a Teseo il compito di incarnare i valori civili della democrazia ateniese, in contrapposizione alla violenza dei tebani e all’opportunismo di Creonte.

L’accoglienza offerta a Edipo è, in questo senso, un atto politico e simbolico: Atene diventa custode del mistero, beneficiaria della sacralità del suo ospite. La città che accoglie lo straniero maledetto si vedrà premiata dagli dèi. In questo modo, Sofocle ribadisce un principio fondamentale della cultura greca: l’ospitalità non è solo un dovere morale, ma anche un investimento sul destino collettivo.

Teseo è anche il garante della verità: non si lascia ingannare dalle menzogne di Creonte, non si fa sedurre dal potere, ma difende l’onore del proprio popolo e la volontà divina. La sua presenza regale e composta conferisce all’intera tragedia un tono di equilibrio e giustizia.

Le Eumenidi e il sacro: il tema della morte

Il bosco di Colono, luogo sacro alle Eumenidi, le antiche dee della vendetta trasformate in protettrici della giustizia, è più di uno sfondo: è uno spazio simbolico, sospeso tra vita e morte, tra terra e divinità. Edipo, penetrando in questo luogo proibito, compie un gesto di riconciliazione col divino. La sua presenza non provoca più disgrazia, ma rigenera, benedice, redime.

La morte di Edipo, avvolta nel mistero – nessuno vede il momento esatto, nessuno conosce dove sia la tomba – non è una sconfitta, ma una liberazione. È il punto culminante di un percorso che lo trasforma da uomo perseguitato a figura sacra, quasi mitica. Non a caso, i suoi resti diventano oggetto di contesa politica: chi li possiede, possiede anche il favore degli dèi.

Il tema della morte, in Edipo a Colono, è quindi purificato dal pathos del dolore: non c’è disperazione, ma una dolce accettazione del destino, una fusione tra tempo umano ed eternità divina. È una delle rappresentazioni più alte della morte come passaggio e compimento, nella tradizione tragica greca.

Il linguaggio e la poetica di Sofocle

Dal punto di vista stilistico, Edipo a Colono presenta una scrittura elevata, solenne, contemplativa. I cori sono più lirici che narrativi, il ritmo è più lento rispetto ad altre tragedie di Sofocle, e l’azione è sostituita da dialoghi densi di significato morale e religioso. Le parole sono scelte con cura, il tono è quello di una sacra cerimonia, e l’intero testo risente dell’esperienza artistica di un poeta ormai giunto alla piena maturità.

L’elemento poetico è fortemente accentuato nei canti corali, che celebrano la bellezza di Colono, la grandezza di Atene, il mistero del divino. La lingua di Sofocle diventa qui strumento di riflessione, di preghiera, di meditazione sul senso ultimo della vita e della morte.

Edipo a Colono è molto più di un seguito teatrale: è un’opera che riassume e trasfigura l’intera vicenda di Edipo, restituendo al protagonista una dimensione etica e spirituale profonda. Attraverso la sofferenza e la solitudine, Edipo giunge alla pace, non quella imposta dagli uomini, ma quella donata dagli dèi.

Sofocle, ormai anziano, costruisce una tragedia che è anche testamento poetico e meditazione sull’umano: la colpa, il perdono, la morte, la pietà, la memoria. Edipo a Colono ci insegna che il dolore non è inutile, che anche l’uomo più colpito può ritrovare dignità, e che l’ultima parola non è il grido, ma il silenzio.