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La produzione drammatica di Sofocle

L'autore di 'Aiace', 'Antigone', 'Trachinie', 'Edipo re', 'Elettra', 'Filottete' ed 'Edipo a Colono', oltre a numerose opere perdute, è considerato - al pari di Eschilo ed Euripide - uno dei maggiori poeti tragici dell'antica Grecia

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Le innovazioni tecniche e stilistiche

Sofocle abolì l’obbligo della “trilogia legata” e per la prima volta utilizzò il terzo attore, che portò ad una maggiore articolazione dei rapporti interpersonali e ad una nuova scioltezza dinamica del ritmo teatrale. Inoltre, portò da dodici a quindici i coreuti, al fine di accentuare la funzione del corifeo e dell’elemento spettacolare, e perfezionò l’uso delle scenografie. I cori si allontanarono dall’azione, partecipando in maniera sempre meno attiva e diventando, di fatto, spettatori e commentatori dei fatti narrati. A Sofocle si deve, inoltre, l’introduzione del monologo, che permise all’attore di mettere in evidenza le proprie abilità e al personaggio rappresentato di esprimere – e condividere con il pubblico – i propri pensieri.

‘Aiace’, ‘Antigone’, ‘Trachinie’ ed ‘Edipo re’

La prima rappresentazione di ‘Aiace’ si ritiene che sia avvenuta intorno al 445 a.C. e narra della decisione di Agamennone e Menelao, capi dell’esercito greco, di affidare le armi del defunto Achille a Odisseo, scatenando la collera di Aiace Telamonio, massacra i buoi e i montoni degli Achei. Atena esorta Ulisse a consumare la propria vendetta, ma egli si rifiuta. Aiace, invece, tornato in sé, decide di riscattare il proprio onore e la reputazione della sua famiglia suicidandosi con la spada di cui gli aveva fatto dono Ettore. Il dramma si chiude con la scoperta di Aiace morto e la disputa tra il fratello Teucro, Menelao e Agamennone: il re non vuole dare sepoltura al defunto e decisivo, in tal senso, è l’intervento di Odisseo. ‘Antigone’ venne rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 442 a.C. e narra del figlio più giovane di Edipo, Eteocle, che esilia il fratello maggiore Polinice. Quest’ultimo attacca Tebe, ma entrambi muoiono in battaglia: il primo riceve le onoranze funebri, che vengono invece rifiutate al secondo, in quanto lo zio Creonte lo considera un traditore. Saputo ciò, Antigone si reca quindi a rendere omaggio al corpo di Polinice, venendo tuttavia arrestata, insieme alla quarta sorella Ismene, dallo zio per aver disubbidito ai propri ordini. Neppure le suppliche del figlio Emone, promesso sposo di Antigone, fanno tornare Creonte sui propri passi. Le ‘Trachinie’, messe in scena fra il 438 e il 429 a.C., raccontano di Eracle impegnato nel compimento delle sue fatiche e assente da casa da molto tempo. La moglie Deianira, preoccupata, invia il figlio Illo a cercarlo, ma poco dopo dopo la partenza del giovane giunge un messaggero che annuncia il ritorno del marito. Viene quindi presentato un gruppo di prigioniere di guerra dell’Ecalia, tra cui la bellissima Iole, figlia del re di Ecalia, Eurito. Deianira, impietosita alla vista della giovane, decide di accoglierla a palazzo, fin quando il messaggero le rivela che Eracle aveva espugnato la città soltanto per averla, e ora intende introdurla in casa come concubina. Deianira, che non prova rancore né per l’infedeltà dello sposo, né per la ragazza, decide così di fargli recapitare una tunica trattata col sangue del centauro Nesso (che avrebbe sortito l’effetto di filtro d’amore), il quale in gioventù aveva tentato di sedurla e che trovò la morte proprio per mano di Eracle. Deianira, però, ha un cattivo presagio, confermato da Illo che, appena tornato, racconta alla madre come suo padre si sia avvicinato alla pira dei sacrifici al fine di far rapprendere il sangue avvelenato, mentre la sua pelle, incollatasi alla tunica, si staccava a brandelli. Eracle, convinto che la donna avesse tentato di ucciderlo, trasportato su una lettiga, è intenzionato a vendicarsi ma lei, in preda al dolore, si toglie la vita. L’eroe, allora, ordina al figlio – al quale fa promettere di sposare Iole – di portarlo su una collina e di essere posto su un rogo ivi costruito. L”Edipo re’, invece, rappresentata tra il 430 e il 420 a.C., ha inizio con il sovrano impegnato a salvare Tebe, falcidiata dalla peste. Il cognato Creonte si rivolge a un oracolo, il quale afferma che la città sta pagando l’uccisione, rimasta impunita, del precedente re, Laio, e finché non verrà trovato, esiliato o ucciso l’assassino, non vi sarà posto per pace e prosperità. Viene quindi convocato l’indovino cieco Tiresia che, dopo aver provato invano a trincerarsi nel silenzio, rivela che a commettere l’omicidio fu proprio Edipo. Il sovrano, in un primo momento convinto di essere vittima di un complotto, messo alle strette dalla consorte, confessa che, da giovane, fu principe ereditario di Corinto, figlio del re Polibo e che un giorno l’oracolo di Delfi gli predisse che avrebbe ucciso il proprio padre e sposato la propria madre. Per tale motivo decise di fuggire e, diretto a Tebe, in un punto in cui confluivano tre strade, litigò con un uomo e lo uccise. Giocasta, vedova di Laio e nel frattempo divenuta moglie di Edipo, cerca di calmare il marito invitandolo a non dare ascolto né agli oracoli né agli indovini, ricordando tuttavia come anche al defunto ex reggente fosse stato predetta un’uccisione per mano del proprio figlio. A questo punto fa il proprio ingresso sulla scena un messo, proveniente da Corinto, da cui apprende di essere stato adottato. Scoperta quindi la verità sulle proprie origini, dopo il suicidio di Giocasta, Edipo si acceca con la fibbia della veste della donna, abbraccia un’ultima volta le figlie Antigone e Ismene e chiede a Creonte di essere esiliato in quanto uomo inviso agli dèi.

‘Elettra’, ‘Filottete’, ‘Edipo a Colono’ e le opere perdute

‘Elettra’, la data della cui rappresentazione è incerta (secondo alcuni fra il 418 e il 413, secondo altri, più verosimilmente, fra il 410 e il 409 a.C.), narra di Oreste, figlio di Agamennone, che deve vendicare la morte del padre, ucciso dalla moglie Clitennestra e dal suo amante Egisto per usurparne il trono. Oreste, che in quanto erede legittimo rischiò anch’egli di essere ucciso, venne salvato dalla sorella Elettra, che lo affidò allo zio Strofio. Oreste, tornato a Micene all’insaputa di tutti, organizza un tranello: diffonde la falsa notizia della propria morte, che gli permette di constatare la gioia della madre Clitennestra. Elettra, seppur disperata, si fa coraggio e decide che sarà lei a vendicare il padre. Ottenuta la prova della fedeltà della sorella, Oreste le rivela la propria identità, penetra nel palazzo e uccide senza pietà prima la madre supplicante, poi Egisto. ‘Filottete’, invece, fu composta nel 409 a.C. e racconta di come il protagonista sia stato abbandonato dieci anni prima sull’isola di Lemno dai suoi compagni in viaggio verso Troia, a causa di una ferita infetta provocatagli da una vipera. Un oracolo, però, rivela ai greci che, senza il suo arco, la guerra non potrà mai essere vinta, i quali incaricano Odisseo e Neottolemo di andare a recuperarlo. Ulisse, presentato come un eroe meschino e crudele, pianifica che Neottolemo finga di aver litigato con lui e gli altri capi per conquistare la fiducia di Filottete e farsi consegnare l’arco. L’inganno ha successo e Filottete consegna il suo arco all’amico Neottolemo, il quale lo affida ad Odisseo. All’ultimo momento, però, Neottolemo si pente, riprende l’arco a Odisseo e lo restituisce a Filottete. La furia di Ulisse viene placata da Eracle, il quale convince Filottete a imbarcarsi per Troia. Infine, ‘Edipo a Colono’, risalente al 406 e rappresentata postuma nel 401 a.C., narra del suo arrivo – ormai vecchio e cieco – nella città insieme alla figlia Antigone, ospitati e protetti dal re ateniese Teseo. All’arrivo dell’altra figlia Ismene, ella porta la notizia dello scontro dei suoi fratelli Eteocle e Polinice dal quale, secondo un oracolo, sarebbe uscito vincitore soltanto colui il quale avrebbe avuto l’appoggio del padre. Compare quindi sulla scena Creonte, che cerca di convincere Edipo a far ritorno in patria ma, al suo rifiuto, prende in ostaggio Antigone e Ismene, salvate poi da Teseo. A questo punto viene raggiunto da Eteocle, che cerca invano di ingraziarsi l’anziano genitore, al quale si manifestano una serie di prodigi divini che gli fanno capire la sua fine è vicina. Accompagnato dal sovrano di Atene in un boschetto sacro alle Eumenidi, dove – dopo avergli predetto lunga prosperità per la sua città – sparisce per volontà degli dei. Oltre alle opere menzionate, alla produzione di Sofocle vanno aggiunte quelle perdute. Nello specifico, ‘Atamante’ racconta del tradimento della moglie Ino, che corrompe gli inviati all’oracolo di Delfi e conduce al (presunto) sacrificio dei suoi figliastri Frisso ed Elle (che, tuttavia, salveranno Atamante dalla morte), ‘Euripilo’, sulla morte del figlio di Telefo per mano di Neottolemo, ‘Niobe’, incentrata sulla catastrofe dell’eroina, ‘Odisseo trafitto’, in cui l’eroe di Itaca è ucciso inconsapevolmente dal figlio che ha avuto con Circe, Telegono, ‘Tereo’, costretto dalla moglie Procne a mangiare la carne del figlio Iti per vendicare lo stupro e la mutilazione di Filomela da parte di Tereo e ‘Tiro’, il quale si riunisce ai figli perduti Neleo e Pelia, che uccidono la loro matrigna persecutrice Sidero. Inoltre, vi è un papiro ossirinchita che ha restituito metà del dramma satiresco ‘I cercatori di tracce’.