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Eschilo, vita e opere del drammaturgo greco

Autore di "Persiani", "Sette contro Tebe", "Supplici", "Prometeo incatenato" e la trilogia "Orestea", è considerato l'iniziatore della tragedia greca nella sua forma matura

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Chi era Eschilo

Figlio di Euforione, discendente di una nobile famiglia, Eschilo nacque intorno al 525 a.C. a Eleusi, nell’antica Attica, distante una ventina di chilometri di Atene, città in cui visse in prima persona numerosi, storici avvenimenti, su tutti quello della fine della tirannia dei Pisistratidi, nel 510 a.C.. Combatté contro i Persiani prima a Maratona nel 490 a.C., dove perse il fratello Cinegiro, caduto mentre inseguiva i nemici, quindi a Salamina un decennio esatto più tardi – in concomitanza della battaglia navale la tradizione assegna, lo stesso giorno e nella medesima isola, la nascita di Euripide – e, infine, a Platea l’anno seguente. Le esperienze vissute furono raccolte nella tragedia “Persiani” e, poco dopo il suo debutto, nel 472 a.C. fu invitato a Siracusa presso la corte del tiranno Ierone, sulla stessa falsariga di quanto in precedenza avvenuto con altri illustri lirici greci come Pindaro e Simonide, al fine di replicare la rappresentazione teatrale. Eschilo, pertanto, è ritenuto il primo drammaturgo della storia a portare il nuovo linguaggio della tragedia nell’importante centro culturale della Sicilia. Durante il suo soggiorno, inoltre, compose le “Etnee”, dedicate proprio a Ierone. Al ritorno ad Atene mise in scena l'”Orestea”, venne iniziato – come fece intendere Aristofane ne “Le Rane” – ai misteri eleusini (il più famoso dei riti religiosi segreti dell’antica Grecia celebrati ogni anno nella sua città natale nel santuario di Demetra) e, secondo la leggenda, fu processato per empietà. Ad ogni modo, per motivi tuttora sconosciuti, Eschilo si trasferì a Gela, luogo dove trovò la morte – secondo Valerio Massimo a causa di un gipeto, che avrebbe lasciato cadere una tartaruga, al fine di romperle il carapace, sulla sua testa calva, scambiata dall’uccello per una pietra – nel 456 a.C.. Seppur il suo epitaffio ricordi soltanto i suoi meriti in battaglia, in particolare a Maratona, molte delle sue tragedie furono rappresentate postume, in segno di eccezionale onore. Anche suo figlio, al quale diede lo stesso nome appartenuto al padre, e cioè Euforione, divenne un apprezzato drammaturgo.

Eschilo: Persiani, Sette contro Tebe e Supplici

I fatti raccontati in “Persiani” si svolgono a Susa, da dove il re di Persia Serse parte in spedizione contro la Grecia. Quando un messo porta la notizia della sconfitta persiana, la regina consorte Atossa, rimasta sconvolta da una serie di macabre visioni notturne, offre libagioni per i morti evocando lo spirito di Dario: questi appare, scarica la colpa della sconfitta sulla tracotanza di Serse, che ha osato sfidare la natura attraversando lo stretto di Elle con un ponte di navi, predice nuove disgrazie ed esorta il figlio a metter da parte la propria presunzione. Mentre il coro piange, compare sulla scena Serse, uno dei pochi superstiti di Salamina il quale, in preda alla disperazione, dà vita al canto funebre finale. In “Sette contro Tebe”, invece, si racconta della maledizione di Edipo, scagliata sui figli Eteocle e Polinice. Il primo di loro ha l’esercito del fratello alle calcagna, pronto a sferrare l’ultimo, decisivo attacco, quando sopraggiungono prima delle donne tebane, terrorizzate per la strage imminente, poi un messaggero, che informa di come sei delle sette porte della città abbiano resistito e che l’offensiva è stata respinta. Nel settimo ingresso, però, i due protagonisti si sono reciprocamente uccisi e la gioia per la fine della guerra lascia spazio al dolore, con il coro che piange la loro triste sorte alla comparsa dei due cadaveri. La tragedia “Supplici”, poi, narra della crisi dinastica dei fratelli Danao ed Egitto, che condividevano la sovranità nella ‘terra dei faraoni’: il primo, infatti, aveva avuto 50 figlie femmine, il secondo altrettanti maschi. Le Danaidi, appena sbarcate in Grecia, vengono esortate da Danao a raggiungere il recinto sacro, dove i supplici hanno per antica consuetudine un diritto di asilo inviolabile, ma il re di Argo Pelasgo è restio a offrire loro aiuto, salvo ritrattare la propria posizione quando le donne, minacciando di impiccarsi, invocano Zeus. L’assemblea cittadina vota favorevolmente per l’accoglienza ma, appena intonato un canto di gratitudine, si scopre che gli Egizi sono giunti in città allo scopo di rapire le Danaidi. Pelasgo respinge l’araldo nemico, che scappa via tra urla e minacce: le donne vengono fatte entrare all’interno delle mura della città, ma la guerra è ormai inevitabile.

Eschilo: Prometeo incatenato e Orestea

Il “Prometeo incatenato” si apre sui monti desolati della Scizia. Il titano protagonista della tragedia è stato catturato da Efesto, Potere e Forza e intrappolato su una rupe: si tratta della punizione inflittagli da Zeus per aver infranto il suo volere, avendo donato agli uomini il fuoco, oltre che la speranza, il pensiero, la coscienza, la scrittura, la memoria, la medicina e la capacità di interpretare il volere degli dèi e il futuro. A portargli conforto ci pensano le Oceanine, Oceano e, soprattutto, Io, a cui predice il destino, ma anche il difficile futuro di Zeus, di lei perdutamente innamorato (e per questo invisa a Era). Prometeo, tuttavia, è convinto di avere una via di fuga, in quanto a conoscenza della relazione tra il re degli dèi olimpi e Teti, da cui potrebbe nascere un figlio estremamente più potente del padre. Così, Zeus invia Ermes al fine di estorcere al titano tale segreto il quale, rifiutandosi, viene scagliato in un burrone senza fondo insieme alla rupe su cui era stato incatenato. L'”Orestea”, infine, è una trilogia composta dalle tragedie “Agamennone”, “Coefore” e “Le Eumenidi”: originariamente, tuttavia, era seguita dal dramma satiresco “Proteo”, andato perduto insieme ad altre circa novanta rappresentazioni teatrali di Eschilo. Si tratta sostanzialmente di un’unica storia divisa in tre episodi, che riguardano l’assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitennestra, la vendetta del figlio Oreste perpetrata contro la madre e la persecuzione subita dal matricida da parte delle Erinni, culminata però con l’assoluzione finale decisa dal tribunale dell’Areopago.