Salta al contenuto

Il sacrificio di Ifigenia in Lucrezio: mito e critica religiosa

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il racconto del sacrificio di Ifigenia si intreccia con alcune delle pagine più drammatiche della tradizione mitologica greca, simbolo di tensioni profonde tra fede religiosa, potere politico e valori umani. Nell’ambito della letteratura latina, il poeta Lucrezio, nel suo De rerum natura, riprende questo mito non per celebrarlo, ma per criticarlo aspramente, offrendone una lettura profondamente filosofica e polemica. La vicenda della giovane figlia di Agamennone sacrificata agli dèi diventa, nelle mani di Lucrezio, un emblema della crudeltà delle superstizioni religiose e dell’irrazionalità umana.

La storia mitologica di Ifigenia, nota attraverso vari autori greci come Euripide ed Eschilo, narra di una fanciulla destinata a morire per placare l’ira della dea Artemide e consentire la partenza della flotta achea verso Troia. Tuttavia, Lucrezio trasforma questo episodio in un atto di accusa contro la religione tradizionale, coerentemente con la sua adesione all’epicureismo, che vede nella liberazione dalle paure religiose la via verso la felicità umana.

Il mito di Ifigenia nella tradizione greca

La figura di Ifigenia occupa un posto centrale nella mitologia greca classica. Figlia di Agamennone e Clitemnestra, Ifigenia viene condotta con l’inganno ad Aulide, sotto il pretesto di un matrimonio con Achille, ma con il vero scopo di essere sacrificata ad Artemide. Secondo il mito, il vento favorevole per la navigazione degli Achei verso Troia era stato bloccato dalla dea, irritata per un’offesa subita da Agamennone. Per propiziarne il favore, l’indovino Calcante decreta necessario il sacrificio della giovane.

La leggenda conosce diverse varianti: in alcune, Ifigenia viene realmente sacrificata; in altre, come nella versione euripidea, Artemide interviene salvandola all’ultimo momento, sostituendola con una cerva e trasportandola nella lontana Tauride come sacerdotessa. Il mito rappresenta un conflitto lacerante tra l’obbedienza ai decreti divini e il rispetto degli affetti umani, tra l’onore pubblico e il dolore privato.

La ripresa del mito in Lucrezio

Nel De rerum natura, poema didascalico e filosofico dedicato a diffondere la dottrina di Epicuro, Lucrezio evoca il sacrificio di Ifigenia nel primo libro, nel contesto di una violenta critica alla religio. Non si tratta di un richiamo narrativo fine a sé stesso, ma di un esempio emblematico utilizzato per mostrare i danni prodotti dalla superstizione e dalla cieca devozione.

Lucrezio descrive il sacrificio come un gesto atroce, in cui l’amore paterno viene stravolto dal fanatismo religioso. Agamennone, pur provando dolore, preferisce sacrificare la figlia per non compromettere la gloria della spedizione contro Troia. In poche ma potentissime immagini, il poeta rappresenta Ifigenia trascinata all’altare, tremante, circondata da uomini crudeli e indifferenti, incapaci di ascoltare il richiamo della pietà.

Per Lucrezio, il sacrificio di Ifigenia è il simbolo di come la religione, quando degenerata in superstizione, possa sopprimere i più nobili sentimenti umani, trasformando padri affettuosi in carnefici e legittimando le atrocità più ripugnanti.

Il significato filosofico del sacrificio

La rilettura del mito operata da Lucrezio ha un valore profondamente filosofico. La scena di Ifigenia viene proposta nel contesto della condanna della religio, intesa non come fede razionale negli dèi, ma come paura irrazionale e credenza superstiziosa.

Per l’epicureismo, filosofia a cui Lucrezio aderisce con convinzione, il timore degli dèi e dell’aldilà è una delle principali cause di infelicità umana. Solo la conoscenza razionale della natura e delle sue leggi può liberare l’uomo da queste paure. Il sacrificio di Ifigenia mostra invece il frutto avvelenato della superstizione: violenza gratuita, annullamento dei sentimenti naturali, barbarie camuffata da dovere sacro.

Attraverso l’episodio, Lucrezio non si limita a una critica storica: intende proporre una liberazione dell’umanità dalla schiavitù mentale della religione tradizionale. Il pensiero libero, sostenuto dalla scienza e dalla filosofia, si contrappone all’oscurantismo religioso, aprendo la strada a una nuova forma di felicità basata sulla serenità dell’animo (atarassia).

L’analisi del linguaggio e dello stile lucreziano

Il passo dedicato a Ifigenia nel De rerum natura è caratterizzato da un linguaggio fortemente drammatico, capace di suscitare emozioni intense nel lettore. Lucrezio utilizza una narrazione concisa ma incisiva, scegliendo immagini potenti: Ifigenia trascinata a forza verso l’altare, il suo grido muto, gli sguardi impietriti dei presenti.

Lo stile lucreziano combina la solennità epica con l’intensità lirica. L’uso degli enjambement, dei termini crudi e delle metafore amplifica il senso di ingiustizia e di orrore. La descrizione non lascia spazio alla retorica: la scena è nuda, diretta, spietata, proprio come il meccanismo crudele che denuncia.

Questa capacità di fondere passione etica e rigore razionale è una delle cifre distintive della poesia di Lucrezio, che non rinuncia all’arte, pur avendo un intento essenzialmente educativo e filosofico.

Il sacrificio come metafora sociale e politica

Oltre al significato religioso e filosofico, il sacrificio di Ifigenia può essere letto anche come una metafora politica. Agamennone, pur sapendo di commettere un’atrocità, sceglie di sacrificare la figlia per mantenere il favore dei suoi compagni e per garantire il successo militare.

Questa dinamica rivela una critica implicita ai meccanismi del potere, dove gli interessi politici, militari o di prestigio personale sono anteposti ai valori umani fondamentali. L’individuo, specie se debole o innocente, diventa sacrificabile in nome di obiettivi collettivi che spesso mascherano ambizioni personali.

Lucrezio, pur non trattando direttamente di politica nel suo poema, suggerisce che la corruzione delle credenze religiose è strettamente connessa alla corruzione del potere: entrambe fondano il loro dominio sull’ignoranza e sulla paura. La liberazione razionale dalla superstizione implica dunque anche una critica dell’autorità cieca e della violenza istituzionalizzata.

Ifigenia come simbolo di innocenza violata

Nel quadro tracciato da Lucrezio, Ifigenia assume un valore emblematico: è l’innocenza violata, il simbolo di tutte le vittime sacrificate sull’altare delle ideologie, dei dogmi, delle convenienze sociali. Non è soltanto una figura mitologica, ma diventa archetipo della sofferenza ingiusta, della crudeltà nascosta dietro il velo della sacralità.

L’orrore suscitato dal suo sacrificio non riguarda solo l’atto in sé, ma il tradimento dei valori naturali: l’amore familiare, la pietà, la compassione. In questo senso, il mito riletto da Lucrezio acquista una forza universale, che travalica il contesto storico e si rivolge a ogni epoca in cui la fede cieca giustifica la violenza.