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Saffo e il vero amore

Una delle più grandi poetesse della storia, venne paragonata a una dea dell'eros per la profondità dei suoi canti

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Chi era Saffo

Nata ad Ereso, nell’isola di Lesbo intorno al 630 a.C., della vita di Saffo si hanno pochissime notizie, per lo più tramandate dal Marmor Parium, dal lessico Suda, dall’antologista Stobeo, da autori latini come Cicerone e Ovidio e dalle testimonianze dei grammatici, oltre che dalle liriche e dai frammenti a lei attribuiti. Appartenente a una famiglia aristocratica, fu coinvolta nelle lotte politiche tra i vari tiranni che si avvicendarono al potere, da Melancro a Pittaco, passando per Mirsilo. Pertanto, insieme alla propria famiglia, trascorse una decina d’anni in esilio in Sicilia, probabilmente a Siracusa o Akragas (l’odierna Agrigento). Quando le fu permesso di fare ritorno nella propria patria, divenne direttrice e insegnante di un tiaso, una sorta di collegio in cui veniva curata l’educazione di gruppi di giovani fanciulle di famiglia nobile, con particolare attenzione ai valori che la società aristocratica del tempo riteneva necessari per una donna, ossia amore, capacità di sedurre, eleganza, raffinatezza, grazia, delicatezza e canto. Ebbe tra fratelli, Larico, coppiere nel pritaneo di Mitilene, Erigio, di cui si conosce solo il nome, e Carasso, un mercante che, innamoratosi dell’etera Dorica durante una missione in Egitto, mandò sul lastrico la propria famiglia: Saffo gli dedicò una preghiera, nei quali lanciò una maledizione alla giovane donna. Secondo alcuni autori ebbe una relazione con il poeta Alceo, secondo altri fu costretta a sposare Cercila di Andros, quel che è certo è che ebbe una figlia di nome Cleide, per la quale scrisse dei versi particolarmente teneri. Alcuni frammenti suggerirebbero che la poetessa raggiunse un’età piuttosto avanzata, ma non vi è alcuna sicurezza in merito.

Saffo, una dea dell’amore ‘ad honorem’

Considerata una delle più grandi poetesse della storia, perché capace di cantare l’amore come poche faranno dopo di lei, nonché la prima del genere femminile nel mondo greco antico, prettamente maschile, assurge quasi a una figura mitologica. Ciò fu possibile perché, nell’isola di Lesbo tra il VII e il V secolo a.C., il mondo femminile riusciva a trovare un proprio spazio autonomo in forme di associazione come il tìaso. Qui, oltre agli aspetti pedagogici e alla venerazione di Afrodite, Saffo ebbe modo di sperimentare l’amore omosessuale, che veniva, tuttavia, vissuto in funzione essenzialmente educativa. Le giovani ragazze, infatti, venivano preparate al matrimonio a trecentosessanta gradi, sessualità compresa. Ad ogni modo, tale prerogativa non impedì il sorgere di rapporti romantici, o anche solamente volti alla passione carnale, che la poetessa cantò nelle proprie liriche, mostrando la sofferenza – lenita dalla memoria, aspetto fondamentale nelle sue opere – vissuta nel doveva lasciar andare le giovani una volta terminata la formazione. Saffo, oltre ad essere stata la prima a raccontare di un amore non eterosessuale, al punto che lascerà in eredità l’aggettivo ‘saffico’, può essere inoltre considerata una femminista ante litteram in quanto, oltre alle numerose poesie e al proprio ruolo educativo e culturale per le giovani di Lesbo, da alcuni frammenti si apprende che fu molto critica rispetto al vincolo matrimoniale imposto alle donne da una società fondata sul patriarcato. La sua poetica, nel corso dei secoli, influenzò il pensiero di numerosi uomini di epoche posteriori: basti pensare all’opera conosciuta come “Ode della gelosia”, dedicata alla propria reazione alla vista di una delle sue allieve, arrivando ad affermare che “A me pare uguale agli dei“. Qui, si ha il primo esempio della cosiddetta sintomatologia d’amore, vale a dire di tutte quelle sensazioni che sconvolgono l’innamorato alla vista del suo oggetto erotico, dalla sudorazione alla tachicardia. Sono concetti che saranno ripresi in primis da Catullo, poi da Dante Alighieri e Petrarca, che ‘rubarono’ a Saffo l’abilità nel descrivere le pene che Amore infligge alle persone pervase da un così forte sentimento, e da Giacomo Leopardi, capace di provare empatia con la poetessa a causa di una sorte avversa che li aveva creati di brutto aspetto, condannandoli a una vita infelice, colma di sofferenza. Quest’ultimo aspetto, tuttavia, sarebbe confutato da alcune fonti, che descriverebbero, al contrario, Saffo come una donna piuttosto avvenente. Chi, invece, sostiene la tesi precedente, ritiene anche che la delusione per l’amore non corrisposto del mitologico pescatore Faone l’avrebbe portata al suicidio. Aggraziata o meno che fosse, la sua capacità di cantare l’amore in tutte le sue forme ha fatto sì che, la sua figura, venisse scolpita nella storia della poesia al pari di una vera e propria dea dell’eros.