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Arthur Rimbaud: la sua poesia e analisi di Vocali

Il più visionario dei “poeti maledetti” mostra subito la sua interpretazione del simbolismo, con questa precoce, iconica, lirica

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Definito anche il “poeta visionario”, Arthur Rimbaud può essere considerato il capofila dei “poeti maledetti”. Segnato dall’abbandono del padre, ma dall’intellettualità precoce, avrà una vita breve ed intensa, come la sua poetica. Scriverà moltissimo, ma solo dai 15 ai 19 anni. Poi abbandonerà definitivamente la letteratura, e inizierà a viaggiare per condurre un’esistenza sregolata.

Dal mito di Baudelaire, al rapporto burrascoso con Verlaine, in una delle sue prime poesie, “Vocali”, già definisce tutta la sua opera, mostrando appieno la sua interpretazione del simbolismo. Scritta nel 1872, la poesia descrive a pieno il pensiero di Rimbaud. Le parole non esprimono concetti ma diventano loro dei veri concetti, che rimandano ad una fitta rete di significati nascosti. La realtà si carica allora di “segreti” che il poeta ha il compito di svelare.

Bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi”.

Vocali

In questo sonetto di 14 versi, divisi in 2 quartine e 2 terzine, Rimbaud introduce la novità del suo linguaggio, tramite il quale vuole rappresentare le sensazioni che ciascuna vocale suscita, a seconda del modo in cui si scrive e del suono con cui si pronuncia.

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,

Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:

A, nero corsetto villoso di mosche splendenti

Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,

Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbrelle;

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra

Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,

Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe

Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,

Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:

– O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

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Analisi

Vocali non descrive solo immagini ma dà vita a concetti, associando sensazioni, colori e forme ad ogni suono, soppesando finemente ogni lettera. Il sonetto si apre proprio con questo accostamento tra vocali e colori, imponendolo in maniera perentoria già dal primo verso come dato oggettivo e incontestabile. Un’inflessibilità che gli fornisce l’abbrivio per partire da questo assurto e lasciarsi andare ad analogie ispirate alla gamma di colori, corredate da libere associazioni mentali ispirate dai suoni, le forme e i colori delle vocali.

Attraverso questo “viaggio” Rimbaud intende indicare i rapporti profondi che legano tutte le cose alla realtà. A, E, I, U, O, ogni lettera è caricata di un suo spessore e qualità.

Lettera A: il colore nero e l’analogia con le mosche indicano qualcosa di oscuro e richiamano la morte, ma il loro volo splendente tra gli olezzi della decomposizione ammiccano alla vita. Mentre l’immagine dei golfi d’ombra, approdo sicuro e cono oscuro, basta da sola a rivelare una femminilità terrorizzante e materna allo stesso tempo;

Lettera E: il colore bianco, se associato al movimento dei vapori e delle tende, evoca la purezza e richiama la spensieratezza del poeta, ma se accostato alla rigidità dei ghiacciai e dei re bianchi, dall’etereo si passa all’austero, per poi ritornare, in un continuo annullamento degli opposti, alla virginea tenerezza delle candide ombrelle;

Lettera I: il colore rosso richiama violenza e tentazioni, per dei nuovi forti contrasti, con una vocale aggressiva come l’immagine del sangue sputato e ammiccante come le belle labbra, che si allargano in un sorriso, ma anche irruente come l’ira e pudica come la penitenza;

Lettera U: il colore verde torna a suscitare la tranquillità della E, ma stavolta con un’immagine quasi bucolica, che la forma, che evoca nel poeta quella di pacifici golfi, sintetizza in un senso di pace, lo stesso che distende le rughe impresse sulla fronte degli studiosi;

Lettera O: è collocata al termine del sonetto per rappresentare l’Omega, ultima lettera dell’alfabeto greco, simbolo di perfezione cosmica e di equilibrio. Ma associata al colore viola e alla circolarità della forma rappresenta anche la fine della vita. Una morte preannunciata anche dall’effetto sonoro delle trombe, seguito da un siderale silenzio. Sotto lo sguardo di un Dio giudicante o ancora di una donna madre.

Vocali è quindi riducibile ad una grande sinestesia, che mescola e confonde sensazioni afferenti a sfere sensoriali diverse. Le immagini, proposte in maniera anarchica e arbitraria, sgorgano direttamente dalla mente del poeta. I versi si susseguono in maniera incalzante attraverso parole collegate tra loro per asindeto, dando ritmo all’intero sonetto. Che per quanto appaia quasi imperscrutabile ad una prima lettura, riserva in realtà significati profondi, possibili da cogliere solamente lasciando andare la ragione, per abbandonarsi all’istinto.