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"Cinque maggio" di Manzoni, sintesi e spiegazione della poesia

La famosa ode a Napoleone offre una riflessione storica ed etica, che pone in risalto la fragilità umana e la misericordia divina

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Il “Cinque maggio” è un’ode scritta da Alessandro Manzoni in onore della morte di Napoleone, sopraggiunta nell’esilio sull’isola di Sant’Elena, il 5 maggio del 1821. Il poeta apprende la notizia solamente nel luglio e ne resta talmente colpito da decidere di dedicare all’evento non solo una commemorazione, ma una riflessione storica ed etica, che evidenzi la fragilità terrena e la misericordia divina. Composta quasi di getto e ultimata nel giro di tre o quattro giorni, l’ode riscuote subito grande successo e ampia diffusione, tanto che già nel 1822 Goethe la tradurrà in tedesco.

Testo

1. Ei fu. Siccome immobile,

2. dato il mortal sospiro,

3. stette la spoglia immemore

4. orba di tanto spiro,

5. così percossa, attonita

6. la terra al nunzio sta,

7. muta pensando all’ultima

8. ora dell’uom fatale;

9. né sa quando una simile

10. orma di pie’ mortale

11. la sua cruenta polvere

12. a calpestar verrà.

13. Lui folgorante in solio

14. vide il mio genio e tacque;

15. quando, con vece assidua,

16. cadde, risorse e giacque,

17. di mille voci al sonito

18. mista la sua non ha:

19. vergin di servo encomio

20. e di codardo oltraggio,

21. sorge or commosso al subito

22. sparir di tanto raggio;

23. e scioglie all’urna un cantico

24. che forse non morrà.

25. Dall’Alpi alle Piramidi,

26. dal Manzanarre al Reno,

27. di quel securo il fulmine

28. tenea dietro al baleno;

29. scoppiò da Scilla al Tanai,

30. dall’uno all’altro mar.

31. Fu vera gloria? Ai posteri

32. l’ardua sentenza: nui

33. chiniam la fronte al Massimo

34. Fattor, che volle in lui

35. del creator suo spirito

36. più vasta orma stampar.

37. La procellosa e trepida

38. gioia d’un gran disegno,

39. l’ansia d’un cor che indocile

40. serve, pensando al regno;

41. e il giunge, e tiene un premio

42.ch’era follia sperar;

43. tutto ei provò: la gloria

44. maggior dopo il periglio,

45. la fuga e la vittoria,

46. la reggia e il tristo esiglio;

47. due volte nella polvere,

48. due volte sull’altar.

49. Ei si nomò: due secoli,

50. l’un contro l’altro armato,

51. sommessi a lui si volsero,

52. come aspettando il fato;

53. ei fe’ silenzio, ed arbitro

54. s’assise in mezzo a lor.

55. E sparve, e i dì nell’ozio

56. chiuse in sì breve sponda,

57. segno d’immensa invidia

58. e di pietà profonda,

59. d’inestinguibil odio

60. e d’indomato amor.

61. Come sul capo al naufrago

62. l’onda s’avvolve e pesa,

63. l’onda su cui del misero,

64. alta pur dianzi e tesa,

65. scorrea la vista a scernere

66. prode remote invan;

67. tal su quell’alma il cumulo

68. delle memorie scese.

69. Oh quante volte ai posteri

70. narrar se stesso imprese,

71. e sull’eterne pagine

72. cadde la stanca man!

73. Oh quante volte, al tacito

74. morir d’un giorno inerte,

75. chinati i rai fulminei,

76. le braccia al sen conserte,

77. stette, e dei dì che furono

78. l’assalse il sovvenir!

79. E ripensò le mobili

80. tende, e i percossi valli,

81. e il lampo de’ manipoli,

82. e l’onda dei cavalli,

83. e il concitato imperio

84. e il celere ubbidir.

85. Ahi! forse a tanto strazio

86. cadde lo spirto anelo,

87. e disperò; ma valida

88. venne una man dal cielo,

89. e in più spirabil aere

90. pietosa il trasportò;

91. e l’avviò, pei floridi

92. sentier della speranza,

93. ai campi eterni, al premio

94. che i desideri avanza,

95. dov’è silenzio e tenebre

96. la gloria che passò.

97. Bella Immortal! benefica

98. Fede ai trionfi avvezza!

99. Scrivi ancor questo, allegrati;

100. ché più superba altezza

101. al disonor del Gòlgota

102. giammai non si chinò.

103. Tu dalle stanche ceneri

104. sperdi ogni ria parola:

105. il Dio che atterra e suscita,

106. che affanna e che consola,

107. sulla deserta coltrice

108. accanto a lui posò.

Sintesi

Nel “Cinque maggio”, il Manzoni ricostruisce la vicenda umana di Napoleone in chiave cristiana, partendo proprio dall’immagine dell’Imperatore in esilio, giunto al tramonto della sua esistenza, come un uomo costretto all’inattività e tormentato dai ricordi delle sue grandi imprese. Le riflessioni poetiche di Manzoni sfociano, dopo aver evocato le epiche gesta napoleoniche, in una nuova meditazione, che assume una valenza universale, riguardo la caducità di ogni grandezza terrena e di come le umane sofferenze finiscano per placarsi nella fede in Dio.

Nel prologo, versi 1-24, il Manzoni illustra il tema rappresentando l’emozione provocata dalla notizia della morte di Napoleone. Il poeta ricorda la sua passata posizione di riserbo nei suoi confronti, in cui non ha mai avuto parole né di elogio, né di denigrazione. La parte centrale, versi 25-84, propone la descrizione delle vicende storiche, attraverso la rievocazione dei momenti salienti della parabola di gloria e di rovina delle gesta napoleoniche. Qui il Manzoni non esprime la sua personale posizione, preferendo lasciare ai posteri il giudizio sulla gloria terrena del personaggio, mentre si riserva di esprimere un giudizio sulla grandezza morale del Napoleone ormai uomo perdente, che si inchina di fronte a Dio tramite la conversione, scoprendo così il suo autentico valore.

Spiegazione

Con “Il cinque maggio”, il Manzoni non intende glorificare la figura di Napoleone, ma esprimere la propria concezione della storia umana come disegno divino. I temi dominanti dell’ode sono il contrasto tra l’epica grandezza di Napoleone e la sua caduta così repentina, che mette in rilievo la vanità della gloria terrena e porta Manzoni ad una riflessione sulla storia e sul senso dell’agire umano, e la volontà divina, una provvidenzialità superiore, che determina e dirige azioni ed eventi umani. La vera protagonista della storia è infatti la Provvidenza divina, che serve ad inquadrare l’intera vicenda umana di Napoleone nell’imperscrutabile volontà di Dio. Ogni avvenimento terreno avviene in base ad un misterioso disegno divino, che si serve di strumenti per imprimere la sua potenza nella storia, proprio come accaduto per Napoleone, sul quale Dio ha impresso un segno della sua potenza creatrice. Al Manzoni, allora, non interessa il Napoleone potente delle vittorie militari e regnante, bensì l’uomo vinto e umiliato dall’esilio che, purificato dalle sofferenze, diventa degno di ricevere il conforto di Dio. In questo finale risiede la prospettiva religiosa che permea l’intero componimento, il “fu vera gloria” e l’ardua sentenza lasciata ai posteri, trova in realtà una risposta molto più potente poiché la sua gloria è nulla di fronte alla salvezza della sua anima, possibile solo affidandosi completamente e definitivamente a Dio.