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Federico Barbarossa, vita e pensiero politico dell'imperatore

Considerato uno dei più importanti sovrani del Sacro Romano Impero, si guadagnò il proprio soprannome - utilizzato in italiano a scapito dell'equivalente tedesco 'Kaiser Rotbart' anche in Germania - per le sue campagne nel Nord dello Stivale

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Duca di Svevia per eredità, poi re d’Italia, dei Romani e di Borgogna, oltre che imperatore del Sacro Romano Impero: sono i titoli accumulati da Federico I Hohenstaufen detto “Barbarossa”, considerato dai propri contemporanei un essere quasi sovrumano grazie alla propria longevità, ma anche all’ambizione e alle straordinarie qualità mostrate tanto in politica, quanto sul campo di battaglia.

Chi era Federico Barbarossa

Federico I Hohenstaufen nacque nel castello di Waiblingen tra il 1118 e il 1225 (secondo alcune versioni nel 1122) dal duca Federico II della dinastia degli Hohenstaufen e da Giuditta, figlia del duca di Baviera Enrico IX, del casato rivale dei Welfen: in sostanza, il futuro “Barbarossa” discendeva dalle due famiglie più potenti della Germania. Nel 1147 succedette al padre col nome di Federico III di Svevia e l’anno seguente partecipò con lo zio Corrado III alla seconda crociata, ma fu nel 1152 – ad Aquisgrana – che venne incoronato Re dei Romani: fu possibile grazie ad un compromesso e, più in particolare, con la rinuncia ad ogni pretesa da parte del cugino, il duca di Sassonia Enrico il Leone. Federico I indisse nel 1153 una dieta a Costanza nella quale espresse la convinzione che potere politico e spirituale potessero collaborare su un piano di parità, ma si impegnò al tempo stesso di rispettare il prestigio e la potenza della Chiesa cattolica in cambio della promessa di essere incoronato imperatore. In quest’occasione, sfruttando la richiesta di aiuto di molte città del nord Italia, progettò le proprie campagne nello Stivale, un territorio considerato fondamentale per realizzare il proprio progetto imperiale.

Federico Barbarossa, le discese in Italia

Nell’ottobre 1154, a capo di un piccolo esercito, partì dal Tirolo e scese in Italia, convocando una dieta a Roncaglia in cui revocò tutte le regalie usurpate dai Comuni, distrusse alcune località minori consegnandole a dei vassalli, e rase al suolo – nell’aprile del 1155, dopo sette mesi di assedio – Tortona, una delle principali alleate di Milano. Fallita un’intensa attività diplomatica con l’imperatore bizantino Manuele I Comneno finalizzata ad estendere la propria influenza in Sicilia, e dopo essere stato nominato poco dopo Pasqua re d’Italia – con la corona ferrea – nella basilica di San Michele Maggiore a Pavia (ma secondo altre fonti a Monza), puntò dritto verso Roma, dove venne incoronato – a San Pietro – imperatore da papa Adriano IV il 18 giugno dello stesso anno. Sedata la rivolta della popolazione, il pontefice chiese a Federico di marciare verso la Sicilia, il quale dovette rifiutare a causa del parere contrario espresso dai baroni. Il rapporto tra Barbarossa ed Adriano IV, ad ogni modo, si guastò ben presto, ma lo ‘scontro’ avvenuto durante la dieta di Besançon del 1157 venne ricomposto, soprattutto grazie alla presa di posizione del clero tedesco in favore dell’imperatore. Nel giugno 1158 iniziò la seconda discesa in Italia, sottomise Brescia, ordinò la ricostruzione di Lodi ed assediò Milano, mentre con la seconda dieta di Roncaglia, ricevette l’elenco dei diritti regi, poi inserito nella ‘Constitutio de regalibus’: dall’elezione di duchi, conti e marchesi alla nomina di consoli comunali e magistrati cittadini, passando per la riscossione delle tasse, il conio delle monete e l’imposizione di lavori di carattere pubblico. Entrato trionfalmente a Como ed occupata Crema (1159), s’inasprì nuovamente il rapporto con il papa ma, poco prima di scomunicarlo, Adriano IV morì, sostituito da Alessandro III. Milano, nel frattempo, continuava a rifiutare le direttive imperiali e nel 1162 venne rasa al suolo. La terza discesa nel Belpaese avvenne nell’ottobre del 1163, ma il suo esiguo esercito non ebbe la forza di sedare le rivolte nate a Verona, Padova e Vicenza. Inoltre, una malattia lo costrinse a far ritorno in patria, prima di tentare una quarta ‘avventura’ nell’ottobre 1166, durante la quale constatò – nella dieta di Lodi – la crescente avversione nei propri confronti. Fu impegnato a lungo nel Nord Italia, quindi ad Ancona, che si difese strenuamente, per mettere poi a ferro e fuoco a Roma, con il pontefice che fuggì a Benevento. Nell’Urbe, Barbarossa si fece incoronare – il 1° agosto 1167 – dall’antipapa Pasquale III imperatore per la seconda volta. Mentre, con l’aiuto di Pisa, preparava l’attacco in Sicilia, un’improvvisa epidemia di febbre decimò il proprio esercito. Complice la nascita della Lega Lombarda, creata dalle città settentrionali dello Stivale, compresa Cremona, da sempre fedele a Federico, il sovrano del Sacro Romano Impero fu costretto a ripiegare in Germania, dove rimase per sei anni. Nell’aprile del 1169 fece eleggere re dei Romani, alla dieta di Bamberga, il figlio Enrico, acquistò i possedimenti svevi e toscani dello zio Guelfo VI, che non aveva eredi, e cercò invano di riconciliarsi con Alessandro III. La quinta discesa in Italia avvenne quindi nel 1174, stavolta a capo di un grosso esercito. Distrusse Susa a settembre, poi prese Asti, Alba, Acqui, Pavia e Como, ma la sconfitta ad Alessandria lo obbligò a negoziare la pace con la Lega. La via diplomatica, tuttavia, naufragò e ripresero le ostilità, fino al disastro di Legnano del 29 maggio 1176. Rifugiatosi a Pavia, Barbarossa si affrettò a trovare un’intesa col pontefice, disconoscendo l’antipapa e restituendo a Roma le sue regalie e i suoi territori, in cambio di una mediazione con i Comuni. Si giunse così alla Pace di Venezia nel luglio del 1177, ma a realizzare il suo sogno di legare l’Italia meridionale all’impero fu un matrimonio: precisamente, quello tra il figlio Enrico VI e Costanza d’Altavilla, ultima erede della dinastia normanna, andato in scena nell’aprile del 1186.

La terza crociata e la morte di Federico Barbarossa

La terza crociata venne organizzata nel 1187, dopo la caduta di Gerusalemme. Memore del fallimento nella precedente, Federico – il 27 marzo 1188, a Magonza – ufficializzò la propria partecipazione, dopo aver accettato nel proprio esercito soltanto chi fosse stato in grado di mantenersi per due anni e aver ottenuto dal re d’Ungheria, dall’imperatore di Bisanzio e dal sultano di Iconio il permesso di attraversare i relativi territori. Scrisse inoltre al sultano d’Egitto, Siria, Yemen e Hijaz Saladino intimandolo di abbandonare le aree di cui si era impadronito, ma questi rispose che era pronto alla sfida. Barbarossa lasciò quindi il figlio a capo dell’impero e partì da Ratisbona nel maggio 1189, attraversando l’Ungheria, i Balcani e trattò con l’impero bizantino il passaggio in Anatolia, ma Isacco, in accordo con Saladino, imprigionò gli ambasciatori. Federico, allora, chiese aiuto alle Repubbliche Marinare e al figlio Enrico VI per avere ulteriori rinforzi ed attaccare Costantinopoli, costringendo Isacco a firmare – nel febbraio 1190 – il trattato di Adrianopoli, col quale veniva permesso ai crociati di attraversare l’Ellesponto. In Asia Minore, continuamente vittima di sortite da parte di bande di Selgiuchidi, l’esercito tedesco fu ridotto alla fame, ma ciò non gli evitò di sconfiggere il sultano Qilij Arslan II, occupando la capitale Konya, ed obbligandolo a mantenere gli impegni presi (libertà di transito, rifornimento di approvvigionamenti e l’aiuto di guide armene fino in prossimità della Terra santa). Tuttavia, Federico affogò durante il guado del fiume Saleph, il 10 giugno 1190, in circostanze misteriose e la sua morte mandò nel caos l’esercito imperiale, che non riuscì mai ad unirsi alle truppe francesi e inglesi per l’attacco a quelle di Saladino.