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Come scrivere una poesia: consigli ed esempi

Da cosa partire ai tipi di rime: ecco tutti i segreti per comporre i vostri versi

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

La domanda circa il perché deve precedere quella riguardante il “come” scrivere, o per meglio dire comporre, la poesia stessa. È ovvio che lo scrivente abbia ben chiaro l’istinto che lo muove, la fonte della propria ispirazione; porsi questo tipo di interrogativo però aiuta a raggiungere il l’ottenimento della massima soglia di efficacia. I perché che stanno dietro alla composizione di un testo poetico sono molteplici e la maggior parte degli “autori”, anche se alle prime armi, in genere ha più di una motivazione da esibire. Voler scrivere una poesia per celebrare un amore, uno stato d’animo, un paesaggio, un avvenimento e migliaia di altre cose che possono meritare dei versi, regolari o irregolari che siano, è dunque un’istanza dell’anima. Chiedersi ancora una volta “Perché?”, tuttavia, anche quando ci si appresta già a comporre il testo, non è mai inutile, se non altro perché aiuta a riflettere più lucidamente circa l’efficacia del testo in relazione al o ai destinatari.

Bisogna essere poeti per scrivere una poesia?

Una celebre frase di Fabrizio De André recita: “Benedetto Croce diceva che fino all’età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi, rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore”. Bene, se a dirlo è, anche un poco ironicamente, uno dei più grandi poeti del Novecento in senso assoluto, è bene pensare che chiunque voglia cimentarsi nella stesura di un testo poetico non possa sentirsi automaticamente un poeta, così come chi scrive un libro non può automaticamente considerarsi scrittore; al tempo stesso, però, questo sottintende che per comporre una o più poesie essere poeti non è un obbligo. Si può desiderare di comporre una poesia per uno slancio ideale o sentimentale che potrebbe non tornare più dopo la prima volta, perché ci si è innamorati come mai in precedenza, perché si vuole semplicemente giocare con le parole e all’occorrenza con le rime, perché…migliaia di perché, che non c’è nemmeno bisogno di illustrare in dettaglio perché una poesia non è di per sé un testo “utile”, che risponde a un fabbisogno specifico, economico o sociale. È una necessità strettamente individuale, per tutti, come lo era anche per Dante o Leopardi; giustificata solamente dall’ispirazione individuale, che va onorata se non altro per soddisfarla, per togliersi il dubbio circa la propria capacità di produrre un testo poetico che abbia le caratteristiche per essere definito tale.

Da dove cominciare per scrivere una poesia?

Tutti hanno ben presente la scaturigine, ossia la fonte dell’ispirazione poetica, che per ognuno può essere differente: dalla persona amata, addirittura a una ricetta di cucina che ci fa perdere la testa, visto che in molte trattorie si trovano pergamene o ceramiche sulle quali sono incisi versi che celebrano questo o quel piatto regionale. Se ci è venuto in mente di dedicare una poesia a qualcosa o a qualcuno, automaticamente quel qualcosa o quel qualcuno meritano di avere dei versi a essi dedicati. Non ci si deve porre il problema che per altri possa risultare indegno o ridicolo il soggetto che abbiamo scelto.

Versi sciolti, liberi o metrica o regolari?

La poesia, mentre la si pensa per poi scriverla, va anche “costruita” e in questo senso le possibilità sono molteplici, come dimostra la tradizione italiana sviluppatasi in secoli di letteratura. La premessa è che, soprattutto se si è alle prime armi, logica vuole che probabilmente non si sia subito in grado di costruire versi dalla metrica ricorrente e cadenzata come misura sillabica, anche se attraverso i propri studi si è appreso cosa siano un endecasillabo o un settenario e che caratteristiche metriche debbano avere. Allora meglio optare, per cominciare a produrre i propri testi (presumibilmente) poetici, sul verso libero, ossia non vincolato da alcuna regola riguardante la misura: potremo così comporre una poesia i cui versi si alternano liberamente, con misura variabile e con la libera alternanza di versi lunghi o brevi secondo discrezione o ispirazione.

Altra cosa è il verso sciolto: una successione di versi riconoscibili dal punto di vista metrico: trisillabi, settenari, ottonari, decasillabi e via dicendo ma che non seguono un ordine prestabilito o ricorrente.

Se invece si è in possesso, oltre che di una fonte d’ispirazione, anche di una minima base di rudimenti metrici o anche tecnici circa la versificazione, allora ci si può cimentare nella stesura di un testo poetico con una struttura regolare di versi ricorrenti, tutti della stessa misura sillabica o alternati secondo uno schema in questo caso prestabilito. Il “gioco”, perché è bene ricordare che di questo si tratta anche quando componiamo una poesia in preda alla più intensa sofferenza amorosa, vale la candela perché in questo caso ci si cimenta, oltre che con la creatività di immagini e definizioni, anche con la propria capacità di ordinare parole e sillabe e di inserire una produzione sentimentale all’interno di una struttura che richieda anche la logica di uno schematismo.

Con le rime o senza?

La rima è un virtuosismo linguistico, più che una figura retorica vera e propria, che fa parte della struttura della poesia stessa: un effetto fonico che rende il testo più memorizzabile e che blandisce la soglia di attenzione di chi legge o ascolta la poesia, anche ove messa in musica; del resto nel Medioevo la maggior parte dei testi poetici erano accompagnati da una melodia e cantati, letteralmente, dai cosiddetti Trovatori, che altro non erano che poeti itineranti che al tempo stesso possiamo considerare dei musici. Se pensiamo che i bambini, anche quelli molto piccoli, una volta che hanno preso confidenza col linguaggio trovano naturale improvvisare rime anche casuali, senza alcun appiglio logico, comprendiamo come l’effetto sonoro della ripetizione abbia l’effetto di aiutare il testo a rimanere impresso: qualsiasi testo, ben al di là dello specifico poetico, dai versi del più impegnato dei cantautori fino agli slogan pubblicitari che la utilizzano affinché al potenziale consumatore del prodotto pubblicizzato quest’ultimo resti più impresso proprio grazie alla rima dello slogan, come per esempio – L’amarissimo che fa benissimo – e via pubblicizzando.

Esistono parole più adatte di altre alla poesia?

Mai pensare che, al pari di argomenti considerati erroneamente troppo semplici, esistano parole il cui uso sia troppo quotidiano, usuale e di conseguenza banale per poter essere adoperato in un testo che abbia la pretesa di essere poetico. In questo senso ci vengono incontro secoli di tradizione letteraria italiana e, in particolar modo, il XIX e il XX secolo, perché i più grandi poeti della nostra tradizione in quelle epoche hanno prodotto capolavori immortali parlando di un colle e di una siepe, come Leopardi; di un albero di limoni, come Montale; di un’alba come Ungaretti.

Come scriverla, la poesia

Il foglio bianco è una sfida e al tempo stesso un’occasione, se abbiamo avuto l’ispirazione di scriverla, la nostra poesia, ora non dobbiamo negarci la possibilità. Ecco alcuni consigli in sequenza, con la premessa che ognuno di noi, dopo aver trovato la sua vena poetica, attraverso la pratica individuerà poi il suo stile.

  • Innanzitutto focalizza quello che vuoi dire, i concetti che vuoi rendere attraverso la tua poesia.
  • Appunta quelle che, nella tua poesia, dovranno essere le parole chiave, i vocaboli attraverso i quali potrai condensare i sentimenti che ti hanno ispirato.
  • Cancella l’imbarazzo e la paura che tu stia per scrivere cose stupide: male che vada, se proprio la cosa dovesse crearti troppi imbarazzi, non la farai leggere a nessuno.

Comincia scrivendo perché la poesia piaccia a te, perché ti diverta, ti appassioni o ti faccia sfogare l’insieme dei tuoi versi.

  • Presta “orecchio” alla sequenza delle parole, senti come suonano, nell’insieme. Se adotterai una versificazione regolare, una struttura metrica o addirittura delle rime, la cosa ti verrà naturale, ma anche qualora tu adotti versi liberi, l’ordine delle frasi e l’accostamento o il distanziamento tra due o più vocaboli produrranno un effetto di maggiore o minore “melodia”. Sperimenta, divertiti nel farlo.
  • Leggi ad alta voce la tua poesia, come se stessi addirittura interpretando il tuo testo. Valuta l’effetto che produce mentre ti ascolti, senza compiere l’errore di esaltarti, né quello di quello di abbatterti.
  • Pensa a cosa vuoi fare della tua poesia: tenerla nascosta nel segreto di un tuo diario? Farla leggere a pochi intimi? Divulgarla a un pubblico più vasto? Pubblicarla come post su un social? Ogni scelta è lecita.
  • Nessun testo è definitivo: aggiusta, cancella, riscrivi il verso con un ordine diverso, asciuga, aggiungi. Deve suonare bene al tuo orecchio, perché deve rispecchiare nella maniera più armonica possibile il fluire delle tue sensazioni, dei tuoi sentimenti, dei tuoi pensieri.