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Cos'è il mito: origine, tipologie, e ruolo dei cantastorie

Si tratta di una narrazione investita di sacralità relativa alla cosmogonia o alle modalità con cui il mondo e le sue creature hanno raggiunto la forma attuale

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Origine, tipologie e contenuti del mito

Il mito, un termine che deriva dal greco arcaico “mythos” e che significa “parola”, “discorso” o “racconto”, è una narrazione investita di sacralità relativa, nel senso che esso viene considerato verità di fede e che gli viene attribuito un significato religioso o spirituale. Si possono distinguere i miti cosmogonici, che raccontano la creazione dell’universo, quelli antropogonici, che narrano la nascita dell’uomo, quelli teogonici, che spiegano l’avvento delle divinità, quelli eziologici, dedicati all’origine delle attività economiche e quelli eroici, che vertono, infine, sulle avventure e le imprese di guerra di uomini straordinari. I suoi protagonisti, infatti, sono spesso dèi ed eroi all’interno di un contesto soprannaturale e le vicende sono ambientate in un’epoca molto lontana rispetto al momento in cui vengono descritte, ma non mancano esempi in cui i personaggi principali sono antenati, animali o creature mostruose. Nell’antichità i rituali legati alle feste agresti pubbliche venivano fissati in opere di pittura o di scultura – sulle pareti di templi e case o su vasi, sigilli, tazze, cofani, scudi, tappezzerie – allo scopo di garantire la fertilità della terra o la prosperità dei regni: i miti, pertanto, divennero istituzioni religiose fondamentali e il loro contenuto veniva condiviso, in quanto ritenuto importante da tutti. Per tali motivi, esso si differenziava dall’episodio storico romanzato, dalla propaganda politica, dalla satira, dalla parodia, dall’aneddoto umoristico, dall’allegoria, dalla leggenda morale, dalle favole sentimentali e da quelle sulle terre felici, dal melodramma, dalla saga eroica e dal romanzo realistico.

Dai cantastorie alla scrittura

In origine i miti venivano raccontati e tramandati oralmente ed esistevano dei narratori specializzati preposti a questo scopo: essi, sovente, erano gli anziani, gli uomini più colti, i capi tribù, gli sciamani e i sacerdoti che, in occasioni particolari, riunivano la comunità con l’intento di farle ascoltare “la storia delle storie del mondo”. Questa figura, chiamata in differenti modi e con precise peculiarità a seconda delle epoche e dei popoli (dagli aedi e dai rapsodi greci ai giullari e i menestrelli, passando per i bardi celtici, gli scaldi nei villaggi dei Vichinghi, i trovatori del Medioevo francese e della scuola poetica siciliana, i meddah della Turchia, le donne chitrakar del Bengala occidentale e i griot africani), coincide ad ogni modo con quella tradizionale del cantastorie: essa fa parte della letteratura orale e della cultura folklorica popolare e può essere intesa come un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei, attraverso il proprio canto. Le storie narrate, poi, che si modificavano rapidamente sia in quanto trasmesse oralmente, sia perché ogni artista vi aggiungeva un tocco personale, entravano a far parte del bagaglio spirituale, mitologico e culturale collettivo di una comunità. Con l’invenzione della scrittura anche i miti si trasformarono in opere poetiche, dapprima a carattere religioso: ecco perché nell’antica Grecia, politeista, ma convinta del fatto che questi esseri soprannaturali fossero mossi da sentimenti “umani”, troviamo spesso storie di dèi che si rivelano agli uomini o si uniscono a loro, intervengono sul loro destino, spesso sotto false vesti, così come boschi e acque sono popolate da creature dalla doppia natura. Gli stessi eroi, dotati di forza e scaltrezza fuori dal comune, ma anche di intelligenza e bellezza straordinarie, hanno sovente discendenza ultraterrena almeno da parte di un genitore. Tra i primi abitanti dell’antica Roma, invece, vale a dire agricoltori e pastori, alle divinità locali venivano attribuite delle specifiche funzioni, legate a singoli aspetti della quotidianità. Questi esseri, particolari e in un certo senso “limitati”, erano al centro di culti e leggende locali ma, al tempo stesso, erano inadatti ai grandi miti sull’origine del mondo e dell’universo: ecco perché, agli albori del più grande impero della storia, non esistevano miti cosmogonici e teogonici originali, ma soltanto storie che avevano come protagonisti uomini leggendari.