Nell’italiano contemporaneo la forma corretta è affatto, nato dall’univerbazione di a e fatto con raddoppiamento sintattico della consonante con cui inizia la seconda parola – come in quassù, soprattutto e chissà.
I dubbi relativi alla corretta grafia nascono perché il fenomeno dell’univerbazione, comune nella nostra lingua, non segue una regola univoca: a volte i due termini che formano una terza parola vengono semplicemente affiancati – come accade in sottosopra, almeno e tuttavia -, altre volte prevedono invece un’apocope del primo termine – come in talvolta e talora -, altre ancora il raddoppiamento della prima lettera del secondo lemma – il caso di affatto appunto.
Per fugare possibili incertezze, tuttavia, possiamo focalizzarci sulla funzione di affatto e inserirlo in diversi contesti per vedere come si comporta. Se in origine l’avverbio affatto voleva dire del tutto, interamente, completamente, oggi tale uso non è più così comune. La funzione che in genere ricopre è di rafforzativo in proposizioni negative. Vediamo un paio di esempi per chiarire quanto detto.
Esempio 1: È affatto cieco (è completamente cieco, usato soprattutto in passato)
Esempio 2: Non è affatto simpatico da parte tua invitare solo alcuni compagni di classe alla festa e non altri (rafforzativo, uso più comune)
Bisogna quindi sottolineare che affatto non corrisponde in senso lato a per niente, ma è un avverbio con valore rafforzativo che assume il valore di per nulla solo nelle frasi negative.
Esempio 1: "Ti spiace se uso la tua auto domani?" "Affatto" (forma scorretta)
Esempio 2: "Ti spiace se uso la tua auto domani?" "Nient’affatto / No, affatto / Per niente" (forme corrette)