In italiano contemporaneo si scrive chissà, con raddoppiamento fonosintattico della s dopo chi e l’accento sulla ultima a tipico delle parole tronche. In questo caso sulla forma originale – chi sa? – si è infatti affermata la pronuncia toscana. Così non era in passato. Ancora Manzoni e Carducci non ritenevano corretta la forma univerbata; fu Verga uno dei primi ad usare l’espressione univerbata.
Quindi oggi quale delle due forme è corretta? Entrambe, anche se la forma chissà è più usata di chi sa, comunque ammessa in diversi dizionari. In genere si usa chissà quando serve una locuzione avverbiale che esprima incertezza o speranza, oppure con valore di forse, può essere in incisi e in risposte a domande. Chi sa, invece, è più comune in frasi in cui chi è pronome relativo e sa è verbo.
Esempio 1: Chissà se Ludovico riuscirà a partecipare alla festa
Esempio 2: Sapeva, chissà, che ce l’avrebbe fatta a vincere la gara?
Esempio 3: “Domani vieni con noi?” “Chissà, non so se ho tempo”
Esempio 4: Chi sa come procedere ci dia istruzioni al riguardo
Ricordiamo tuttavia che nelle locuzioni con valore indeterminato non sono necessari ulteriori raddoppiamenti. Sono di gran lunga preferibili i composti chissà che oppure chi sa che, chissà chi oppure chi sa chi, chissà dove oppure chi sa dove, chissà come oppure chi sa come, chissà perché oppure chi sa perché chissà quanti oppure chi sa quanti e chissà mai oppure chi sa mai, evitando forme quali chissacché, chissacchì, chissaddove, chissaccome, chissapperché o chissammai.
Si può quindi concludere che nell’italiano contemporaneo la forma con un solo raddoppiamento sintattico, chissà, sia la più comune sebbene non sia errato scrivere chi sa.