Se ci riferiamo all’espressione con la quale si intende che non c’è nessun problema, la grafia corretta è tutto a posto: sono tre parole distinte che non prevedono alcuna univerbazione e alcun raddoppiamento fonosintattico, come accade invece in numerose altre situazioni quali eppure, soprattutto, dappertutto, chissà e appunto. In italiano, tutto apposto non ha alcun significato, pertanto è da considerarsi errore.
Per ricordare quale sia il giusto modo di scrivere è sufficiente ragionare sulla forma sbagliata, tutto apposto. Pensiamo per un attimo che sia questa la versione corretta. Se così fosse apposto deriverebbe dalla fusione dei termini a e posto con raddoppiamento della prima consonante della seconda parola.
I dubbi circa la corretta grafia nascono dal fatto che in italiano il termine apposto esiste e si potrebbe quindi pensare di usarlo anche nell’espressione tutto apposto. E invece no, perché in questo caso l’etimologia di apposto è completamente diversa: non è il risultato di un’univerbazione, bensì il participio passato del verbo apporre, derivato dal latino appōnĕre, disceso a sua volta da ad – presso – e pōnĕre – porre. L’accezione è quindi aggiungere, mettere accanto, e lo era già al tempo dei Romani.
Di conseguenza, la parola apposto intesa come participio passato di apporre esiste, ma non ha ragion d’essere nell’espressione tutto apposto. Vediamo allora come usare correttamente sia il modo di dire tutto a posto che il participio passato apposto
Esempio 1: Continua a ripetermi che è tutto a posto, ma non ne sono convinto
Esempio 2: "Ti vedo stanco, è tutto a posto? Possiamo continuare l’allenamento?"
Esempio 3: "Hai riordinato la tua camera?" " Sì mamma, è tutto a posto"
Esempio 1: Ho apposto la firma su tutte le carte inviate dalla banca
Esempio 2: Massimo ha apposto le pubblicità negli spazi dedicati
Esempio 3: Prima dell’inizio della scuola Gaia aveva apposto le etichette con il suo nome su tutti i quaderni
A complicare ulteriormente le cose si aggiunge anche l’espressione farlo apposta: qui si utilizza la forma univerbata con raddoppiamento fonosintattico, nata dalla fusione di a e posta, che non ha nulla a che fare con il verbo apporre al participio. La versione staccata, a posta, è considerata antiquata. Tuttavia permane il modo di dire a bella posta, come sinonimo di intenzionalmente.
Insomma, la lingua italiana è complicata e districarsi nell’ortografia non è sempre semplice. Conoscere le ragioni per cui è da preferirsi una forma rispetto ad un’altra, però, aiuta a fissare il giusto modo di scrivere: ora sappiamo quando utilizzare apposto e a posto, che si scrive tutto a posto e farlo apposta ma esiste anche l’espressione a bella posta.