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Ulisse e la maga Circe: cosa accade nel X libro dell'Odissea

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

L’Odissea di Omero è un poema epico che narra le avventure di Ulisse nel suo lungo viaggio di ritorno a Itaca dopo la guerra di Troia. Tra gli episodi più affascinanti e ricchi di significato vi è l’incontro con la maga Circe, descritto nel Libro X. Questo episodio non solo arricchisce la narrazione con elementi fantastici, ma offre anche spunti di riflessione sulla natura umana, la tentazione e la redenzione.

Ulisse e la maga Circe: cosa accade nel libro X dell’Odissea

Dopo essere sfuggito ai Lestrigoni, una tribù di giganti cannibali, Ulisse approda con i suoi compagni sull’isola di Eea, dimora della maga Circe. L’isola appare incantevole, ma nasconde insidie. Ulisse invia una squadra di esploratori, guidata da Euriloco, per investigare il territorio. Gli uomini scoprono una dimora circondata da animali selvatici che, sorprendentemente, mostrano un comportamento mansueto. All’interno della casa, una voce melodiosa canta mentre tesse una tela: è Circe.

Attratti dalla sua voce e dalla promessa di ospitalità, gli uomini entrano nella dimora. Circe li accoglie calorosamente, offrendo loro cibo e bevande. Tuttavia, le vivande sono intrise di un potente incantesimo che trasforma gli uomini in porci, riflettendo la loro natura bestiale. Solo Euriloco, sospettoso, rimane fuori e, assistendo alla scena, corre a informare Ulisse.

Determinato a salvare i suoi compagni, Ulisse si dirige verso la dimora di Circe. Lungo il cammino, incontra il dio Ermes, che gli offre un’erba magica chiamata moli, capace di proteggerlo dagli incantesimi della maga. Hermes consiglia a Ulisse di consumare l’erba prima di affrontare Circe e di minacciarla con la spada se tentasse di incantarlo.

Seguendo i consigli di Hermes, Ulisse entra nella dimora di Circe. La maga tenta di incantarlo, ma l’erba moli lo protegge. Ulisse, brandendo la spada, minaccia Circe, che, sorpresa dalla sua resistenza, si sottomette e propone un’alleanza. Ulisse accetta, ma solo dopo aver ottenuto la promessa che i suoi compagni saranno restituiti alla forma umana. Circe mantiene la parola e gli uomini tornano alla loro forma originale, più giovani e vigorosi di prima.

Ulisse e i suoi compagni rimangono sull’isola per un anno, godendo dell’ospitalità di Circe. Alla fine, desiderosi di tornare a casa, chiedono alla maga come proseguire il viaggio. Circe rivela che devono recarsi nell’Ade per consultare l’ombra dell’indovino Tiresia, l’unico in grado di fornire indicazioni precise sul ritorno a Itaca. Fornisce loro istruzioni dettagliate su come compiere il rito necromantico necessario per evocare l’ombra di Tiresia.

Il rapporto tra Ulisse e Circe

Il rapporto tra Ulisse e Circe è complesso e sfaccettato, caratterizzato da una dinamica di potere, seduzione e reciproco rispetto. Inizialmente, Circe rappresenta una minaccia: una maga potente capace di trasformare gli uomini in bestie, simbolo delle tentazioni che possono deviare un eroe dal suo percorso. Ulisse, grazie alla sua astuzia e all’aiuto divino, riesce a resistere ai suoi incantesimi, dimostrando la sua superiorità e guadagnando il rispetto di Circe.

Dopo la sottomissione iniziale, il rapporto evolve in una collaborazione. Circe diventa un’alleata preziosa, offrendo ospitalità e consigli cruciali per il proseguimento del viaggio. La loro relazione assume anche una dimensione intima: Ulisse e Circe diventano amanti durante il soggiorno sull’isola. Questo legame carnale può essere interpretato come una temporanea sospensione del viaggio dell’eroe, un momento di piacere e ristoro prima di affrontare nuove sfide.

Tuttavia, Ulisse non perde mai di vista il suo obiettivo principale: il ritorno a Itaca. Nonostante le comodità e i piaceri offerti da Circe, egli decide di riprendere il viaggio. Circe, rispettando la sua decisione, fornisce indicazioni dettagliate e preziose per affrontare le future prove, dimostrando una trasformazione da antagonista a mentore.

Libro X dell’Odissea: l’analisi

Il Libro X dell’Odissea è ricco di simbolismi e temi profondi che riflettono la complessità del viaggio di Ulisse. L’incontro con Circe rappresenta, in primo luogo, una delle grandi prove morali e psicologiche dell’eroe. Circe incarna la tentazione di abbandonare il percorso di ritorno a Itaca in cambio di piaceri e comodità, mentre la trasformazione dei compagni in porci simboleggia la degenerazione umana quando si cede ai propri istinti senza controllo.

La magia di Circe è al tempo stesso un atto distruttivo e un monito: essa non agisce solo sul corpo, ma evidenzia una condizione spirituale e morale. La bestialità a cui gli uomini sono ridotti richiama un tema ricorrente nell’Odissea: il conflitto tra ragione e istinto. Ulisse, in quanto eroe, deve dimostrare di essere capace di controllare questi istinti e mantenere la propria umanità. È interessante notare che, mentre i compagni di Ulisse vengono trasformati, egli rimane immune non solo grazie all’aiuto divino di Hermes, ma anche grazie alla sua intelligenza e determinazione.

La figura di Hermes, il messaggero degli dèi, ha un ruolo chiave. L’offerta dell’erba moli a Ulisse non è soltanto un aiuto fisico, ma rappresenta la protezione della conoscenza divina contro le forze del caos rappresentate dalla magia di Circe. Hermes, che interviene anche in altri momenti cruciali dell’Odissea, è il simbolo della mediazione tra umano e divino, evidenziando come Ulisse, pur nella sua straordinaria abilità, abbia bisogno del sostegno degli dèi per completare il suo viaggio.

Un altro elemento significativo è la dinamica di potere tra Ulisse e Circe. Se in un primo momento Circe appare come una figura dominante, capace di sottomettere gli uomini alla sua volontà, Ulisse, con l’aiuto dell’erba magica e della propria astuzia, ribalta la situazione. La minaccia della spada simboleggia la fermezza dell’eroe di fronte a forze che potrebbero annientarlo. Tuttavia, la relazione tra Ulisse e Circe non si riduce a un semplice confronto di forza. Dopo la sua sottomissione, Circe diventa una figura quasi materna o protettrice, offrendo all’eroe un momento di riposo e supporto prima di affrontare nuove sfide.

Il soggiorno di un anno sull’isola di Eea può essere interpretato in più modi. Da una parte, è una pausa nel viaggio, un momento in cui Ulisse e i suoi uomini possono recuperare le forze e godere di una tregua dalle continue difficoltà. Dall’altra, il prolungato soggiorno riflette la difficoltà dell’eroe nel rimanere focalizzato sul suo obiettivo. Ulisse, pur essendo guidato da una forte volontà di tornare a Itaca, è comunque umano e suscettibile al fascino del piacere e della distrazione. Tuttavia, ciò che distingue Ulisse dagli altri eroi epici è la sua capacità di riconoscere quando è il momento di riprendere il cammino, rifiutando la permanenza in un luogo che rappresenterebbe una fuga dal suo destino.

Circe, dal canto suo, si evolve da figura ostile a preziosa alleata. Il momento in cui rivela a Ulisse la necessità di recarsi nell’Ade per consultare l’ombra del profeta Tiresia segna una svolta fondamentale nel poema. Questo atto non solo mostra la sua disponibilità ad aiutare l’eroe, ma evidenzia anche la consapevolezza del ruolo del destino nell’Odissea. Circe diventa quindi un simbolo di conoscenza e saggezza, un mentore che prepara Ulisse per una delle prove più difficili del suo viaggio.

L’intero episodio del Libro X si inserisce in una struttura narrativa più ampia, in cui ogni incontro di Ulisse con forze sovrannaturali o ostacoli rappresenta una sfida alla sua umanità. Circe, con la sua magia e il suo fascino, rappresenta una tentazione che Ulisse supera, dimostrando ancora una volta di essere l’eroe capace di conciliare astuzia, forza e saggezza. Il soggiorno sull’isola di Eea diventa così non solo un momento di tregua, ma anche un’opportunità per riflettere sul significato del viaggio e sulla necessità di mantenere il focus sull’obiettivo finale: il ritorno a Itaca.