Il verbo riflessivo proprio, apparente e reciproco
Oltre a quella attiva e passiva, alcuni verbi transitivi presentano questa terza forma: tutte le informazioni a riguardo
Il verbo riflessivo proprio
Nella lingua italiana alcuni verbi transitivi, oltre a quella attiva e passiva, presentano una terza forma, detta riflessiva. Un soggetto, infatti, può compiere l’azione espressa dal predicato verbale o nominale (“Luigi mangia la pasta”: forma attiva), subirla (forma passiva: “La pasta è mangiata da Luigi”: forma passiva), o compierla al tempo stesso, con soggetto e complemento oggetto che coincidono: ne è un esempio “Luigi si lava”, una frase che può essere trasformata in “Luigi lava se stesso”. Tale forma, appunto, riflessiva ‘propria’, in quanto riflette l’azione su se stessi, si riconosce perché il verbo è sempre preceduto dalle particelle pronominali ‘mi’, ‘ti’, ‘ci’, ‘vi’ e ‘si’ (“Ti guardi allo specchio”, “Si riposa”, “Vi allenate”). Nel caso in cui il verbo sia espresso all’imperativo o in uno dei modi indefiniti – infinito, participio e gerundio – tali particelle pronominali si uniscono al verbo stesso, formando con esso un’unica parola: “Smettete di divertirvi”, “Finite di pettinarvi”. Infine, per quanto riguarda i tempi composti, i verbi riflessivi saranno sempre accompagnati dall’ausiliare ‘essere’.
Il verbo riflessivo improprio: apparente, reciproco o pronominale
Accanto alle forme riflessive proprie (dette anche dirette), ce ne sono altre che, nonostante la presenza delle particelle pronominali, non possono essere definite propriamente riflessive. Ciò avviene perché queste non svolgono, appunto, una funzione riflessiva e, al tempo stesso, l’azione espressa dal verbo non è direttamente subita dallo stesso soggetto che la compie. Tali forme, conosciute come ‘riflessive improprie’, sono tre: nello specifico, la forma riflessiva apparente, la forma riflessiva reciproca e la forma pronominale. La prima si ha quando le particelle pronominali non hanno funzione di oggetto dell’azione, bensì di complemento di termine: la particella pronominale ‘si’, pertanto, in questi casi non significa ‘sé’ ma ‘a sé’ e, di conseguenza, l’azione non si riflette sul soggetto ma su un altro oggetto. Ne è un esempio la frase “Luigi si lava le mani” o “si pettina i capelli”: Luigi non sta specificatamente lavando o pettinando se stesso, in quanto l’azione non ritorna sul soggetto, ma si trasferisce sulle sue mani e sui suoi capelli. La forma riflessiva reciproca, poi, si ha quando la particella pronominale indica un’azione che viene compiuta e allo stesso tempo subita da due o più soggetti all’interno della frase. Ne sono un esempio le frasi “Luigi e Vincenzo si salutano” oppure “si picchiano”: i due soggetti stanno compiendo e subendo la medesima azione. Infine, nella forma pronominale, le particelle non assegnano al verbo un significato riflessivo, ma sono parte integrante del verbo stesso, che senza di loro non esiste affatto. Per tale motivo, questi verbi si chiamano ‘pronominali’ e i più frequenti sono accorgersi, vergognarsi, pentirsi, imbattersi e ribellarsi (“Non mi sono accorto di nulla” oppure “Luigi si vergognava di aver picchiato Vincenzo”). A ciò si aggiungono i verbi transitivi che possono essere utilizzati in unione a delle particelle pronominali, trasformandosi così in verbi intransitivi pronominali: è il caso di addormentare/addormentarsi, svegliare/svegliarsi, dimenticare/dimenticarsi, abbandonare/abbandonarsi, allontanare/allontanarsi. È importante sottolineare come il passaggio di un verbo dall’uso transitivo a quello intransitivo pronominale modifichi completamente il significato del verbo stesso: basti pensare alla differenza tra la frase “Luigi si allontana” e “Luigi ha allontanato tutti”.