Discorso diretto e discorso indiretto: esempi
Riferire le parole pronunciate da una persona è un meccanismo che usiamo quotidianamente, in forma scritta e in forma orale. Esprimerle correttamente significa utilizzare bene il discorso diretto e il discorso indiretto. Entrambi gli espedienti possono essere utilizzati in forma orale e in forma scritta. Riconoscerli e distinguerli è semplicissimo, ma forse non lo è altrettanto passare da una forma all’altra.
Innanzitutto, capiamo bene di cosa si tratta e facciamo degli esempi pratici.
- Cos’è il discorso diretto
- Cos’è il discorso indiretto
- Come passare dal discorso diretto a quello indiretto
Cos’è il discorso diretto
Il discorso diretto ha il compito di riportare esattamente le parole pronunciate o scritte da qualcuno. E lo si applica in questo modo: viene riportato il soggetto che ha pronunciato (o pensato) la frase e le parole esatte pronunciate dal soggetto vengono racchiuse all’interno delle virgolette (o dei caporali «…») o vengono precedute dal trattino -.
Un esempio:
«Come stai?» chiese Marco. «Ora sto meglio» rispose Lucia abbracciandolo.
Un altro esempio sotto forma di breve racconto:
L’ho incontrato e la prima cosa che mi ha detto è stata: “Come stai?”. E io appena l’ho visto ho pensato: “Com’è cambiato!”. Allora l’ho abbracciato e ho risposto: “Ora sto meglio”.
Come si può notare dagli esempi, il verbo può trovarsi:
- prima della battuta
Gaia mi disse: «Hai sbagliato, dovevi andartene prima»;
- in un inciso, come interruzione della battuta
«Hai sbagliato» mi disse Gaia «dovevi andartene prima»;
- alla fine della battuta
«Hai sbagliato, dovevi andartene prima» mi disse Gaia.
Cos’è il discorso indiretto
Il discorso indiretto è una riformulazione delle parole dette da qualcuno. Si tratta di una frase subordinata che si regge su un verbo dichiarativo (come dire, affermare, narrare, ecc…) oppure su un verbo interrogativo (come pensare, domandare, credere, chiedere, rispondere…).
Ecco un esempio rielaborato dal discorso diretto precedente:
Marco le chiese come stesse. Allora Lucia lo abbracciò, pensando tra sé e sé a come fosse cambiato, e gli rispose che in quel momento stava meglio.
Un altro esempio sulla base del racconto:
L’ho incontrato e la prima cosa che mi chiesto è stata come stessi. E io, appena l’ho visto, ho pensato a come fosse cambiato. Allora l’ho abbracciato e gli ho risposto che in quel momento stavo meglio.
Come si può facilmente intendere, nello spiegare il discorso indiretto sulla base degli esempi del paragrafo precedente, abbiamo operato una trasformazione dal discorso diretto a quello indiretto.
Notiamo che, se nel discorso diretto troviamo una frase affermativa, allora nel discorso indiretto questa viene trasformata in un’oggettiva, e se invece troviamo un’interrogativa, si trasforma in un’interrogativa indiretta.
Analizziamo il processo:
«Come stai?» chiese Marco > Marco le chiese come stesse
Nel discorso diretto abbiamo una domanda, nella trasformazione in discorso indiretto la frase passa a essere un’interrogativa indiretta.
Ho risposto: “Ora sto meglio” > Gli ho risposto che in quel momento stavo meglio
Nel discorso diretto abbiamo una frase affermativa: nel discorso indiretto viene trasformata in un’oggettiva.
Le proposizioni oggettive e le interrogative indirette possono essere implicite o esplicite:
Disse loro che potevano andare via (oggettiva esplicita)
Li invitò ad andare via (oggettiva implicita)
Gli chiese se poteva accompagnarlo (interrogativa esplicita)
Lo ha esortato ad accompagnarlo (interrogativa implicita)
Come passare dal discorso diretto a quello indiretto
Nel passaggio da discorso diretto a discorso indiretto avvengono diverse trasformazioni.
- Innanzitutto, spariscono i segni di interpunzione tipici del discorso diretto.
- I pronomi personali e gli aggettivi e i pronomi possessivi alla 1ª o 2ª persona passano alla 3ª persona.
Mi disse: «Arriverò alle 5 in punto»
Mi disse che sarebbe arrivato alle 5 in punto
Mi confidarono «Non ce la faremo mai ad arrivare puntuali»
Mi dissero che non ce l’avrebbero mai fatta ad arrivare puntuali
- Gli avverbi di luogo e di tempo variano. Ad esempio: qui diventa lì, oppure adesso diventa in quel momento, ieri diventa il giorno prima/precedente, e così via.
Mi disse: «Arriverò domani alle 5 in punto»
Mi disse che sarebbe arrivato il giorno successivo/l’indomani alle 5 in puntoLe chiese: «Aspettami qui»
Le chiese di aspettarla lì
- Anche i tempi verbali cambiano, seguendo la consecutio temporum.
Possono facilitare alcune regole:
-
- Se il verbo dichiarativo e quello della battuta sono al presente o al futuro, i tempi restano invariati.
Mi dice: “Non voglio andare a scuola”
Gli dice che non vuole andare a scuolaMi dirà: “Non ho fame”
Mi dirà che non ha fame - Se il verbo della frase principale è al passato, anche i tempi della battuta si trasformano al passato mantenendo il rapporto temporale.
Mi disse: “Non ho fame” (passato remoto, presente)
Mi disse che non aveva fame (passato remoto, imperfetto)Mi ha detto: “Sono appena arrivata” (passato prossimo, passato prossimo)Mi ha detto che era appena arrivata (passato prossimo, trapassato prossimo)
- Se nella frase principale viene utilizzato un verbo interrogativo, nella trasformazione si userà il congiuntivo.
Mi ha chiesto: “Hai mangiato?” (passato prossimo, passato prossimo)
Mi ha chiesto se avessi mangiato (passato prossimo, congiuntivo trapassato) - Se nella frase principale abbiamo un verbo al passato e nella battuta un tempo futuro, nella trasformazione si userà il condizionale.
Mi disse: “Non mangerò” (passato remoto, futuro)
Mi disse che non avrebbe mangiato (passato remoto, condizionale passato)
- Se il verbo dichiarativo e quello della battuta sono al presente o al futuro, i tempi restano invariati.