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Istituti tecnici e professionali: meno della metà degli studenti trova lavoro Fonte foto: 123RF

Istituti tecnici e professionali: meno della metà trova lavoro

Dagli ultimi dati solo il 30,5% dei giovani usciti dai tecnici e professionali ha lavorato per più di sei mesi: qual è la situazione in Italia?

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Ci sono scuole superiori che sarebbero più orientate a preparare gli studenti a un ingresso nel mondo del lavoro. Per esempio gli istituti tecnici e professionali preparano chi li frequenta a saper svolgere un’attività. Eppure, dagli ultimi dati, è emerso che meno della metà dei diplomati in questo tipo di strutture scolastiche riesce a trovare un’occupazione stabile entro due anni dalla maturità. Ad analizzare la situazione è stata Eduscopio della Fondazione Agnelli, un progetto che si occupa di valutare lo stato occupazionale e accademico dei giovani diplomati in Italia.

Il report su istituti tecnici e professionali e lavoro

L’analisi di Eduscopio si è focalizzata sul triennio 2019-2020-2021. I risultati hanno mostrato che solo il 30,5% dei giovani usciti dai tecnici e professionali ha lavorato per più di sei mesi nel periodo considerato, guadagnandosi la definizione di “occupati“.

Il 17% ha svolto lavori frammentari o di breve durata, rientrando così nella categoria dei “sottoccupati”. Tra gli altri percorsi, il 17,1% ha alternato il lavoro con lo studio universitario, mentre poco meno del 20% si è dedicato esclusivamente alla formazione accademica. Una percentuale significativa, ovvero il 15,75%, resta ai margini di entrambe le sfere, non risultando né iscritta all’università, né inserita nel mercato del lavoro, rientrando nei cosiddetti Neet.

In realtà il 2021 ha registrato delle note positive. I diplomati tecnici e professionali che hanno scelto di non proseguire gli studi all’università e di entrare subito nel mondo del lavoro mostrano risultati migliori rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati Eduscopio relativi solo al 2021, il 35% di questi diplomati ha trovato lavoro stabile, con un aumento di 5 punti rispetto ai diplomati del 2020.

Si nota anche una lieve diminuzione di chi non lavora né studia e un calo più significativo del numero di diplomati tecnici e professionali che scelgono di iscriversi all’università.

Quanto conta la disparità di genere

Un elemento importante che è venuto alla luce dall’analisi è che esistono disuguaglianze profonde tra ragazzi e ragazze. A parità di condizioni – età, titolo di studio, voto di maturità e residenza – le donne hanno una probabilità dell’8,1% inferiore rispetto agli uomini di trovare un lavoro stabile.

Un divario che conferma le difficoltà delle donne nel mercato del lavoro italiano su tutti i settori e a ogni età. Anche i diplomati di origine straniera incontrano ostacoli aggiuntivi: hanno una probabilità di essere occupati del 3,9% più bassa rispetto ai loro coetanei italiani.

Il voto alla maturità influenza la possibilità di trovare lavoro?

Una domanda che molti studenti si pongono è quanto può essere rilevante il voto alla maturità nella ricerca di un lavoro. La risposta, stando all’analisi, è che la valutazione finale dell’Esame di Stato non ha un impatto sulle prospettive lavorative.

Dieci punti in più sono associati a una riduzione dello 0,5% della probabilità di essere occupati. Un dato che suggerisce come il voto finale non rifletta necessariamente le competenze effettive dei diplomati, diventando un indicatore poco rilevante per i datori di lavoro.

“Questa situazione può essere il riflesso dello scarso valore segnaletico del voto di maturità che non essendo attribuito con criteri omogenei nelle diverse scuole e nei diversi indirizzi di studio finisce per non essere particolarmente informativo sulle reali competenze del diplomato che vengono, invece, testate sul campo dai datori di lavoro”, si legge nel rapporto tecnico.