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La scoperta dell’America di Cristoforo Colombo: avvenimenti

Il grande equivoco iniziale, le spedizioni. Il racconto del più macroscopico “errore di calcolo” che ha portato ad aprire una pagina del tutto inaspettata nella storia mondiale: la scoperta del “Nuovo Mondo”

Valeria Biotti

Valeria Biotti

SCRITTRICE, GIORNALISTA, SOCIOLOGA

Sono scrittrice, giornalista, sociologa, autrice teatrale, speaker radiofonica, vignettista, mi occupo di Pedagogia Familiare. Di me è stato detto:“È una delle promesse della satira italiana” (Stefano Disegni); “È una scrittrice umoristica davvero divertente” (Stefano Benni).

Le Indie… occidentali

L’idea di Colombo è nota: il navigatore mercantile – nato a Genova nel 1451 – era convinto che per raggiungere l’Asia orientale (le cosiddette «Indie») e toccare le coste di Cipango e Catai – Giappone e Cina – si potesse inaugurare una nuova rotta, più diretta e conveniente: superando le Azzorre, dirigendosi verso Ovest e circumnavigando la terra.

Va qui anticipato che – pur nel momento in cui si comprese che le terre raggiunte dall’esploratore non fossero Cina e Giapponelo stesso Colombo si convinse di essere giunto comunque in Asia.
Nuove terre, dunque, ma non un nuovo continente. A tal punto che tali zone furono appellate lungamente «Indie Occidentali».

Fu Amerigo Vespucci, ad inizio XVI secolo, a iniziare a delineare nelle carte geografiche l’esistenza di un continente inedito. Fu, pertanto, chiamato «Nuovo Mondo» e successivamente «America».

La progettazione del viaggio

Colombo è un uomo curioso, ambizioso e si documenta tantissimo. Legge l’Imano Mundi di P. d’Ailly, la Historia rerum ubique gestarum di Papa Pio II Piccolomini, il Milione di Marco Polo; approfondimenti che stimolano in modo potente il suo immaginario e rafforzano le sue convinzioni. Si confronta con il fratello Bartolomeo, abile cartografo, e si convince con decisione della bontà della propria intuizione.

È il 1483 quando incontra Giovanni II di Portogallo per proporgli di finanziare la spedizione al di là dell’Oceano. Quando il re rifiuta, si trasferisce a Siviglia assieme al figlio Diego.
Il suo unico scopo è quello di reperire fondi per la sua impresa; tenta, dunque, di convincere Don Luis de la Cerda, duca di Medinaceli, a intercedere per lui presso la regina Isabella di Castiglia.
In attesa del fatidico incontro, si stabilisce a Cordova.
Qui intesse una relazione con Beatriz Enriquez de Arana – da cui ha un figlio, Fernando – e quindi con De Bobadilla y Ulloa, nipote della marchesa di Moya e governante di La Gomera, che avrà – a quanto si dice – un ruolo decisivo nel convincere i regnanti ad accettare di finanziare il viaggio.

Colombo presenta il progetto a Ferdinando e Isabella nel maggio 1487 ma viene respintodopo un lungo lavoro d’analisi da parte di una apposita commissione di corte – ben 2 anni e mezzo dopo.

È il 1492 quando, grazie all’intercessione del vescovo Geraldini – confessore della regina Isabella e amico personale di Colombo – riceve la notizia secondo cui la Regina si è convinta a consentire il viaggio.
Per riconoscenza, Colombo intitolerà poi una delle nuove isole scoperte alla madre del Vescovo (Graziosa), mentre questi si stabilirà in America.

Gli accordi, i guadagni e… gli errori di calcolo

Colombo ha le idee chiare sul (suo) futuro. E sigla un accordo che – come premio per la sua impresa – prevede: il titolo di Ammiraglio; la carica, ereditaria, di Vicerè e Governatore delle terre scoperte; la titolarità nel conferire ogni tipo di nomina nei territori conquistati e una rendita pari al 10% di tutti i traffici marittimi futuri.

Il contratto viene siglato il 17 aprile 1492.

L’operazione ha un costo stimato di 2 milioni di maravedì, metà appannaggio della corte e metà di Colombo (finanziato dal Banco di San Giorgio e dal mercante fiorentino Giannotto Berardi).
L’ammontare, in realtà, è sostanzialmente basso; paragonabile a una somma odierna contenuta tra i 20mila e i 60mila euro.

Vengono, dunque, allestite le tre famose Caravelle:

foto: Getty Images

Le tre caravelle di Cristoforo Colombo : la Nina, la Santa Maria et la Pinta.

La Nina, la più piccola, dotata di vela latina e capitanata da Martin Pinzón, La Pinta, dotata di alberi a vele quadre, comandata da Vicente Pinzón, La Santa Maria, di proprietà di Juan de la Cosa, così nominata dallo stesso Colombo, che ne diviene il Capitano; dotata di vele quadre anch’essa.

Sono reclutati, come equipaggio, novanta uomini grazie a Martin Pinzón, che diviene anche Comandante in seconda di Cristoforo Colombo.

Cristoforo era convinto di dover percorrere una tratta lunga circa 4.500 km. Tale era la distanza stimata tra Canarie e Giappone.
Oggi sappiamo che tale percorso – in line d’aria – è pari a quattro volte tanto; così come abbiamo contezza del fatto che in mezzo risieda un intero, al tempo sconosciuto, continente: l’America.

Il primo viaggio (1492-1493): le Bahamas

Le tre navi salpano all’alba del 3 agosto 1492. E approdano il 12 ottobre dello stesso anno alle Bahamas, accolti dalla popolazione dei Taino.
Colombo rimane alquanto colpito dall’estrema gentilezza di quel popolo e crede di riconoscere la gente asiatica descritta da Marco Polo.
Tale accoglienza -purtroppo – non risparmierà ai Taino lo sterminio ad opera dalle tante “nuove” malattie infettive portate dai colonizzatori europei che seguirono le spedizioni di Colombo, così come la loro stessa violenza conquistatrice.

In questa prima spedizione, il Comandante perde la Santa Maria, incagliata malamente in una secca. Col relitto della caravella allestisce un accampamento di fortuna nel quale lascia 40 uomini – impossibili da caricare sulle due caravelle rimaste, con la promessa di tornare a prenderli in un viaggio successivo.
Colombo torna in Spagna il 15 marzo del 1493 portando con sé una ridotta quantità di oro, qualche animale esotico e 10 prigionieri Taino.

Il secondo viaggio (1943-1946): le Antille

Con quanto riportato in patria dopo la prima spedizione, Cristoforo convince Isabella di Castiglia delle infinite opportunità schiuse dalla conquista di quelle terre.
Riparte da Cadice il 25 settembre 1493 con una flotta di 17 navi e circa 1500 uomini (e nessuna donna).
Molti di essi sono alla ricerca di fortuna. Portano con sé anche bestiame: cavalli, mucche, pecore e galline.
Giunti all’accampamento, come promesso, la sorpresa è grande: gli indigeni Taino si sono vendicati del rapimento dei loro compagni; non rimane traccia di nulla o nessuno.

Colombo approda a Dominica, nel novembre del 1493, nei Caraibi, così nominata perché raggiunta di domenica, e veleggia tra le piccole e grandi Antille.

Il 2 gennaio 1494 nasce la prima colonia europea in America: «La Isabela». Il 30 aprile giunge a Cuba, ancora convinto di trovarsi in Asia.

A settembre – a seguito di una fastidiosa malattia – Colombo delega potere e responsabilità sulle terre scoperte al fratello Bartolomeo, giunto con altre tre caravelle.
La scelta nepotista non viene apprezzata da tutti: molti uomini decidono di ammutinarsi e partire con alcune navi.
Colombo – a bordo di una nuova nave, «India» – nel 1496 torna in patria con 200 uomini e 30 schiavi.

Il terzo viaggio (1498-1500): il Venezuela

Il 30 marzo del 1498 Cristoforo Colombo parte nuovamente con sei navi. Di queste tre proseguono verso le rotte già esplorate, mentre le altre, con Colombo a bordo, giungono fino alle coste del Venezuela e all’interno del fiume Orinoco.

La flottiglia arriva a Hispaniola l’11 agosto 1498. Colombo è alla ricerca della nuova città fondata dal fratello Bartolomeo, Santo Domingo, per essere poi raggiunto anche dal figlio Diego. A seguito di una rivolta capeggiata dall’alcalde di Isabella – Francisco Roldàn – i sovrani ispanici nell’estate del 1500 inviano il militare inquisitore Francisco de Bobadilla, per far luce sull’accaduto.

Bobadilla ritiene responsabile i Colombo per la tirannica gestione delle colonie che ha causato tali disordini e ne ordina, dunque, l’arresto.

A ottobre, i tre Colombo arrivano in catene a Cadice. Qui, Cristoforo consegna a un suo uomo di fiducia una missiva da recapitare a Donna Juana, sorella di Antonio de Torres, confidente della regina. Isabella ne dispone il rilascio, a fronte della rinuncia al titolo di Viceré delle nuove terre.

L’ultimo viaggio (1502-1504): Honduras, Nicaragua, Costa Rica


Colombo riparte un’ultima volta. Troppo anziano per guidare la spedizione, affida il comando al fratello Bartolomeo. Si dirige verso Martinica, nelle Antille. A causa del maltempo, costeggia l’Honduras, il Nicaragua e la Costarica, negli ultimi mesi del 1502.

Durante uno scontro con una popolazione panamense, il fratello Bartolomeo rimane ucciso.

Il 16 aprile 1503 riparte per Hispaniola. Scopre le Isole Cayman e le battezza «Tortugas», per via della fauna locale.

Il 25 giugno giunge nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi sono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica: le navi hanno imbarcato troppa acqua.
Colombo vieta a chiunque di scendere a terra, per via dell’inospitalità del luogo e della gente della regione. Invia Diego Mendez con tre uomini al seguito a parlamentare con gli indigeni, ottenendo permessi per la caccia e la pesca.
Per provare a tornare a Hispaniola, si costruiscono due canoe, affidate a Mendez e a Bartolomeo Fieschi. Con loro, salpano alcuni indigeni.
Dopo tre giorni di navigazione giungono a Navassa e a settembre a Santo Domingo.

La gestione degli animi è complessa. Si assiste ad ammutinamenti e a contrasti con gli indigeni. Colombo riesce a gestire la situazione attraverso l’esperienza.
Manda a chiamare il capo della popolazione locale e – sapendo che il 29 febbraio ci sarebbe stata una eclissi lunare – sostiene con forza che il suo Dio sia in collera con la gente del posto; pertanto, avrebbe oscurato il cielo.
La sera la luna diviene rossa e il giorno successivo gli indigeni tornano a fornire cibo ai superstiti.
I soccorritori giungono, finalmente; il 28 giugno si riparte per Hispaniola e il 12 alla volta della Spagna. Pagando di tasca propria il viaggio di rientro, Colombo giunge a destinazione il 7 novembre.

La scoperta, prima di Colombo

È noto che, al di là delle popolazioni autoctone, altri popoli fossero giunti nel nuovo continente, prima di Colombo. I Vichinghi, certamente giunti a Terranova, e gli Islandesi che avevano toccato le coste della Groenlandia all’inizio del II secolo.

Ciò che caratterizza il processo avviato dalle navigazioni di Colombo è l’opera di colonizzazione sistematica posta in atto, che piegò le terre all’invasione europea.

Si registra, poi, la teoria secondo cui la scoperta dell’America da parte di Colombo sarebbe da anticipare di qualche anno. Secondo tale tesi, il navigatore avrebbe compiuto già nel 1485 un viaggio che lo avrebbe portato nel Nuovo Mondo.

Tra gli “indizi” a favore, una iscrizione sulla tomba di Papa Innocenzo VIII, scomparso il 25 luglio 1492 – «Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo» – nonché la famosa mappa realizzata a inizio XVI secolo dal navigatore turco Piri Reis su cui è annotata la scoperta delle Antille ad opera di «un infedele di nome Colombo», nell’anno islamico 896 (corrispondente al 1490/1491 dell’era cristiana).