I processi alle streghe di Triora: storia, accuse e persecuzioni
I processi alle streghe di Triora, avvenuti tra il 1587 e il 1589, rappresentano uno dei casi più drammatici e documentati di caccia alle streghe in Italia. Il piccolo borgo ligure, situato nell’entroterra della provincia di Imperia, fu teatro di un’ondata di accuse, confessioni estorte, torture e condanne che coinvolsero decine di donne – e in alcuni casi anche uomini – sospettati di aver causato carestie, malattie e morti attraverso la stregoneria.
Questi processi, tra i più gravi dell’Italia rinascimentale, riflettono le paure, le superstizioni e le dinamiche sociali del tempo, oltre a mostrare l’intervento diretto delle autorità politiche e religiose in una vicenda che travalicò i confini locali.
- Il contesto: Triora e le tensioni del tardo Cinquecento
- Le accuse e le prime confessioni
- L’intervento dell’Inquisizione e l’ampliamento del caso
- Le cause profonde: superstizione, potere e patriarcato
- La memoria delle streghe di Triora
Il contesto: Triora e le tensioni del tardo Cinquecento
Nel tardo Cinquecento, Triora era un importante centro agricolo e commerciale della Repubblica di Genova, situato in una zona montana e isolata. Tra il 1585 e il 1587, la regione fu colpita da una grave carestia, che mise in ginocchio la popolazione. Le raccolte scarseggiavano, il pane divenne introvabile, e la fame provocò rivolte e malcontento diffuso.
In questo clima di tensione e bisogno di capri espiatori, cominciarono a circolare accuse secondo cui alcune donne del villaggio praticavano la magia nera, avvelenavano i pozzi, facevano morire i bambini e provocavano tempeste distruttive. La comunità, terrorizzata, chiese un intervento ufficiale.
Nel 1587, su richiesta dei governatori locali, il Senato di Genova inviò a Triora Giovanni Battista Centurione, un commissario incaricato di indagare. Ebbe così inizio uno dei più estesi e violenti episodi di caccia alle streghe in territorio italiano.
Le accuse e le prime confessioni
Le accuse iniziali si concentrarono su alcune donne povere, sole o vedove, ritenute sospette perché conoscevano erbe, vivevano isolate o avevano un carattere scontroso. Ben presto, il numero delle imputate salì: più di trenta donne furono arrestate nel giro di pochi mesi. Vennero accusate di partecipare a sabba notturni, invocare il diavolo, causare malattie o sciagure.
Le confessioni – spesso ottenute sotto tortura fisica – confermarono il clima di terrore. Le donne raccontavano di essersi unite al demonio, di aver ucciso neonati, fatto volare animali, distrutto raccolti. Alcune descrissero riti notturni compiuti sul monte delle Forche o nel vallone del Cabotino, in scenari che sembrano usciti da un incubo collettivo.
Le confessioni si autoalimentavano: per salvarsi, alcune accusate facevano i nomi di altre presunte streghe, dando vita a una spirale di arresti e sospetti. Il fenomeno sfuggì rapidamente di mano.
L’intervento dell’Inquisizione e l’ampliamento del caso
Nel 1588, visto il crescere delle accuse e l’allarme che la vicenda stava generando, la questione passò sotto il controllo della Santa Inquisizione. Furono coinvolti i tribunali inquisitoriali di Genova e Albenga, che inviarono inquisitori, tra cui Giovanni Andrea Scribani, per rivedere il caso e giudicare secondo le norme canoniche.
L’Inquisizione confermò le accuse, ma cercò anche di frenare gli eccessi del processo civile, evitando che la giustizia si trasformasse in vendetta collettiva. Tuttavia, nel frattempo, l’ondata di sospetti si estese anche ad altri villaggi della zona, e il caso di Triora diventò di dominio pubblico, oggetto di cronache, lettere e relazioni ufficiali.
Alla fine, oltre 40 persone furono coinvolte, e alcune donne morirono in carcere o furono bruciate vive, anche se non è certo il numero esatto delle esecuzioni, perché la documentazione ufficiale fu in parte distrutta o censurata.
Le cause profonde: superstizione, potere e patriarcato
I processi di Triora furono alimentati da un complesso intreccio di fattori culturali, religiosi, economici e politici. La fame e la miseria portarono la popolazione a cercare colpevoli; la presenza di donne sole e marginali facilitò le accuse; la cultura del tempo – fortemente influenzata dalla demonologia e dal sospetto verso la donna “deviante” – fornì il terreno ideale per legittimare la persecuzione.
Non va sottovalutato il ruolo del patriarcato e del controllo sociale: molte donne accusate erano levatrici, guaritrici o vedove, figure non sottomesse al potere maschile, che incarnavano un sapere popolare alternativo alla medicina ufficiale e alla religione istituzionale. Colpirle significava riaffermare l’autorità degli uomini, della Chiesa e dello Stato.
La memoria delle streghe di Triora
Oggi Triora è conosciuta come “il borgo delle streghe”, e conserva la memoria di quei tragici eventi con musei, mostre, monumenti e percorsi storici. Il caso è oggetto di ricerche storiche, antropologiche e culturali, e viene ricordato ogni anno con eventi e celebrazioni.
La vicenda delle streghe di Triora non è solo una pagina nera del passato: è anche un monito contro l’intolleranza, il pregiudizio e l’uso distorto della giustizia. Rappresenta una delle testimonianze più significative di come la paura, l’ignoranza e l’odio possano trasformarsi in persecuzione collettiva.