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Enrico IV di Borbone: il re che salvò la Francia

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Enrico IV di Borbone, conosciuto anche come Enrico di Navarra, fu uno dei monarchi più importanti e discussi della storia francese. Salito al trono in un periodo di profonda crisi religiosa e politica, riuscì a unificare il paese grazie a una combinazione di astuzia politica, pragmatismo e grande carisma personale.

Primo sovrano della dinastia dei Borbone, incarnò un’idea di monarchia moderna e tollerante, capace di guardare al futuro senza dimenticare il passato. La sua figura segnò un punto di svolta nella storia europea, tra il tramonto delle guerre di religione e l’alba dell’assolutismo.

Origini e giovinezza

Nato il 13 dicembre 1553 a Pau, nel piccolo regno della Navarra, Enrico era figlio di Antonio di Borbone, duca di Vendôme, e di Giovanna d’Albret, regina di Navarra e fervente sostenitrice del protestantesimo calvinista. Cresciuto nella fede riformata, fu educato secondo principi di disciplina, sobrietà e autonomia morale, che avrebbero formato il suo carattere indipendente e risoluto. La sua educazione fu anche profondamente militare e cavalleresca, preparandolo fin da giovane al comando e all’arte della guerra.

Dalla madre, Enrico ereditò non solo il trono della Navarra, ma anche un forte spirito di resistenza e un impegno quasi mistico verso la libertà di coscienza. La sua giovinezza fu segnata da viaggi, cacce e prime campagne militari, ma soprattutto dal rapido coinvolgimento nei conflitti religiosi che stavano devastando la Francia.

Le guerre di religione e l’ascesa politica

Durante la seconda metà del XVI secolo, la Francia fu teatro di otto guerre civili tra cattolici e ugonotti, alimentate da lotte dinastiche, interessi feudali e fanatismo religioso. Enrico, in quanto principe protestante e cugino del re, si trovò al centro di questa spirale di violenza. La sua ascesa politica fu segnata da un evento drammatico: il massacro della notte di San Bartolomeo (1572), in cui migliaia di protestanti furono trucidati a Parigi e in altre città dopo il suo matrimonio con Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX.

Costretto a convertirsi momentaneamente al cattolicesimo per salvare la vita, Enrico rimase alla corte francese come prigioniero politico fino al 1576, quando riuscì a fuggire e riprendere le armi come capo degli ugonotti. La sua leadership si consolidò rapidamente: mostrò coraggio, capacità strategica e una sorprendente flessibilità tattica, guadagnandosi il rispetto anche dei nemici.

La conversione al cattolicesimo e l’incoronazione

Alla morte di Enrico III, avvenuta nel 1589, Enrico di Navarra diventò il legittimo successore al trono francese, ma la sua fede protestante gli alienò l’appoggio di buona parte del regno. Per anni combatté una dura guerra contro la Lega cattolica, sostenuta dalla Spagna, fino a prendere una decisione che avrebbe cambiato la storia: nel 1593, si convertì ufficialmente al cattolicesimo, dichiarando – secondo la tradizione – che “Parigi val bene una messa”.

L’anno successivo fu incoronato re di Francia con il nome di Enrico IV. Questa scelta, apparentemente opportunistica, fu in realtà un atto di straordinaria intelligenza politica. Enrico comprese che solo abbandonando il settarismo religioso avrebbe potuto governare un paese devastato da decenni di sangue e divisioni. La sua conversione non fu mai seguita da persecuzioni anticattoliche né da vendette protestanti: al contrario, egli cercò costantemente l’equilibrio e la pacificazione nazionale.

L’Editto di Nantes e la tolleranza religiosa

Nel 1598, Enrico IV firmò il celebre Editto di Nantes, un documento storico che garantiva libertà di culto ai protestanti francesi in molte città del regno. Sebbene non proclamasse una vera e propria uguaglianza tra le fedi, fu un compromesso avanzato per l’epoca, unico in Europa, che cercava di istituzionalizzare la coesistenza pacifica tra religioni diverse.

L’Editto prevedeva non solo la libertà di culto, ma anche diritti civili, accesso alle cariche pubbliche e la possibilità per gli ugonotti di mantenere guarnigioni in alcune città strategiche. Fu uno degli atti più illuminati del suo regno e un precedente fondamentale nella storia della tolleranza religiosa moderna.

Politica interna e riforme economiche

Una volta consolidato il potere, Enrico IV si dedicò a risanare la Francia, devastata da anni di guerre. Il suo regno si caratterizzò per una politica attenta al bene pubblico, orientata alla ricostruzione economica, alla giustizia sociale e alla modernizzazione dello Stato.

Con l’aiuto del suo fidato ministro Maximilien de Béthune, duca di Sully, Enrico riformò il sistema fiscale, ridusse il debito pubblico, combatté la corruzione e favorì la crescita dell’agricoltura, considerata la base dell’economia nazionale. Furono migliorate le infrastrutture (ponti, strade, canali), potenziato il commercio interno e poste le basi per una timida industrializzazione.

Celebre fu il suo desiderio che ogni francese potesse “avere una gallina nella pentola la domenica”, simbolo di una politica popolare e vicina ai bisogni del popolo.

Politica estera e visione europea

In campo internazionale, Enrico IV mantenne una linea pragmatica, evitando guerre dirette con le grandi potenze, ma contenendo l’espansionismo degli Asburgo in Europa. Rafforzò i rapporti con l’Inghilterra protestante di Elisabetta I e con le Province Unite, contrastando la supremazia spagnola.

Aveva anche una visione europea innovativa: negli ultimi anni del suo regno, progettava una “Christianissima repubblica europea”, una sorta di confederazione sovranazionale tra gli stati del continente, che avrebbe dovuto garantire l’equilibrio e la pace duratura. Questo progetto visionario non fu mai realizzato, ma dimostra la sua straordinaria lungimiranza geopolitica.

L’assassinio e l’eredità

Il 14 maggio 1610, mentre attraversava Parigi in carrozza, Enrico IV fu assassinato da François Ravaillac, un fanatico cattolico che lo accoltellò a morte, convinto che il re stesse preparando una guerra contro la Chiesa. La sua morte fu un trauma per il paese e lasciò un vuoto difficilmente colmabile. Gli succedette il figlio Luigi XIII, ancora minorenne, sotto la reggenza della madre Maria de’ Medici.

L’eredità di Enrico IV fu però duratura. Considerato uno dei padri della monarchia moderna francese, fu celebrato nei secoli come il “buon re Enrico”, simbolo di pace, prosperità e tolleranza. Anche durante la Rivoluzione francese, il suo ricordo rimase positivo, a dimostrazione della sua capacità di parlare a tutte le generazioni.