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Cesare Pavese, biografia e opere dello scrittore italiano

Poeta, scrittore, traduttore, editore e critico letterario, è considerato uno dei più grandi e importanti intellettuali italiani del XX secolo

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

I Natali

Nasce nelle Langhe, in Piemonte, a Santo Stefano Belbo, nel 1908.
Pur avendo poi abitato per lo più a Torino, le Langhe rappresentano il suo luogo dell’anima; un mitico ed epico universo dove forgia, a livello di ispirazione, il dipanarsi del suo percorso letterario. Santo Stefano Belbo, piccolo centro di provincia tra le Langhe e il Monferrato, è Itaca per Pavese, luogo dell’eterno ritorno e della dolorosa quanto necessaria partenza, sempre alla spasmodica ricerca di un’identità, sia umana che poetica: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.” Così scrive ne “La luna e i falò”.

Il legame con Torino e la formazione

“Mia amante, non madre né sorella”: così Cesare Pavese tratteggia il suo legame con la città.
La sua prima formazione avviene sui banchi del Liceo Ginnasio “Massimo d’Azeglio” di Torino, dove insegna Augusto Monti, intellettuale antifascista di formazione crociana. Il gruppo di studenti, amici e sodali che daranno poi vita al direttorio dell’Einaudi è composto da Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, lo stesso Cesare Pavese e altri.

Pavese nella storia della cultura italiana del Novecento

È stato poeta, scrittore, traduttore, editore e critico letterario. È considerato uno dei più grandi e importanti intellettuali italiani del Ventesimo secolo; un’acquisizione maturata subito, dalla fine degli anni Cinquanta in poi, grazie anche alle testimonianze dei tanti intellettuali che ebbero modo di vederlo all’opera durante la comune esperienza all’Einaudi.
Tra le sue opere ricordiamo: “Paesi tuoi”, “Feria d’agosto”, “Il compagno”, “Dialoghi con Leucò”, “La casa in collina”, “La luna e i falò”, “Il mestiere di vivere”, “La bella estate”, “Tra donne sole”, “Vita attraverso le lettere”.

Il Premio Strega del ‘50

Pochi mesi prima di morire, lo scrittore vince il Premio Strega del 1950, con “La bella estate”, che oltre al romanzo omonimo include altri due romanzi brevi, Il diavolo tra le colline e Tra donne sole. La sua reazione è tutt’altro che entusiasta, quasi infastidita.

Pavese e gli autori americani

Con una tesi di laurea su Walt Whitman, nel 1930, inizia il suo percorso di scoperta e divulgazione della letteratura d’oltreoceano. Un’istanza avvertita come una necessità. Attraverso questa attività, negli anni, si avvicina al mondo dell’editoria, diventando poi direttore editoriale di Einaudi. Nel 1932 viene editato per la prima volta in Italia, da Frassinelli Tipografo Editore, il Moby Dick di Herman Melville tradotto da Cesare Pavese per un compenso di 1000 lire.

L’esperienza ai tempi del confino

Nonostante l’atteggiamento politicamente meno ortodosso rispetto alle posizioni dei compagni – si era iscritto al partito nazionale fascista affinché sua sorella Maria potesse insegnare nelle scuole di Stato – nel 1935 viene coinvolto in un transito di lettere partite da casa sua e indirizzate a Battistina Pizzardo, militante comunista con la quale aveva instaurato un legame sentimentale. Pavese è detenuto alle Carceri Nuove di Torino e passa in seguito al penitenziario di Regina Coeli di Roma. Viene poi condannato a tre anni di confino a Brancaleone ed espulso dal PNF. Per domanda di grazia gli vengono condonati due anni, così nel 1936 può fare ritornare a Torino.

Pavese e l’Einaudi

All’inizio del maggio 1938 Pavese diventa ufficialmente redattore di casa Einaudi. Il comitato editoriale è composto da Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Giaime Pintor, Carlo Muscetta, Mario Alicata e altri collaboratori tra cui Norberto Bobbio, Elio Vittorini e Natalia Ginzburg. Il gruppo avvia l’inizio, ancora informale, delle sedute editoriali e dei processi decisionali della casa editrice, dove Pavese riveste un ruolo di coordinatore. Comincia così la lunga esperienza di vita-lavoro di Cesare Pavese in Casa Einaudi.
“Per molti anni, non volle sottomettersi a orari d’ufficio, né accettare una professione definita”, ricorda Natalia Ginzburg, “ma quando finalmente acconsentì a sedere a un tavolo divenne un lavoratore infaticabile e meticoloso. Mangiava poco e non dormiva mai.” Si racconta che il giorno successivo a quello in cui venne bombardata la sede di Torino nel 1942, lui era già lì alla scrivania, come ogni giorno, dopo aver spolverato i calcinacci dal piano di lavoro.

Il contributo editoriale di Pavese

Il contributo di Pavese nello sviluppo delle collane sarà determinato sia dal proprio interesse personale sia dalle dinamiche interne alla gestione della singola collana. Per ognuna infatti rivestirà compiti e responsabilità diverse e di vario livello: dal coordinamento organizzativo ai processi decisionali collettivi, dai contatti epistolari con gli autori, all’assunzione di collaboratori, dalla scelta sui testi al controllo delle lettere editoriali, delle traduzioni, delle introduzioni e prefazioni, e di tutto il processo tipografico. Per Pavese la casa editrice divenne tutto. In quel luogo familiare in cui, pur polemiche e dissensi vari a volte esternati in chiave ironica nelle sue corrispondenze con Giulio Einaudi, lo scrittore condivide partecipazione, sintonia, comunanza.
Fra le più consolidate amicizie emerge quello con Fernanda Pivano, all’epoca una giovane laureanda che sta preparando una tesi in Letteratura inglese. Quel momento segna l’inizio di un sodalizio che porterà nel 1943 la Pivano a tradurre e pubblicare per Einaudi, sotto la guida di Pavese, “Antologia di Spoon River”.

La scoperta di Italo Calvino

Tra gli intellettuali scoperti e valorizzati da Pavese come operatore editoriale, spicca su tutti gli altri il nome di Italo Calvino. Nel 1953 proprio Calvino scriverà sul “Forestiero”, a Torino: “Vero è che non bastano i suoi libri a restituire una compiuta immagine di lui: perché di lui era fondamentale l’esempio di lavoro, il veder come la cultura del letterato e la sensibilità del poeta si trasformavano in lavoro produttivo, in valori messi a disposizione del prossimo, in organizzazione e commercio d’idee, in pratica e scuola di tutte le tecniche in cui consiste una civiltà culturale moderna”. Sarà Calvino a continuarne il lavoro in casa editrice senza mai dimenticare la lezione del suo maestro.

Il suicidio

Cesare Pavese si suicida nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1950, all’Hotel Roma di Torino.
Aveva da poco pubblicato la sua ultima fatica letteraria, «La luna e i falò», un’opera nella quale di fatto aveva dato il suo addio a quei campi che aveva a lungo mitizzato e nei quali si era perso fin da bambino.
Il suicidio si consumò in una fredda camera d’albergo dell’Hotel Roma di Torino dove assunse una dose letale di barbiturici.