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Jean-Paul Sartre, biografia e pensiero dello scrittore francese

È uno dei più grandi intellettuali del XX secolo: dall’esistenzialismo alla sua concezione di impegno, ha dominato il dibattito intellettuale del secondo Novecento

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Filosofo, scrittore, drammaturgo e critico letterario francese, Jean-Paul Sartre è indubbiamente uno dei più grandi intellettuali del XX secolo. Influente, amato e criticato al tempo stesso, è uno studioso le cui idee furono sempre ispirate a un pensiero politico orientato verso la sinistra internazionale. La sua corrente filosofica, l’Esistenzialismo e la sua concezione di impegno hanno dominato il dibattito intellettuale del secondo Novecento.

Sartre, la vita

Jean Paul Charles Aymard Sartre nasce a Parigi il 21 giugno del 1905, unico figlio di una famiglia borghese. Il padre Jean Baptiste è un militare di famiglia cattolica, ma morirà di febbre gialla quando il piccolo Jean Paul ha appena quindici mesi. Cresce quindi con la madre Anne Marie Schweitzer e con il nonno Charles Schweitzer, che si occupa della sua istruzione, avvicinandolo alla letteratura e alla filosofia. Nato con uno strabismo congenito che gli causa quei problemi di vista che si acuiranno in età matura, il giovane Sartre è un ragazzo schivo, che soffre per le seconde nozze della madre e il trasferimento nella città di La Rochelle e per gli episodi di bullismo di cui viene fatto oggetto dai coetanei. Fatto ritorno a Parigi nel 1920 per essere ricoverato a causa di una malattia, Jean Paul completa il liceo e studia filosofia e psicologia dal 1924 al 1927 presso la prestigiosa Ecole Normale Supérieure, dove stringe amicizia con Nizan, Marleau-Ponty e Aron, che suscitano il suo interesse per Husserl e Heidegger. Una volta laureato, accede subito all’insegnamento nei licei di Le Havre, Laon e Parigi, dove conosce la futura scrittrice femminista Simone de Beauvoir, con la quale condividerà fino alla fine vita e impegno politico.

Agli inizi degli anni Trenta proprio mentre il nazismo sale al potere, passa un anno di specializzazione a Berlino. L’esperienza in Germania è fondamentale per la formazione di Sartre, che incontra gli studi di Husserl, Heidegger e Jaspers, entrando così in contatto con le ricerche fenomenologiche ed esistenzialiste. La sua produzione filosofica inizia nel 1936, ma è con un romanzo, “La Nausea”, nel 1938, che pone una prima pietra miliare del suo percorso nella cultura esistenzialista, che abbraccia e arricchisce con la sua opera.

Gli anni della guerra sono decisivi nella biografia umana e intellettuale di Sartre. Arruolato nell’esercito francese, nel 1940 viene fatto prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di concentramento per soldati nemici a Treviri. Rifiuta di passare ai collaborazionisti del Governo di Vichy e nel 1941, grazie alla complicità di un medico, che fa leva sulla sua cecità da un occhio, e con un documento d’identità falso, grazie al quale si spaccia per un civile, riesce a evadere alla prigionia e a entrare a far parte della resistenza francese, nella formazione Combat, la stessa di Albert Camus.

Gli anni trascorsi tra le fila della Resistenza rappresentano un passaggio essenziale nell’evoluzione da scrittore filosofo a intellettuale impegnato di Sartre, che dopo la Liberazione riscuote un successo enorme nel panorama intellettuale francese, raggiunto anche tramite la rivista “Les Temps Modernes”, da lui fondata nel 1945, che diventa l’epicentro della cultura esistenzialista che domina la scena culturale negli anni del dopoguerra e che rappresenta allo stesso tempo uno strumento attraverso il quale prendere posizione rispetto alle più importanti vicende politiche.

Nel lungo editoriale del primo numero della rivista, vengono posti i principi di responsabilità dell’intellettuale nei confronti del suo tempo e di una letteratura dominata dall’impegno. Una sintesi della sua filosofia è presentata da Sartre in una celebre e affollatissima conferenza dell’ottobre 1945, la cui trascrizione verrà pubblicata con il titolo L’esistenzialismo è un umanismo.

E’ nel corso degli anni Cinquanta che si fa evidente l’engagement di Sartre, prima accanto alla sinistra marxista e maoista e successivamente anarco-comunista. Sartre si avvicina alle posizioni del Partito Comunista francese, ma attraverso un approccio non ortodosso al marxismo, un approccio piuttosto di tipo libertario, ovvero fondato sulla centralità della libertà individuale che rappresenta il caposaldo del suo pensiero filosofico. Ciò nonostante l’avvicinamento al comunismo lo porta alla rottura con Albert Camus, altro grande intellettuale dell’esistenzialismo francese, e Maurice Merleau-Ponty, l’altro fondatore, accanto a Sartre e De Beauvoir, di Tempi moderni. Dal 1956, Sartre entra comunque in polemica con il marxismo istituzionale per andare alla ricerca di una terza via che rifiuti tanto il capitalismo quanto lo stalinismo.

Sempre in prima linea per prendere posizione sui problemi politici dell’epoca, fu un feroce critico della guerra del Vietnam e volle mostrare al mondo le ingiustizie opera degli Stati Uniti, prendendo parte al Tribunale Russel, per denunciarne i crimini di guerra. Nel 1964, dopo aver già declinato la Legione d’onore nel ’45 e una cattedra al Collegio di Francia, rifiuta anche il premio Nobel per la letteratura, perché “nessun uomo merita di essere consacrato da vivo”. Nel 1968 mentre offre il suo sostegno ai movimenti studenteschi viene arrestato per disobbedienza civile, ma subito graziato dal presidente Charles De Gaulle, bersaglio principale delle polemiche di Sartre e che pure motiva il rilascio con la celebre frase “non si arresta Voltaire”, riconoscendone l’importanza come intellettuale.

La sua iperattività, unita all’abbondante consumo di alcool, tabacco e droghe che gli consentano di reggere i ritmi lavorativi, ne logorano però presto la già delicata salute, mentre lo stesso esistenzialismo inizia a perdere colpi, sostituito dal crescente peso degli strutturalisti come Lévi-Strauss, Foucault e Lacan.

Gli anni Settanta segnano il rapido declino fisico di Sartre, che nel corso degli anni diventa completamente cieco, sordo e semiparalizzato. Muore a Parigi il 15 aprile 1980 e una folla di oltre cinquantamila persone partecipa alle esequie prima che le sue spoglie trovino riposo nel cimitero di Montparnasse.

Sartre, il pensiero esistenzialista

Sartre è stato un autore poliedrico, scrivendo diversi generi letterari, componendo per il teatro e realizzando contenuti puramente filosofici. Le sue opere principali sono “L’essere e il nulla”, “L’esistenzialismo è un umanismo” e la “Critica della ragione dialettica”, ma a dargli la notorietà sono il romanzo “La nausea” e le rappresentazioni teatrali “Le mosche” e “A porte chiuse”.

Influenzato da Husserl e Heidegger, ma dal primo si distingueva nella ricerca del fondamento dell’essere, che per Sartre risiedeva nella coscienza individuale e nell’uomo concreto e non in un io trascendentale e astratto. Seguendo l’esempio del secondo, invece, Sartre distingue due tipi di essere: l’essere in sé e l’essere per sé. Il primo concetto richiama l’essere parmenideo, ossia il mero fatto di essere nel mondo, che entra in contatto con il secondo, che rappresenta la coscienza, potenza nullificatrice che, mettendosi in relazione con le cose del mondo, attribuisce loro un significato, togliendo loro l’essere in sé. E’ attraverso questo compito attribuito a una coscienza libera e responsabile, che Sartre arriva definire l’uomo “prigioniero” della sua libertà. L’uomo è infatti condannato ad essere libero perché, partendo dalla condizione di essere nulla, è costretto ogni volta a darsi un significato: l’uomo dunque è “ciò che si fa” tramite la libera iniziativa e la responsabilità. E’ qui che si insinua quell’ateismo che caratterizzerà il pensiero di Sartre, che preso atto della morte di Dio, esclude la possibilità che l’uomo possa avere un’essenza predeterminata, all’interno della quale debba solo cercare di realizzarsi. E’ allora l’esistenza stessa dell’uomo a negare l’esistenza di Dio. L’uomo così è costretto a tentare di farsi Dio, pur essendo consapevole che, nonostante la sua “passione inutile”, sarà sempre un “Dio mancato”. L’uomo è solo e da solo prende le sue decisioni, che però non possono non tener conto degli altri, con il loro modo di vedere le cose e di dar loro significati differenti. “L’inferno sono gli altri” e il conflitto è un’ineluttabile condizione umana. E’ per questo che l’uomo porta sulle spalle il peso del mondo oltre che di se stesso, perché tutto quello che accade dipende dalla coscienza di ogni uomo.

La Nausea

La teoria esistenzialista di Sartre trova la sua spiegazione nel romanzo “La Nausea”, nel quale l’autore definisce il paradosso del “non essere libero di essere libero” che affligge l’uomo, gettato nel mondo senza spiegazioni se non il fatto stesso di esistere e senza aver potuto scegliere chi essere, condannato a determinarlo ogni giorno per dare un significato alla vita. Una consapevolezza dell’assurdità di essere al mondo, che fa mancare il terreno sotto i piedi, generando nausea. Una sensazione ben nota al protagonista Roquentin, professore di storia che scopre progressivamente l’assoluta mancanza di senso dell’esistenza e vive sulla propria pelle il paradosso di dover comunque fare continuamente delle scelte per dare significato a un’esistenza, la sua, che in fondo non ne ha.

Sartre, il pensiero politico

Nella fase della sua vita dedicata all’impegno politico e sociale, Sartre supera la fase dell’esistenzialismo per adattare il suo pensiero alle urgenze del mondo. Questa evoluzione passa attraverso il rovesciamento di quel “L’inferno sono gli altri” che ne aveva caratterizzato la dottrina e il mantenimento della teoria sulla libertà e della responsabilità individuale che con sé porta.

Ne “La critica della ragione dialettica” e in “L’esistenzialismo è un umanismo”, Sartre che intanto seppur a suo modo ha abbracciato il marxismo, esalta il valore dell’intersoggettività, affermando l’importanza degli “altri” per la realizzazione stessa dell’esistenza dell’uomo e per il raggiungimento della libertà, e rende urgente la necessità dell’impegno di tutti per modificare una condizione umana che con il passare delle epoche resta sempre uguale. E’ l’uomo a doversi impegnare in un continuo superamento dei propri limiti per raggiungere la piena realizzazione di se stesso e gli altri ed è per questo che Sartre sostiene che “l’esistenzialismo è un umanismo”.